di Antonello de Gennaro
Lo confesso: ho sempre detestato il “provincialismo” tarantino che si esalta per una puntata di qualsiasi programma televisivo che coinvolga la città dei due mari che mi ha dato i natali, che si autocelebra quando qualcuno va in televisione per essere intervistato o a condurre qualche programma che passa inosservato. Detesto quei tarantini che passano da un partito ad un altro, da un padrone ad un altro, da un letto ad un altro pur di conquistare qualche euro in più, dimenticando il significato della parola “etica” e calpestando la propria dignità.
Lo confesso: aborro certi articoli in cui si esalta un premio cinematografico, che però non equivale ad un premio della critica, cioè del pubblico, cioè di colui il quale dovrebbe essere il destinatario di un film, di un programma televisivo. In poche parole: il mercato. Perchè è il “mercato” che stabilisce realmente le qualità di qualcuno o qualcosa. Basti ricordare ad esempio la classifica (penultimo) dell’esordio di Vasco Rossi al Festival della Canzone Italiana di Sanremo, ed il successo nella vita artistica-musicale di Vasco, o ricordare quando Fiorello non fu ritenuto all’altezza di lavorare in RAI dalla solita commissione di idioti e poi constatare il suo successo artistico a 360°.
Lo confesso: aborro le volgarità scritte da qualche aspirante critico-opinionista sul quale è meglio che stendo un velo pietoso evitando di ricordargli le sue performance di stalker seriale, pubblicandone il nome, per non ferire ulteriormente i suoi genitori miei amici. Leggere frasi come”cassonetti strapieni come coglioni gonfi che sborrano buste di monnezza abbandonata” mi fa vomitare così come mi fa vomitare chi ne consente la pubblicazione, aggiungendo che “Palazzina Laf ha spaccato tutto” quando in realtà non ha spaccato proprio nulla sopratutto al botteghino, in quanto come ben noto a chi è realmente informato, il film non ha spaccato proprio nulla, scomparendo dopo pochi giorni dalle scarse sale cinematografiche in cui è stato proiettato. “Palazzina Laf” è costato 3 milioni di euro, realizzato grazie anche ad un finanziamento dello Stato, ha incassato sinora al box-office appena 750 mila euro ! E questo sarebbe un grande successo ?
Ben altra sorte hanno avuto i reali vincitori della 69ma edizione dei David di Donatello che ha visto il trionfo di ‘Io capitano’ di Matteo Garrone, che si è aggiudicato 7 statuette, e di ‘C’è ancora domani‘ di Paola Cortellesi che di statuette se ne è aggiudicati 6. Pellicole che con garbo, gusto e senza voler fare antipolitica hanno conquistato la vera critica che conta, cioè il pubblico, occupandosi di veri temi sociali senza strumentalizzare le problematiche trattate nei rispettivi film.
Palazzina Laf, un storia di oltre 10 anni fa
Chi scrive che Riondino ha “decantato la bellezza del film Palazzina Laf e le contraddizioni di Taranto. Mo’ non ci sta niente per cui creare polarizzazione sui social media: ci sta solo da tributare un applauso a scena aperta a Michele Riondino e a tutti coloro che hanno reso possibile il film, che ha raccontato uno squarcio autentico di Taranto” purtroppo per lui non sa di cosa parla, e diventa ridicolo quando aggiunge “È appena passato l’uno maggio, una data che a Taranto significa molto. È la data del concertone, che ormai si contrappone fieramente a quello di Roma e che è percepito come il luogo dove oltre alla musica si parla di faccende concrete, impegnate, in un mondo disciolto e liquido c’è ancora – per fortuna – chi si aggrappa a un ideale come ultras a uno striscione e lotta e urla per farsi sentire e trovare una via di uscita“.
Più che un concertone quello di Taranto, in realtà, è un “concertino” data la pochezza musicale, politica ed artistica degli artisti partecipanti. I direttori artistici del concertino tarantino Michele Riondino e Diodato non sono tra i tarantini che non mollano, ma fra quelli che ne approfittano. Non sono dei tarantini da ammirare. Michele Riondino è colui il quale è stato criticato a 360 gradi da tutt’Italia, a partire dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per la provocazione indegna, stupida e volgare capovolgendo a testa in giù una vecchia foto di Ignazio Larussa, che come presidente del Senato della Repubblica, è la seconda carica dello Stato. E mi auguro che la Procura di Taranto si attivi immediatamente iscrivendo Riondino nel registro degli indagati per “vilipendio a carica istituzionale”. Il cantante Diodato a sua volta dovrebbe avere il coraggio, data la sua parentela (di cui sia chiaro non ha alcuna colpa !) con delinquenti mafiosi tarantini del “clan Diodato” e del “clan Scarci”, di prendere ufficialmente le distanze dai suoi parenti dalla fedina penale imbarazzante, e dichiarare che “la mafia è una montagna di merda“!
Viene a dir poco da ridere quando si legge che “loro ( Riondino e Diodato n.d.r.) hanno una visione: una Taranto Libera. Da chi, da cosa? Dall’inquinamento, dalla malapolitica, dal menefreghismo, dalla precarietà, dall’incuria”. Taranto in realtà purtroppo è sin troppo libera, e l’inquinamento è solo nella testa delle persone che vivono di truffe assicurative, allacciandosi alla rete elettrica pubblica o di qualche condominio, di lavorare quasi sempre in nero, salvo poi pretendere che la pubblica amministrazione funzioni. Una città che vive sul principio del “ce me ne futt a mè” (trad: “cosa me ne frega a me“) in cui latita la creatività imprenditoriale e commerciale, il senso delle regole ed il rispetto delle Leggi. Una città in cui c’è gente che amministra la città nel Comune di Taranto, mentre nello stesso tempo è sotto processo per truffa a quello stesso Comune che mensilmente la retribuisce con l’indennità di mandato !
Lo confesso: sono addolorato di dover scrivere queste cose, ma sono la verità sotto gli occhi di tutti, e qualcuno deve pur avere il coraggio (e la dignità) di raccontarla. Non leggendo nulla del genere sulla stampa locale, allora ci ho pensato io.
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