ROMA – Subito dopo le gare “urgenti” bandite dalla Consip, la centrale degli acquisti della Pubblica Amministrazione per la fornitura di materiale destinato all’emergenza sanitaria a seguito del Covid-19, sono iniziate a circolare le prime criticità sulle gare d’appalto e sopratutto sulla legalità del loro procedimento legale.
La notizia degli arresti effettuati conferma le voci circolanti, in particolare quelle in relazione ad un lotto del primo bando indetto relativo all’ “acquisto e la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di apparecchiature sanitarie” del valore complessivo di 258 milioni di euro. A scoprire le illegalità è stata la Guardia di Finanza effettuando una brillante ed efficace indagine lampo che ha portato all’arresto di un imprenditore, tale Antonello Ieffi per “turbativa d’asta” ed “inadempimento di contratti di pubbliche forniture“.
Il lotto su cui è stata accertata la turbativa d’asta per la precisione era quello relativo alla società Biocrea che si era aggiudicato la fornitura di 24 milioni di mascherine chirurgiche per un importo complessivo di 15,8 milioni. Consip, in una nota, per farsi perdonare, ha reso noto che “le attività investigative condotte dal GICO del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Roma sono state avviate in seguito alla tempestiva denuncia effettuata da Consip stessa alla Procura della Repubblica di Roma“. Dimenticando però di spiegare come non avevano fatto loro stessi anche altri necessari controlli.
La Biocrea, società riconducibile all’arrestato Antonello Ieffi, 41enne, per false dichiarazioni inerenti le proprie posizioni tributarie, è stata esclusa il 19 marzo dalla procedura d’urgenza consentendo alla Consip di annullarne in autotutela l’aggiudicazione, venendo accusato dalla Procura di Roma dei reati di turbativa d’asta e inadempimento di contratti di pubbliche forniture. Le attività investigative delle Fiamme Gialle hanno avuto origine dalla verifica di una moltitudine di anomalie a partire dal grosso ritardo delle consegne, inizialmente giustificato dall’arrestato, a dei presunti problemi organizzativi connessi al volo di trasferimento della merce in Italia, che contrastava con il principale impegno contrattuale di consegnare i primi 3 milioni di mascherine entro 3 giorni dall’ordine.
La conseguente ispezione effettuata della Guardia di Finanza con la collaborazione dell’Agenzia delle Dogane, veniva effettuata presso l’aeroporto cinese di Guangzhou Baiyun un’ispezione, che accertava l’inesistenza del carico dichiarato. I successivi approfondimenti facevano emergere a carico di Antonello Ieffi anche pregresse posizioni debitorie per violazioni tributarie, per oltre 150 mila euro nei confronti dell’Erario, non dichiarate in sede di procedura dalla società che, di converso, aveva invece falsamente attestato l’insussistenza di qualsiasi causa di esclusione.
In particolare, è stato ricostruito come Ieffi essendo gravato da precedenti sia giudiziari (seppure non ancora definitivi) che di polizia, che avrebbero potuto inficiare la partecipazione alla gara, abbia cercato di dissimulare la riconducibilità a sé della Biocrea pur rimanendone l’esclusivo “dominus” nominando come amministratore, in concomitanza con la pubblicazione del bando, un mero “prestanome” pulito da precedenti, a cui ha poi “ceduto” l’intero capitale sociale al prezzo di € 100.000, da corrispondere però tra due anni.
Inoltre, le risultanze acquisite hanno dimostrato come la Biocrea che, come già detto prima, ha un oggetto sociale del tutto estraneo al settore merceologico relativo alla gara (“coltivazione di fondi, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse”), fosse di fatto una “scatola vuota” destrutturata, caratterizzata da un vero e proprio stato di inoperatività, sintomatica della originaria e assoluta inidoneità della stessa, per totale assenza di dipendenti, strutture, mezzi e capitali, a far fronte alle obbligazioni nascenti da un contratto come quello originariamente aggiudicato.
Sebbene il tentativo non sia andato a buon fine, Ieffi si era immediatamente riorganizzato per provare ad aggiudicarsi un altro appalto pubblico, questa volta relativo alla fornitura di guanti, occhiali protettivi, tute di protezione, camici e soluzioni igienizzanti, per un valore complessivo di oltre € 73 milioni di euro, utilizzando altro soggetto giuridico, essendo la Biocrea ormai “bruciata”. La nuova società , la Dental Express H24 presentava, però, una inesistente capacità economica pressoché sovrapponibile a quella della Biocrea e peraltro un socio e membro del consiglio di amministrazione risultava gravato da precedenti penali.
