Alessandro Nasta era precipitato da 15 metri di altezza, mentre il veliero si trovava a largo di Civitavecchia, dopo essere salpato da La Spezia. Il nocchiere della Marina, nocchiere brindisino che il 24 maggio 2012 perse la vita all’età di 29 anni, era caduto da un albero della nave, mentre era impegnato in una manovra alle vele, cadendo da un’altezza di circa 54 metri, battendo la testa sul ponte di coperta.
Il giovane marinaio brindisino venne trasportato in elicottero presso l’ospedale di Civitavecchia, dove morì poche ore dopo per le numerose fratture riportate. La tragedia si verificò mentre il veliero, partito dalla base navale di La Spezia, si trovava al largo di Civitavecchia.
La procura ha contestato ai vertici della Marina Militare di non aver adottato, all’epoca, dei sistemi di sicurezza per evitare che il Nasta cadesse nel vuoto. Sistemi che dovevano entrare in funzione prima, come conseguenza dell’applicazione obbligata della legge sulla sicurezza dei lavori in quota, del 2008. Imbracature che sono state impiegate sull’Amerigo Vespucci soltanto dopo la morte del giovane marinaio . L’accusa ha fatto pesare il dato che i militari del magnifico veliero, dopo la morte di Alessandro, sono stati dotati di sistemi di sicurezza che escludono la possibilità di caduta e che sono stati “comandati” di agganciarsi, obbligatoriamente, durante la salita e la discesa. Prima non era così. Non solo. Se prima esisteva soltanto un breve “indottrinamento”, vale a dire una spiegazione data dai più anziani su come arrampicarsi, dopo la morte di Alessandro Nasta sono stati fatti ai ragazzi dei corsi di formazione, con una parte teorica ed una parte pratica. La “salita a riva”, come viene chiamata la manovra, è stata inquadrata come condizione di “lavoro in quota”. Con precisi obblighi di protezione.
La sentenza emessa nelle scorse ore dal giudice del tribunale di Civitavecchia, Vittoria Soldani, mentre l’accusa è stata sostenuta dal pubblico ministero Federica Materazzo, è arrivata ad undici anni dai fatti. Le condanne, con concessione del beneficio della sospensione, vanno da un minimo di un anno e due mesi e un massimo di un anno e 10 mesi. È stata però disposta una provvisionale di euro ottantamila per i genitori del ragazzo, di quarantamila mila per la sorella.
I vertici della Marina militare sono stati condannati per omicidio colposo. Quattro ammiragli sono ritenuti responsabili della morte di Alessandro Nasta. La sentenza del tribunale penale di Civitavecchia ha riconosciuto la responsabilità dell’ammiraglio Domenico La Faia (allora comandante della nave Vespucci) al quale è stata inflitta una pena di un anno e 2 mesi, dell’ammiraglio Bruno Branciforte (ex capo di stato maggiore della Marina, un anno e 10 mesi), dell’ammiraglio Giuseppe De Giorgi (all’epoca capo della squadra navale poi divenuto capo di stato maggiore della Marina, un anno e 2 mesi) e l’ammiraglio dell’ex capo di stato maggiore Luigi Binelli Mantelli (un anno e 10 mesi).
“La sentenza è stata accolta con grande commozione da parte dei familiari in particolare dai genitori di Alessandro. Il padre e la madre hanno mostrato grande compostezza durante tutto il dibattimento e hanno avuto fiducia nella giustizia. Di loro ho ammirato la tenacia, non hanno perso un’udienza e hanno sempre portato con loro una foto del figlio che simbolicamente era accanto a loro per chiedere giustizia” spiega l’avvocato di parte civile Alessandra Guarini.