LECCE – L’ex pm di Trani Michele Ruggiero attualmente in servizio alla Procura di Bari è stato condannato dal Tribunale penale di Lecce ad un anno di reclusione per “concorso in tentata violenza privata”. Pena di otto mesi per lo stesso reato all’altro pm tranese Alessandro Pesce. La sentenza è stata emessa ieri da una sezione monocratica del Tribunale di Lecce che ha accolto le conclusioni dell’indagine istruita dal procuratore capo Leonardo Leone de Castris e dal pm Roberta Licci della procura salentina.
I due magistrati all’epoca in servizio presso la Procura di Trani avevano tentato di intimidire Antonio Marzo 80 anni di Manduria (Taranto) e Roberto Scarcella, 62 anni, di Ugento (Lecce) minacciando entrambi di spedirli in carcere a Trani “dove c’è una visuale sul mare stupenda…” con una cella pronta per loro e per i loro familiari, e di disporre anche il sequestro e il blocco delle la loro azienda, la Italtraff di Manduria che da 30 anni si occupa di sistemi di rilevamento delle infrazioni del codice della strada, allorquando il 5 ottobre del 2015 vennero ascoltati dalla Procura di Trani come “persone informate sui fatti” , i cui interrogatori fonoregistrati sono stati acquisiti ed inseriti all’interno del fascicolo aperto dalla Procura di Lecce, che è competente per gli eventuali reati commessi e subiti dai magistrati del distretto di Corte d’Appello di Bari.
I magistrati effettuarono anche minacce di fare applicare alla Italtraff una interdittiva prefettizia che di fatto avrebbe escluso qualsiasi possibilità di avere rapporti con la pubblica amministrazione impedendo di partecipare a nuovi appalti . Tutto ciò per di costringere i due imprenditori pugliesi ad accusare Giuseppe Fortunato comandante della Polizia Municipale di Trani di prendere “mazzette” per l’appalto che prevedeva la fornitura di photored al Comune di Trani.
La sentenza emessa dalla dr.ssa Alessandra Sermarini, giudice della prima sezione penale del Tribunale di Lecce, prevede il risarcimento danni di 4.800 euro a testa a favore di Marzo e Scarcella entrambi assistiti dall’avvocato Giandomenico Caiazza. La raccolta di indizi effettuata dai magistrati Ruggiero e Pesce sarebbe avvenuta secondo quanto riporta la sentenza in un clima in contrasto ai principi del codice: “Perché le sappiamo già, vogliamo vedere voi che risposte ci dite e se quello che voi ci dite non converge, lei se ne andrà in galera veloce. E lei dice: «Ma io c’ho il coso al cuore…possiamo impegnarci per farla stare con il caldo che fa al fresco. Dovete scegliere da che parte stare: o siete vittime o siete correi“.
I magistrati in quell’occasione parlarono con Marzo. E quando fu il turno di Scarcella, facendo allontanare il Marzo in quello che sembrava più un interrogatorio , peraltro svolto senza la presenza di un legale difensore, che di un normale ascolto di persone informata sui fatti, gli dissero: “Tu sei il buono della situazione. sei padre di famiglia, vero? In tutti gli appalti questi si prendevano le mazzette, tutti perché il sistema era questo. Quindi non mi venite a dire che non avete dato niente, perché noi prenderemo le carte che abbiamo qui e vi manderemo dritti in via Andria che sta il supercarcere. Sua figlia, suo figlio, dobbiamo coinvolgere anche loro?“.
Il magistrato Pesce rivolgendosi a Marzo gli disse: “Gli elementi per procedere e per sequestrare tutto ce ne sono a bizzeffe. Il collega ha fin troppa pazienza, perché io l’avrei sbattuta fuori, ma in manette, di qua“. Ed il bello (o meglio il peggio) è che certi magistrati questi comportamenti la chiamano anche “giustizia”….