Trait d’union delle operazioni di Ieffi è la E-Building. Una holding che – stando a quanto affermato dall’imprenditore – racchiuderebbe interessi milionari che spaziano dallo sviluppo di tecnologie per l’energia rinnovabile alla compravendita di crediti deteriorati. La sede è al numero 8 di via Montenapoleone, cuore della moda milanese. Indirizzo di prestigio che però combacia con quello di un servizio di “affitto ufficio virtuali”. Anche a Londra, dove compare in diverse società dai primi anni 2000, Ieffi si sarebbe affidato a un noto “formations agent”, ovvero chi apre aziende per conto terzi. Si tratta di Formations House, a cui negli anni si sono rivolti, tra gli altri, gli eredi della famiglia Riina, colletti bianchi al servizio di uomini della camorra e imprenditori iraniani sotto sanzione, come rivelato in passato da IrpiMedia e La Stampa.
In questo caso, contrariamente a quanto avvenuto nel caso della Cooperativa Indaco di Taranto all’esito dei controlli, la Consip ha rilevato l’incompatibilità con i requisiti di partecipazione richiesti ed esclusol’operatore economico dalla procedura. Le investigazioni hanno consentito di accertare come Ieffi, nonostante tale provvedimento, si stesse adoperando per far figurare l’uscita dalla compagine sociale della persona gravata da precedenti in una data antecedente all’indizione della gara, sì da poter ricorrere alla giustizia amministrativa e rientrare in corsa per l’aggiudicazione dell’appalto.
Il faccendiere Antonello Ieffi sfruttando la possibilità di depositare presso la Camera di Commercio l’atto di passaggio delle quote entro 30 giorni dalla sottoscrizione, si stava organizzando per predisporre, ora per allora, una retrocessione della partecipazione, sostenendo che sarebbe avvenuta “senza passaggio di denaro, altrimenti avremmo l’obbligo di far vedere anche il transito di denaro” .
L’attenzione sulle gare Consip ma anche su quelle di alcune Regioni “allegre” sta portando alla luce pressochè quotidianamente che non tutti i procedimenti sembrano essere limpidi ed emergono dubbi sulle modalità di aggiudicazione delle gare. C’è ad esempio un altro bando, per un importo di aggiudicazione complessivo di oltre 63 milioni di euro, che fa emergere che nella gestione di questi bandi e nei controlli di legittimità ci sia stato qualcosa di poco chiaro e legale.
Lo scorso 7 aprile è “saltato” il contratto di fornitura per le mascherine aggiudicato alla cooperativa “Indaco Service” di Taranto, portando il valore complessivo della gara agli attuali 58 milioni. La cooperativa tarantina coinvolta in altre vicende giudiziarie, una delle quali relativa alla gestione illegale di centro di accoglienza migranti in Puglia (a Taranto ed in provincia di Brindisi) , è gestita da due fratelli Barbara e Salvatore Micelli, quest’ultimo pregiudicato e finito in carcere per una vicenda relativa ad una truffa perpetrata sui fondi comunitari per l’occupazione femminile distribuiti dalla Regione Puglia.
E stata l’inchiesta sulle mascherine del programma Piazza Pulita de “La7” che ha portato alla luce che tra le aziende vincitrici c’era anche quella gestita da Salvatore Micelli, arrestato nel 2018 per un’altra vicenda giudiziaria dalla Guardia di Finanza di Taranto per erogazioni pubbliche ricevute per imprese inesistenti e ora sotto inchiesta per associazione a delinquere e truffa aggravata ai danni dello Stato, e sotto processo per stalking al nostro direttore Antonello de Gennaro che da anni scopre e rivela giornalisticamente le malefatte del Micelli. E’ stato infatti grazie ad una nostra inchiesta giornalistica che il Nas dei Carabinieri da Roma dispose dei dovuti controlli e perquisizioni che hanno consentito poi alla Prefettura di Taranto di revocare il contratto milionario assegnato alla Cooperativa Indaco (grazie ad un ricorso vinto dinnanzi al TAR Puglia, per il quale l’ Avvocatura di Stato pensò bene…di non ricorrere al Consiglio di Stato !) che intascava oltre 250mila euro al mese !
La Consip dopo l’esplosione “mediatica” della vicenda della Cooperativa Indaco, che ha portato anche da un’interrogazione parlamentare presentata dall’ on. Donzelli (Fratelli d’ Italia) ha revocato l’assegnazione alla cooperativa di Taranto in questione di una fornitura di mascherine chirurgiche e FFP3, giustificando di aver annullato l’aggiudicazione dei due lotti (1 e 3) da oltre 28 milioni di euro in seguito ai controlli effettuati (a posteriori) sui soci della Indaco, fra i quali figura come vicepresidente il pregiudicato Salvatore Micelli e come presidente sua sorella Barbara che è peraltro disabile per cause psichiatriche e quindi per Legge non avrebbe mai dovuto e potuto assumere ruoli di rappresentanza legale.
