di Nando Pagnoncelli
La manifestazione di Bologna promossa tre settimane fa dalla Lega, e a cui hanno partecipato Forza Italia e Fratelli d’Italia, rappresenta il primo passo per la costruzione di un’alleanza in grado di competere con Pd e Movimento 5 Stelle alle prossime Politiche. Dopo il tracollo elettorale di Pdl e Lega nel 2013 e le successive vicende politiche – il ritorno a Forza Italia, la leadership di Salvini, il consolidamento di Fratelli d’Italia – sembrava giunto il momento di dare una risposta a un elettorato di centrodestra disorientato e demoralizzato.
La nuova alleanza è giudicata competitiva e potenzialmente in grado di tornare a vincere da poco più di un italiano su tre (36%), mentre il 55% non le assegna alcuna chance. Gli elettori dei tre partiti coalizzati guardano con fiducia al futuro, sebbene una quota non trascurabile si mostri piuttosto scettica (dal 20% tra gli elettori di FI al 28% tra quelli di FdI).
Le prospettive dell’alleanza appaiono condizionate da due questioni: il ruolo di Berlusconi e la capacità di superare le divisioni. Sulla prima le opinioni sono variegate. Riguardo alla decisione dell’ex premier di partecipare alla manifestazione organizzata da Salvini a Bologna il campione si divide: per il 45% è un segno di debolezza che relega Berlusconi a un inedito ruolo di secondo piano, mentre per il 41% Berlusconi ha mostrato grande intuito politico, cogliendo l’occasione per rilanciare le sue parole d’ordine. Il dato più interessante riguarda le opinioni dei leghisti: la metà (51%) considera la scelta del leader di FI una dimostrazione di debolezza.
Quanto al superamento delle divisioni interne su molte questioni – dall’unità del Paese, al rapporto con l’Europa, alla priorità da assegnare alla questione settentrionale o meridionale – il 56% nutre dubbi mentre il 35% pensa sarà trovato un punto d’intesa. L’ottimismo prevale nelle file del centrodestra ma non in misura univoca: permangono perplessità in una significativa quota di elettori (dal 22% di FI, al 30% della Lega e al 35% di FdI). In previsione delle Amministrative, in primavera, il 47% prefigura un buon risultato (il 46% è di parere opposto). Gli elettori dei partiti della coalizione appaiono galvanizzati, mostrano un elevato ottimismo e si aspettano l’affermazione in diverse città.
Lo scenario che si prospetta per la nuova alleanza di centrodestra a trazione leghista appare influenzato da tre questioni. La prima riguarda la leadership. Da un lato infatti appare evidente l’appannamento di immagine di Berlusconi: al di là dei suoi meriti o demeriti, l’avvento sulla scena politica di Renzi ha impresso un’accelerazione al rinnovamento delle leadership dei partiti, con l’eccezione di Forza Italia che continua a essere identificata con il fondatore. Dall’altro Salvini, dopo una costante crescita di consenso personale, da qualche mese fa segnare un ridimensionamento e permangono forti difficoltà a conquistare la fiducia dell’elettorato moderato.
La seconda questione riguarda le proposte politiche della coalizione: dopo vent’anni di protagonismo del centrodestra e del suo leader che hanno saputo dettare l’agenda del Paese (con l’eccezione della stagione prodiana), oggi quest’area politica appare in forte difficoltà nell’individuare temi e possibili soluzioni attorno a cui aggregare il consenso e ampliare il bacino elettorale. Alcuni dei temi e delle proposte del governo Renzi (l’eliminazione della tassa sulla prima casa in primis) assumono un elevato valore simbolico perché hanno fatto segnare la fine del «muro contro muro» e hanno depotenziato il centrodestra (non a caso Berlusconi rinfaccia spesso a Renzi di aver copiato le sue proposte). E, d’altra parte, un’opposizione radicale, in assenza di proposte originali, rappresenta un limite all’espansione del consenso, anche perché deve fare i conti con il M5S, in forte crescita.
Da ultimo la legge elettorale: stando ai più recenti sondaggi sugli orientamenti di voto, la somma dei consensi dei tre partiti di centrodestra si avvicina al 30%. L’Italicum prevede il passaggio al secondo turno alle prime due liste (non coalizioni): per accedervi i tre partiti alleati sarebbero costretti a confluire in un’unica lista, che non è detto raggiunga lo stesso livello di consenso (l’aggregazione di partiti in un unico soggetto, determina di solito un risultato inferiore alla somma dei voti di partenza). Insomma, il potenziale è elevato ma la strada appare piuttosto tortuosa.