Le norme che disciplinano le elezioni parlamentari in Italia sono contenute in due testi unici, uno per la Camera dei Deputati (dpr 361/1957) e uno per il Senato della repubblica (dpr 533/1993). L’approvazione di una nuova legge elettorale perciò si sostanzia nella modifica di questi due testi unici. Questo è certamente il caso della legge elettorale nota come “Rosatellum” (l. 165/2017). Il nome giornalistico di questa norma deriva da un lato dall’allora capogruppo del Partito democratico Ettore Rosato (poi passato ad Italia viva nella XVIII legislatura appena conclusasi). Dall’altro da un latinismo introdotto inizialmente dal politologo Giovanni Sartori che aveva ribattezzato “Mattarellum” la disciplina elettorale approvata nel 1993 (l. 276/1993 e l. 177/1993).
L’attuale disciplina elettorale tra l’altro riprende in buona parte proprio lo schema previsto dal “Mattarellum“. Questo infatti per la prima volta introdusse una formula mista per cui una parte dei seggi erano attribuiti con sistema uninominale e una parte con quello proporzionale. La differenza principale tra queste leggi tuttavia sta nella quota di seggi attribuiti con i due sistemi. Infatti il “Mattarellum” prevedeva che il 75% dei seggi fosse assegnato con il sistema uninominale e solo il restante 25% con il proporzionale. La legge oggi in vigore invece, come vedremo meglio più avanti, inverte sostanzialmente le proporzioni. Ad essere assegnati con sistema uninominale infatti sono solo i 3/8 dei seggi.
I seggi elettorali previsti dal “Rosatellum” regione per regione
La legge elettorale “Rosatellum” prevede che sia alla Camera che al Senato 3/8 dei seggi sono attribuiti con il sistema maggioritario uninominale e i rimanenti con il sistema proporzionale.
In Valle d'Aosta non sono previsti collegi plurinominali e la regione elegge solo un senatore e un deputato, entrambi con sistema uninominale. Inoltre per gli 8 deputati e i 4 senatori eletti nella circoscrizione estero è previsto un apposito sistema elettorale su base proporzionale.
La componente uninominale
Come accennato 3/8 dei seggi sono attribuiti con sistema maggioritario attraverso collegi uninominali. Escludendo dal calcolo i parlamentari eletti all'estero si tratta dunque di 147 deputati (su 392) e 74 senatori (su 196).
37,5% i seggi attribuiti alla Camera e al Senato usando il sistema maggioritario uninominale.
Il sistema maggioritario noto come uninominale, tipico di paesi anglosassoni come il Regno Unito o gli Stati Uniti, è molto semplice e prevede che in ciascun collegio (ovvero ciascuno dei territori in cui è stato diviso il paese) venga eletto esclusivamente il candidato che riceve più voti. Il sistema dunque tende a favorire le forze politiche maggiori, in grado competere in ciascun collegio, ma anche i gruppi politici fortemente radicati in specifici territori. Questi infatti potranno essere competitivi almeno in alcuni collegi. Ad essere svantaggiate invece sono le forze che hanno un consenso omogeneamente distribuito sul territorio che tuttavia non è sufficiente per arrivare primi nei collegi.
Non è un caso se nei paesi di tradizione uninominale solitamente il parlamento è composto da 2 o 3 partiti con l'aggiunta talvolta di alcuni seggi attribuiti a partiti regionali (come per esempio il partito nazionale scozzese).
In Italia però la legge elettorale e la pratica politica prevedono la possibilità che i candidati nei collegi uninominali possano essere espressi da coalizioni invece che da singoli partiti.
Salvi i seggi assegnati alla circoscrizione estero e fermo restando quanto disposto dall'articolo 2, i seggi sono ripartiti tra le liste e le coalizioni di liste attribuendo i seggi corrispondenti ai collegi uninominali [...] ai candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti validi in ciascun collegio uninominale e sono stati proclamati eletti.
- Testo Unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati
In questo modo dunque anche un candidato espressione di un partito minore può, se sostenuto dal resto della coalizione, competere per aggiudicarsi il seggio. I partiti principali di ciascuna coalizione possono avere un vantaggio ad adottare questo tipo di strategia, sia per essere più competitivi nei confronti delle coalizioni avversarie, sia perché, come vedremo, il sostegno di liste anche molto piccole può essere di notevole aiuto per quanto riguarda i seggi attribuiti con sistema proporzionale.
La componente plurinominale
I restanti seggi (245 alla camera e 122 al senato) sono invece attribuiti con il metodo proporzionale dei quozienti interi e dei maggiori resti. Qui si inserisce una distinzione tra le due aule parlamentari. Infatti alla Camera la ripartizione avviene prima su base nazionale e poi nelle 28 circoscrizioni regionali o infraregionali previste. Al Senato invece la ripartizione è su base regionale, in applicazione dell'articolo 57 della costituzione, e le circoscrizioni sono quindi 20.
Il rosatellum e il numero di rappresentati eletti in ciascuna circoscrizione
Le circoscrizioni previste dalla legge elettorale "Rosatellum", alla Camera e al Senato, per l'elezione della IX legislatura
3% la soglia di sbarramento prevista per le singole liste. Che siano coalizzate o meno.
