di REDAZIONE CRONACHE
Simona Amadio era in servizio negli uffici dell’aggiunto Antonello Racanelli e riforniva informazioni coperte dal segreto istruttorio che attraverso una rete di poliziotti infedeli venivano riportate all’imprenditore Carlo D’Aguano, titolare di bar e sale giochi, ritenuto dagli inquirenti vicino ai clan della camorra.
Nel giugno 2018 la Amadio che era stata candidata alle elezioni comunali di Roma del 2016 con la lista “Noi con Salvini” – e sei agenti erano stati arrestati dai carabinieri del Nucleo Investigativo e della Squadra mobile. Per gli inquirenti, lo scopo del gruppo in cambio di utilità era quello di offrire protezione e informazioni a D’Aguano. Le rivelazioni contestate dalla Procura sarebbero iniziate nell’ottobre 2017: le notizie sarebbero state riferite agli agenti che, a loro volta, le avrebbero riportate all’imprenditore.
Gli inquirenti avevano scoperto la rete di corruzione indagando su D’Aguano. Le notizie uscivano dalla procura di piazzale Clodio, passavano attraverso il compagno della Amadio e arrivano fino a tre agenti del reparto Volanti e due colleghi del commissariato di Polizia di Roma Fidene.
Ieri i giudici della Corte d’appello di Roma hanno disposto per l’ Amodio una condanna a 7 anni e 6 mesi di reclusione, riducendo di sei mesi la pena che in primo grado era stata di 8 anni, hanno confermato l’impianto accusatorio formulato dalla pm Nadia Plastina.
Le accuse, a vario titolo e a seconda delle varie posizioni processuali, sono di corruzione per atti contrari ai doveri di ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, accesso abusivo al sistema informatico e rivelazione di segreti di ufficio.
Le condanne ai poliziotti. Un lieve sconto di pena è stato applicato anche per Carlo D’Aguano, la cui condanna è stata ridotta da 9 anni a 8 anni e 6 mesi di reclusione. Condannato in appello a 5 anni e 2 mesi il compagno della Amadio, il poliziotto Angelo Nalci, e all’epoca dei fatti in servizio all’ufficio scorte della Questura di Roma. A 5 anni e 8 mesi è stata rideterminata la pena per Francesco Macaluso un altro poliziotto, il cui nome era finito in passato su tutti i giornali quando, mentre era in servizio, aveva salvato una ragazza che aveva tentato il suicidio.