di REDAZIONE CRONACHE
Le condanne a carico dei dieci membri del clan di Cosola di Bari, imputati nel processo “Attila 2” dove rispondevano delle accuse di associazione mafiosa, scambio elettorale politico-mafioso, coercizione elettorale e corruzione, sono diventate definitive, con conseguente ordine di carcerazione. Dovranno scontare pene tra i 7 anni e 4 mesi Michele Angelini, 2 anni e 4 mesi di reclusione Michele Di Cosola.
Gli imputati furono arrestati nel dicembre 2016. Nei giorni scorsi la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro la sentenza di appello di un anno fa. Condanne definitive per Leonardo Mercoledisanto e per Piero Mesecorto a 7 anni , per Raffaele Anemolo, Armando Battaglia, Pasquale Colasuonno, Francesco De Caro, e Damiano Partipilo a 6 anni e 8 mesi , per Pasquale Maisto a 4 anni e 5 mesi. Quattro imputati, che si trovavano a piede libero, sono stati arrestati dai Carabinieri a Bari, Giovinazzo e Noicattaro, mentre agli altri sei i provvedimenti sono stati notificati in carcere dove erano già detenuti.
Secondo quanto appurato dalle indagini della Direzione distrettuale antimafia di Bari e confermato dai giudici con una sentenza ormai definitiva, gli imputati avevano tentato di condizionare l’esito delle elezioni regionali in Puglia del maggio 2015 procurando voti, in cambio di denaro, a Natale Mariella non eletto, e che non è stato coinvolto nel procedimento penale, all’epoca candidato con la lista “Popolari” a sostegno di Michele Emiliano, il quale venne eletto governatore . Mariella nel luiglio 2016 era stato “sponsorizzato” da Emiliano del consiglio della Camera di Commercio di Bari ed attualmente è Presidente della Sezione Regionale dell’ Albo Nazionale Gestori Ambientali.
Alcuni membri dell’ associazione mafiosa fra i quali Michele Di Cosola, figlio del defunto boss Antonio Di Cosola, nelle settimane precedenti le elezioni regionali intercettava le persone per strada in alcuni comuni della provincia barese e “mediante l’esercizio della forze di intimidazione del clan e con minacce velate” chiedeva loro di votare per Mariella , di fatto secondo i giudici “impedendo il libero esercizio del diritto di voto”.
Il clan riceveva 50 euro da Mariella per ogni preferenza procurata e a sua volta prometteva 20 euro per ogni voto. Voti che conseguentemente finivano anche in favore di Michele Emiliano.
La Cassazione si è pronunciata anche sulla posizione di altri sei imputati. Tra questi l’incensurato Armando Giove, ritenuto il “referente” di Mariella, accusato di aver accettato la promessa del clan di procurare voti offrendo in cambio 70mila euro.
I giudici della Suprema Corte hanno annullato la condanna per il reato di coercizione elettorale “per non aver commesso il fatto” e hanno confermato la responsabilità per l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso riducendo la pena a 1 anno 9 mesi e 10 giorni di reclusione (pena sospesa). Giove in primo grado era già stato già assolto dall’imputazione di concorso esterno in associazione mafiosa.