In entrambi i casi tuttavia per accedere alla ripartizione le coalizioni devono raggiungere almeno il 10% dei voti, mentre le singole liste, coalizzate o meno, il 3%. Norme specifiche sono poi previste per i partiti che rappresentano minoranze linguistiche. Inoltre al senato sono ammesse alla ripartizione anche le liste che in almeno una regione abbiano ottenuto il 20%.
Venendo alla ripartizione vera e propria, alla Camera come accennato questa avviene prima a livello nazionale tra le liste e le coalizioni che hanno superato le soglie di sbarramento. Poi, per ciascuna coalizione, tra le liste sopra soglia che ne fanno parte. Una volta stabilito il numero di seggi attribuiti a ciascuna lista e coalizione a livello nazionale si procede a suddividere proporzionalmente i seggi a livello di circoscrizione. In questo modo si va a determinare il numero di seggi spettanti a ciascuna lista in ciascuna circoscrizione. Al Senato il metodo seguito è lo stesso ma, come detto, su base regionale.
Con questo sistema dunque una lista che fa parte di una coalizione, se non raggiunge la soglia del 3%, non ottiene seggi nella parte plurinominale. Tuttavia, se ha ricevuto almeno l'1% dei voti validi, questi non vengono dispersi ma ripartiti tra gli altri componenti della coalizione che abbiano superato lo sbarramento.
Un altro aspetto molto importante del sistema elettorale vigente, nella sua componente proporzionale, riguarda l'assenza delle preferenze. Infatti una volta determinato il numero di seggi ottenuto da ciascuna lista in ciascun collegio, i candidati sono proclamati eletti secondo l'ordine di presentazione stabilito dalla lista stessa. All'elettore dunque non è data la possibilità di scegliere tra i diversi candidati di ciascuna lista.
Infine è importante considerare che, nonostante la compresenza di due diversi sistemi, la scheda elettorale è unica e non è possibile optare per il voto disgiunto. L'elettore può quindi esprimere il proprio voto in due modi: o tracciando un segno su una lista, e in questo modo esprimerà automaticamente anche il voto al candidato uninominale collegato, oppure tracciando un segno sul candidato uninominale, e in questo caso il voto sarà ripartito tra le varie liste collegate in proporzione ai voti ottenuti nel collegio (l. 351/1957 art. 31).
Norme sull'equilibrio di genere
Come abbiamo visto dunque, sono i vertici dei partiti e delle coalizioni a stabilire sia i candidati uninominali sia l'ordine con cui ciascun candidato è inserito nelle liste proporzionali. Da questo punto di vista però una limitazione è posta a garanzia dell'equilibrio di genere. I candidati dei collegi plurinominali infatti devono essere presentati, in ciascuna lista, in ordine alternato per sesso. Inoltre nella selezione dei capilista nessun genere può essere rappresentato per più del 60%. Lo stesso vale per le candidature uninominali.
Nel complesso delle candidature presentate da ogni lista o coalizione di liste nei collegi uninominali a livello nazionale, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima. Nel complesso delle liste nei collegi plurinominali presentate da ciascuna lista a livello nazionale, nessuno dei due generi può essere rappresentato nella posizione di capolista in misura superiore al 60 per cento, con arrotondamento all'unità più prossima
Questo metodo, che certamente favorisce una maggiore rappresentanza di genere, non è però privo di inconvenienti. Come avevamo osservato con le elezioni del 2018, con cui è stato per la prima volta utilizzato il "Rosatellum", questa legge elettorale consente che i candidati siano presentati più volte in diversi collegi plurinominali, se pur con alcune limitazioni (alla camera ad esempio è previsto un limite di 5 candidature). Una previsione attraverso cui si apre all'eventualità che la norma sulla parità di genere sia, almeno in parte, aggirata.
La riduzione del numero dei parlamentari e altre novità
Come accennato il Rosatellum è stato utilizzato per eleggere deputati e senatori della XVIII legislatura. In quell'occasione tuttavia i deputati da eleggere erano 630 e i senatori 315. Con la riforma costituzionale con cui è stato ridotto di un oltre terzo il numero dei parlamentari dunque è stato necessario intervenire per adattare la norma al nuovo contesto. Infatti già prima che la riforma costituzionale fosse definitivamente adottata è stata introdotta una legge (l. 51/2019) che garantisce l'applicabilità dei sistemi elettorali indipendentemente dal numero dei parlamentari. Subito dopo la modifica della costituzione poi è stata approvata un'altra norma (l. 177 2020) che determina di conseguenza la distribuzione dei collegi uninominali e plurinominali.
L'applicabilità della legge è stata dunque garantita. Da un punto di vista politico tuttavia alcune perplessità possono permanere rispetto alla nuova distribuzione dei collegi. Dovendo eleggere meno parlamentari infatti, i collegi devono essere molto più grandi, abbracciando territori a volte disomogenei e creando maggiore distanza tra l'elettore e l'eletto.
Un'altra novità poi riguarda gli elettori che potranno votare per il Senato. Infatti se fino alle scorse elezioni potevano votare per la camera alta solo coloro che avevano raggiunto i 25 anni di età, con la legge costituzionale 1/2021 questa distinzione è stata eliminata e oggi i maggiorenni possono votare per i rappresentanti di entrambe le aule parlamentari.