di Antonello de Gennaro
Nei giorni scorsi abbiamo assistito al solito “piagnisteo” mediatico-sindacale dell’ Assostampa di Puglia sull’avvenuta condanna dei giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno. Secondo il sindacato dei giornalisti pugliesi, il cui presidente Bepi Martellotta lavora guarda caso proprio alla Gazzetta “il trasferimento dell’inchiesta ad un Tribunale diverso da quello di Taranto, dove esercitava il magistrato in questione e dove era avvenuto il concorso oggetto dell’indagine, dovrebbe far riflettere sull’interesse pubblico che tale vicenda riveste in virtù delle relazioni familiari ad essa sottese e sul diritto di cronaca esercitato dai colleghi a tutela della più completa informazione dei cittadini pugliesi su questioni che attengono la magistratura come qualsiasi altra istituzione dello Stato“.
“La difesa corporativa che, invece, emerge da tale sentenza“ – scrive l’Assostampa sul suo sito – “non può passare sotto silenzio e, siamo sicuri, troverà spazio per chiarimenti nell’inevitabile processo d’appello, giacché nessuno – tanto meno i magistrati – possono o debbono sentirsi immuni dal diritto di cronaca e dal diritto di verifica di quanto fanno“.
Diritto di verifica ? Ed in quale norma della Costituzione, della Legge sulla Stampa e della nostra Legge professionale esiste questo immaginario “diritto di verifica” ?
Saranno ancora i postumi dello spumante o di qualche brindisi pre-natalizio ad aver confuso la mente dell’ anonimo estensore della nota pubblicata sul sito del sindacato pugliese ?
A proposito come mai l’ Assostampa si guarda bene dal fare i nomi e cognomi dei giornalisti condannati ? Eppure una sentenza è “pubblica“ !
Non vogliamo fare gli sciacalli, o festeggiare per la condanna dei giornalisti della Gazzetta, ma ricordiamo un ben altro “garantismo”…dell’ Assostampa, quando il loro rappresentante tarantino, tale Cosimo (Mimmo) Mazza mi ricoprì di denunce sostenendo che avevo attaccato giornalisticamente alcune istituzioni di Taranto, compreso la Procura della Repubblica, e persino gli stessi suoi articoli, ipotizzando delle mie presunte fantomatiche “estorsioni giornalistiche”, accuse che la Procura di Taranto ha stralciato archiviandole, e per le quali Mazza presto risponderà in sede civile, penale e deontologica.
Parlo di quello stesso Mazza che il prossimo 27 febbraio dovrà presentarsi insieme al suo direttore Giuseppe De Tommaso dinnanzi al giudice per le udienze preliminari del Foro di Bari per aver offeso la reputazione dell’Avv. Emilia Velletri del Foro di Taranto.
Mazza peraltro risulta attualmente iscritto nel registro degli indagati della Procura di Taranto e di quella di Roma a seguito delle sue strumentali e false denunce presentate contro il sottoscritto ed anche nella nostra vicenda la parola spetterà alle Magistrature competenti essendosi rifiutata la Gazzetta persino di rispettare la Legge sulla Stampa ed omesso di pubblicare la mia richiesta di rettifica, prevista dalla Legge sulla Stampa.
Le sentenze di condanna sono due
Il giudice del Tribunale Civile di Potenza, dr.ssa Gerardina Romaniello ha condannato alla vigilia di Natale, la società EDISUD spa editrice de La Gazzetta del Mezzogiorno, il direttore responsabile Giuseppe De Tommaso e due giornalisti , Massimiliano Scagliarini e Luca Natile per aver diffamato il magistrato Ciro Fiore (già Gip a Taranto, poi in servizio al Tribunale Penale e, attualmente alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni sempre a Taranto ).
Secondo le motivazioni della sentenza di condanna, i due giornalisti avrebbero sbagliato a citare il magistrato in quanto la vicenda che riguardava sua moglie in realtà di fatto “non aveva interesse pubblico”.
Negli articoli diffamatori della Gazzetta del Mezzogiorno il dr. Fiore ( a lato in fotografia) veniva a accusato di aver esercitato pressioni nell’ambito delle vicende personali della moglie, Monica Bruno, dottoressa commercialista, accuse che si sono rivelate nel corso del procedimento, come riportato in sentenza, infondate.
Il Gup del Tribunale di Bari dr.ssa Alessandra Pilego, ha assolto “perchè il fatto non sussiste” la dr.ssa Bruno, assegnista di ricerca, dalle accuse del pm dr. Francesco Bretone della della Procura barese di aver truffato l’ Università di Bari svolgendo incarichi professionali per conto del Tribunale di Taranto, senza avere l’autorizzazione del Rettore.
La Bruno assistita e difesa dall’ avv. Michele Laforgia del Foro di Bari, ha chiesto di essere giudicata con rito abbreviato, nella cui udienza il pubblico ministero aveva chiesto la condanna della Bruno al minimo della pena. Ma il Tribunale Penale di Bari ha dato ragione alla dr.sa Monica Bruno assolvendola.
Ma questa non è la prima sentenza di condanna nei confronti del giornale “siculo-barese”. Infatti nello scorso febbraio 2016 vi era stata una precedente sentenza del Tribunale Civile di Taranto (rito monocratico) , per un’altra diffamazione a mezzo stampa,
Anche in quell’occasione ad essere condannati per diffamazione a mezzo stampa nei confronti della dottoressa Monica Bruno, furono la società editrice EDISUD spa proprietaria de La Gazzetta del Mezzogiorno, il direttore De Tommaso, ed il giornalista Scagliarini . Il Tribunale oltre al risarcimento del danno ed al pagamento spese processuali, dispose la pubblicazione della sentenza per estratto sulla Gazzetta del Mezzogiorno ( quest’ultimo provvedimento, incredibilmente non risulta ancora essere stato ottemperato).
Negli articoli della Gazzetta del Mezzogiorno si accusava la commercialista dr.ssa Bruno, di aver utilizzato nell’ambito del concorso universitario per un posto di ricercatore, un falso titolo preferenziale. Accusa anche questa che si è rivelata infondata, come peraltro dimostrato dalla recente sentenza emessa dal Tribunale di Bari favorevole alla Bruno .
Il tutto si inserirebbe in una campagna “persecutoria” intrapresa dalla Gazzetta del Mezzogiorno nei confronti della dottoressa Bruno, che iniziò ad occuparsi continuamente delle vicende professionali e universitarie della stessa, con articoli che hanno finito per coinvolgere nomi “eccellenti” del mondo universitario e delle professioni di Bari. In alcune circostante, addirittura, la Bruno apprese incredibilmente proprio dalla Gazzetta a 24 ore dal deposito degli atti, delle notizie relative alle sue vicende che diventarono di dominio pubblico.