Dieci anni di carcere, oltre alla confisca di beni per 2,4 milioni di euro per l’ex pm Antonio Savasta uno dei principali imputati nel processo al “Sistema Trani” Savasta è stato riconosciuto colpevole di tutte le accuse (associazione per delinquere finalizzata alla corruzione in atti giudiziari, concussione e vari episodi di falso), nonostante non risulta provata la ricezione di denaro per due degli episodi raccontati dal grande accusatore (ma anche corruttore), Flavio D’Introno.
Nell’indicazione e calcolo della pena di condanna, la pubblica accusa ha escluso l’attenuante della collaborazione offerta dal magistrato, che gli ha consentito di lasciare il carcere nel marzo 2019 dopo due mesi di detenzione e di essere trasferito agli arresti domiciliari, dove si trova ancora oggi.
Il Gup di Lecce, Cinzia Vergine, ha accolto in pieno l’impianto accusatorio della Procura salentina nei confronti di Savasta, condannato con rito abbreviato per aver pilotato sentenze e vicende giudiziarie e tributarie, tra il 2014 e il 2018, in favore di imprenditori coinvolti nelle indagini, in cambio di mazzette in denaro, gioielli e in alcuni casi diamanti, ma anche regali costosi e ristrutturazioni di appartamenti.
Savasta era stato arrestato insieme al collega Michele Nardi e all’ispettore della Polizia di Stato Vincenzo Di Chiaro nel gennaio 2019 con l’accusa di corruzione in atti giudiziari e concussione. Al momento dell’arresto Nardi e Savasta erano in servizio al Tribunale di Roma. Successivamente Savasta si è dimesso dalla magistratura.
Condannato anche l’altro ex pm tranese Luigi Scimé (4 anni) che è attualmente in servizio a Salerno riconoscendogli le attenuanti generiche disponendo contestualmente la confisca di 2.390.000 euro, l’«estinzione del rapporto di lavoro» e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici.
Condannati anche l’avvocato Ruggiero Sfrecola (4 anni e 4 mesi) e l’avvocato Giacomo Ragno (2 anni e 8 mesi), venendo però assolto «per non aver commesso il fatto» dal concorso in calunnia e falsa testimonianza. Disposta nei suoi confronti la confisca di 224mila euro. Gli avvocati condannati sono entrambi del foro legale di Trani.
Il processo per gli altri cinque indagati nell’inchiesta su quello che è stato definito il “sistema Trani”, tra i quali l’ex gip Michele Nardi (successivamente “trasferito” dal Csm alla Procura di Roma, come pubblico ministero) e l’ex ispettore di polizia Di Chiaro, è invece in corso con rito ordinario davanti ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Lecce: nei giorni scorsi è stato emesso il rinvio a giudizio per Nardi, per l’avvocato Simona Cuomo del Foro di Bari, per Gianluigi Patruno (titolare di una palestra)e Savino Zagaria, l’ex cognato di Antonio Savasta. La prima udienza del processo è fissata il 4 novembre 2020.
Savasta rispondeva delle accuse con il suo collega Nardi, di aver garantito esiti processuali favorevoli in diverse vicende giudiziarie e tributarie in favore degli imprenditori coinvolti nelle indagini in cambio di somme di denaro e, in alcuni casi, di gioielli e diamanti.
Le indagini che hanno svelato l’esistenza del “sistema Trani” sono state avviate e condotte dai Carabinieri di Barletta sotto sotto la guida del procuratore Leonardo Leone de Castris, coordinati dalla pm salentina Roberta Licci alla quale nel corso del procedimento, è stato affiancato il collega Giovanni Gallone.
I pm Roberta Licci e Giovanni Gallone nel provvedimento di notifica di avvenuta chiusura indagini hanno descritto il “sistema Trani“, con a capo secondo i sostituti procuratori l’ex gip di Trani Nardi ( “promotore e organizzatore dell’associazione” ) e l’ex pm Savasta i quali, come si legge nel provvedimento, “si associavano tra di loro al fine di compiere plurimi delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica e contro l’autorità giudiziaria, avvalendosi di volta in volta della collaborazione di soggetti non facenti parte dell’associazione”.
Il magnate degli outlet Luigi Dagostino è stato condannato a 4 anni di carcere. Ex socio di Tiziano Renzi, il padre di Matteo Renzi leader di Italia Viva, il barlettano D’Agostino è stato coinvolto nell’inchiesta perché, secondo l’ ipotesi accusatoria dei magistrati salentini , accolto e confermato dal Gup Cinzia Vergine , è stato favorito dal Savasta mentre stava indagando su di lui evitando di fare “i dovuti approfondimenti sul suo conto” a Trani in cambio di denaro. Il Gup non ha ritenuto provate le dazioni di denaro, ma nonostante ciò lo ha condannato comportando anche la sua interdizione per 5 anni dai pubblici uffici.