Incredibilmente nello stesso bando Consip, vi è anche la presenza imbarazzante di un’altra società neo-costituita che è risultata vincitrice in tutti e 9 i lotti di gara (in un lotto addirittura unica vincitrice), iscrittasi nel registro delle imprese delle camere di commercio italiane, soltanto il 24 febbraio scorso dichiarando la data di inizio attività 16 marzo 2020, con un capitale sociale di appena 30 mila euro, 2 soci, nessun dipendente , dichiarando come attività prevalente la “compravendita di beni immobili effettuata su beni propri”.
Un’attività questa che non risulta minimamente connessa al settore di competenza scopo del bando. Risulta incredibile ed a dir poco sospetto che una società nasca solamente tre giorni prima dell’avvio di un bando di gara milionario così importante e guarda caso risulti vincitrice di tutti e 9 i lotti, sopratutto partendo dal presupposto che ognuno dei lotti prevedeva la fornitura di materiale completamente diverso (mascherine chirurgiche, mascherine FFP2 ed FFP3, guanti in vinile, guanti in nitrile, occhiali protettivi, tute di protezione, camici, soluzione idroalcolica). Materiali difficilmente reperibili in questo periodo, a fronte di una domanda internazionale che cresce esponenzialmente di giorno in giorno , che avrebbero necessità di una produzione continua per ottemperare agli stringenti tempi di consegna , ed in caso di acquisto da terzi se il materiale fosse “solo” importato e poi fornito, dovrebbe avere una consolidata esperienza maturata nel settore ed una consolidata rete di rapporti con i produttori cinesi.
Una rete di rapporti che una società avviata soltanto il 16 marzo non avrebbe mai potuto avere e neanche acquisire in così poco tempo. Abbiamo fatto più di qualche ricerca approfondita online per reperire qualche informazione in più, ma la società in questione è l’unica tra quelle nel bando, a non avere un sito web ufficiale o qualche informazione più approfondita. Una mancanza di trasparenza che avrebbe dovuto allertare i funzionari Consip nell’accertare la pienezza dei requisiti dei soggetti partecipanti alle gare.
Ipotizzando per assurdo che dietro le quinte della società neo-costituita si possa essere una società più grande – e che quindi possa risultare assolutamente in grado di reperire così tanti materiali in così poco tempo – sarebbe stato naturale e logico chiedersi come sia stato possibile che la Consip abbia aggiudicato un bando di un’importo così imponente ad una società cos’ giovane e che peraltro non opera nel settore specifico in questione .
Chi garantiva la Consip che una società così piccola nata da qualche settimana, con un capitale sociale così basso ( e quindi mezzi finanziari limitati), potesse essere in grado di fornire tutto questo materiale in tempi così stretti ? Alla domanda dei giornalisti sulle modalità di aggiudicazione delle gare, Consip si era giustificata in maniera a dir poco ridicola ed imbarazzante sostenendo che “chi ha partecipato alla gara ha dichiarato che aveva le competenze tecniche per svolgere il compito, è un’autocertificazione, di cui eventualmente risponde. Noi, vista l’urgenza, controlliamo solo i documenti sta a loro consegnare a tempo debito”.
Tra gli aggiudicatari della gara per far fronte all’emergenza Covid-19 figura invece anche la società bresciana Italian Properties Srl. Il suo proprietario Marco Melega, 47enne cremonese, è stato arrestato nel luglio 2019 per una presunta truffa online in cui sono caduti migliaia di consumatori. Melega è accusato di associazione a delinquere finalizzata alle truffe online, frode fiscale, bancarotta fraudolenta e riciclaggio. Secondo le accuse della Procura di Cremona, il gruppo di Melega avrebbe creato siti per l’acquisto di vini, buoni carburante e prodotti elettronici a prezzi stracciati. Le vendite prevedevano un acquisto minimo di mille euro di merce. Secondo l’accusa, la società non sarebbe stata in possesso di alcun prodotto e quindi i compratori sarebbero rimasti a mani vuote.
La centrale di acquisti della pubblica amministrazione italiana, già al centro di altre vicende giudiziarie (che hanno portato agli arresti domiciliari il padre di Matteo Renzi) dovrebbe compiere accertamenti e valutazioni di merito più approfonditi sulle aziende a cui aggiudica le gare e non solo limitarsi sul requisito dell’offerta economicamente più vantaggiosa ! Le indagini dei magistrati e della Guardia di Finanza di questi giorni, gli arresti, gli indagati, generano il forte sospetto che dietro la parola “emergenza” si nasconde più qualche falla nei controlli e che, soprattutto, potrebbe consentire alla criminalità organizzata di infiltrarsi
Ovviamente, dovranno essere la Magistratura e Guardia di Finanza a fare tutte le verifiche del caso ed accertare eventuali omissioni o abusi in atti d’ufficio nello svolgimento delle gare Consip. Noi ci limitiamo a fare i giornalisti ed informare i lettori