ROMA – Dalla Procura di Trani retta a suo tempo dal procuratore capo Carlo Maria Capristo, vi erano state delle ‘fughe’ di notizie nell’ambito delle indagini nelle quali si è giunti ad ascoltare le telefonate del premier, Silvio Berlusconi. La prima “fuga” era riferita all’articolo del 10 marzo 2013 sul giornale ‘Il Fatto quotidiano’, che rivelava l’esistenza dell’inchiesta della procura di Trani su presunte pressioni compiute dal Presidente del Consiglio nei confronti di Giancarlo Innocenzi commissario Agcom (in quota Forza Italia) per la chiusura del il programma televisivo “Annozero” condotto da Michele Santoro, ed il coinvolgimento del direttore del Tg1 Augusto Minzolini.
La seconda ‘”fuga” di notizie era quella che coinvolgeva due giornalisti del quotidiano ‘la Repubblica’. I due giornalisti che vennero indagati per questa seconda “fuga” erano Francesco Viviano, indagato per furto e pubblicazione di atti segreti, e Giuliano Foschini (a lato nella foto) indagato per ricettazione: i documenti contenenti alcune intercettazioni dell’inchiesta Rai-Agcom, secondo gli investigatori, sarebbero stati materialmente trafugati da Viviano nell’ufficio del dott. Roberto Oliveri del Castillo, Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani . Il fascicolo dell’inchiesta riguardante il premier, indagato per concussione e violenza e minaccia a corpo politico e amministrativo, era in attesa di essere trasmessa al tribunale dei ministri a Roma .
Le indagini vennero coordinate dal procuratore aggiunto di Trani, Francesco Giannella, ed affidate al pm Giuseppe Maralfa. Inizialmente la posizione dei due giornalisti Viviano e Foschini del quotidiano La Repubblica era stata considerata identica, interpretando le parole del Procuratore capo Carlo Maria Capristo rispondendo alle domande dei cronisti aveva detto: “sono indagati per furto pluri aggravato e pubblicazione di notizie coperte dal segreto istruttorio i due giornalisti del quotidiano La Repubblica ascoltati ieri dalla Digos a Bari“.
Il Procuratore capo Capristo non nascose la propria amarezza perche’ erano stati violati i principi fondamentali di deontologia del giornalismo. Infatti, erano state trafugate delle carte in una stanza del Palazzo di Giustizia. “Non daro’ tregua alle talpe che hanno suscitato questo scandalo mediatico – aveva promesso il procuratore – non solo nell’interesse della magistratura ma anche nell’interesse dei tanti giornalisti che fanno il loro lavoro onestamente“. Capristo evidenziò che la pubblicazione di alcuni atti dell’inchiesta ha impedito di fatto la lettura di tutto il fascicolo in tempi brevi, e che era diventato molto complicato “valutare in maniera ponderata” tutti gli atti.
“Sono infastidito e rammaricato per quanto accaduto, non è una bella cosa, penso sempre al rapporto di correttezza con le persone” commentò il gip del Tribunale di Trani Roberto Oliveri Del Castillo rispondendo alle domande di alcuni giornalisti fuori dalla porta del suo ufficio, dal quale erano sono stati portati via e poi fotocopiati atti dell’inchiesta Rai-Agcom, successivamente riportati al loro posto. “Cosa pensate, che qui ci sia sempre il clamore di questi giorni? Qui dentro potrebbero anche ammazzarci e non se ne accorgerebbe nessuno“, rispose il giudice a chi gli chiese se non fosse stato il caso di avere carabinieri o vigilanza fuori dalla sua stanza. “A volte chiudo la porta – continuava Oliveri Del Castillo – ma per abitudine personale“. Alla domanda sul luogo in cui si trovassero gli atti trafugati, se sulla scrivania, il gip aveva replicato: “Non posso dirlo, non rispondo“. Il gip poi aggiunse di non sapere nulla del video che riprenderebbe l’atto del furto. La stanza del gip si trova al primo piano del Palazzo di giustizia di Trani e vi si accedeva da due diversi corridoi.
Francesco Viviano cronista giudiziario palermitano di lungo corso e di grande esperienza, in un primo momento negò di avere “sottratto” i documenti, rivendicando nel corso del processo che dovette subire il proprio dovere di pubblicare quelle notizie, ma venne “immortalato” dalle immagini filmate del Tribunale di Trani, “scaricato” dal suo collega Foschini, venendo processato e condannato ad un anno di carcere per avere sottratto dei documenti custoditi nell’ ufficio del Gip Oliveri del Castillo .
Immediatamente e “puntualmente” arrivò in loro soccorso il “sindacato”. Infatti la FNSI si schierò al fianco dei due giornalisti. Scriveva il sindacato: “Come sottolineato dal comitato di redazione e dalla direzione di Repubblica – contestavano Lorusso e Giulietti -, chi esercita il diritto di cronaca nell’interesse esclusivo dei cittadini ad essere informati e nel rispetto della verità dei fatti non può rischiare il carcere. Si tratta di un’anomalia tutta italiana, più volte stigmatizzata anche dagli organismi internazionali. A tal proposito, sarebbe auspicabile che il Parlamento desse seguito alla richiesta dell’Unione europea di depenalizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa. La proposta di riforma attualmente in discussione non affronta il problema in modo soddisfacente anche perché nulla dice su un altro fenomeno molto italiano, quello delle querele temerarie, una pratica sempre più diffusa e inaccettabile in un Paese civile perché si trasforma di fatto in una forma di intimidazione ai giornalisti e, quindi, di limitazione del diritto di cronaca”. Ma tutto ciò come sempre non servì a nulla.
Infatti il gup del tribunale di Trani Maria Grazia Caserta rinviò a giudizio con le accuse di furto e pubblicazione arbitraria di atti giudiziari secretati il giornalista Francesco Viviano, prosciogliendo invece il suo collega Giuliano Foschini (entrambi del quotidiano La Repubblica) dall’accusa inizialmente formulata a suo carico dalla Procura di Trani di “ricettazione“. “Il proscioglimento di Foschini – dichiarò Guido Columba presidente dell’ UNCI l’ Unione Nazionale Cronisti Italiani – restituisce dignità ad un altrettanto scrupoloso cronista e ristabilisce la verità su una vicenda che suscita amarezza perchè l’autorità giudiziaria è intervenuta in modo inaccettabile nel rapporto con le fonti, importantissimo strumento per chi svolge l’attività giornalistica”.
Successivamente anche la Corte di Appello di Lecce confermò un anno fa, la condanna di primo grado ad un anno di reclusione al giornalista Francesco Viviano, andando oltre i 9 mesi richiesti dal pubblico ministero in quanto Viviano era stato condannato precedentemente per essere entrato abusivamente nel centro accoglienza immigrati di Lampedusa per una delle sue inchieste. Viviano, che si è sempre dichiarato innocente per la vicenda di Trani, indicava sulla sua pagina Facebook nel collega Giuliano Foschini (anch’egli di REPUBBLICA) la causa della sua condanna, definendolo “un collega che ha raccontato a dei magistrati delle bugie, che mi ha intercettato (incredibile) etc. etc. e che mi ha fatto condannare ad un anno di reclusione“.
Fra Viviano e Foschini sembra non correre più buon sangue, come manifesta lo stesso Viviano sulla sua pagina Facebook dove compaiono delle pesanti accuse ed affermazioni che confermano i rancori esistenti. Scrive Viviano: “mi cancellerò dall’ albo dei giornalisti non solo per il giro ma anche per Giuliano Fascini (ma vuol dire Foschini n.d.r.) che continua a a scrivere”
Il giornalista Francesco Viviano assistito dall’ avv. Michele Laforgia del Foro di Bari, ha presentato ricorso alla Corte Cassazione, ma è stato ritenuto infondato venendo rigettato dalla 6a sezione penale giudicante della Suprema Corte (presidente Di Stefano, relatore Costantini) che ha condiviso il parere del sostituto procuratore generale Francesco Salzano, confermando le due precedenti decisioni del tribunale pugliese, ed ha condannato definitivamente il giornalista siciliano del quotidiano La Repubblica. Adesso tutti i giornalisti italiani, prima di trafugare documenti dai Tribunali e pubblicare degli atti processuali coperti da segreto istruttorio dovranno pensarci due volte.
Come sempre il CORRIERE DEL GIORNO mette a vostra disposizione la sentenza integrale:
Sentenza VIVIANO_TRANI