ROMA – Sei poliziotti della Polizia Stradale in servizio a Taranto, Giuseppe Abatangelo, Savino Dimastrochicco, Pietro Galeandro, Angelo Nunzella Antonio Pastore, e Alessandro Vozza sono finiti questa mattina all’alba agli arresti per corruzione. Ad eseguire i provvedimenti cautelari restrittivi, disposti dal gip Paola Incalza su richiesta della procura tarantina, sono stati gli agenti della Squadra Mobile e della sezione di Polizia giudiziaria della Stradale. Le indagini, che riguardano verbali non elevati in cambio di danaro, sono condotte dal procuratore aggiunto Maurizio Carbone. I sei agenti sono tutti ai domiciliari, accusati di induzione indebita nel periodo compreso tra i mesi di Luglio ed Ottobre 2016.
I poliziotti indagati abusando della qualità e dei poteri di appartenenti alla Polstrada, nello svolgimento della loro attività di controllo della circolazione stradale, inducevano diversi conducenti di autoarticolati e rimorchi, a corrispondere loro somme di denaro non dovute, omettendo per contro di elevare verbali di contestazione per violazioni al Codice della Strada. Gli stessi conducenti sono indagati per la medesima condotta, ovvero per avere, seppure indotti, promesso e dato i soldi richieste.
L’indagine ha preso avvio a seguito di una telefonata anonima giunta alla sala operativa della Questura di Taranto, nel corso della quale un ignoto chiamante segnalava la presenza sulla S.S. 100, in direzione di Bari, di un equipaggio della Polizia Stradale che era intento a caricare nel bagagliaio dell’auto di servizio (posta a fari spenti sul ciglio della strada) alcune casse di pesce prelevate dall’interno di un furgone per il traporto di prodotti ittici fermato per un controllo.
Grazie a questa segnalazione, e soprattutto delle discordanze emerse nella ricostruzione degli accadimenti relativi ai controlli effettuati da una delle pattuglie in servizio quella sera, proprio nelle immediate vicinanze del luogo oggetto di segnalazione, i dirigenti della Squadra Mobile e del Compartimento della Polizia Stradale Puglia, Sezione di Taranto, hanno deciso di predisporre dei servizi di osservazione e controllo, che se inizialmente non conducevano ad alcun utile risultato investigativo, hanno consentito in ultimo di rilevare e videoregistrare, in almeno due occasioni, l’effettiva consegna di banconote da parte di conducenti di mezzi pesanti sottoposti a controllo dall’equipaggio della stradale verso cui erano maturati i sospetti.
All’esito dei servizi di osservazione e controllo (che in ogni caso sono proseguiti anche nelle settimane successive) è stata richiesta ed autorizzata attività di captazione audio-video all’interno delle autovetture di servizio. Tale attività investigativa ha reso possibile registrare i commenti scambiati tra gli indagati all’interno della vettura monitorata sia nell’immediatezza dei controlli che subito dopo la partenza dei conducenti dei veicoli controllati, quindi i riferimenti fatti a violazioni rilevate alle quali però non era seguita alcuna compilazione di verbali di contravvenzione, con omesso inserimento dei nominativi dei conducenti e dei dati identificativi dei mezzi nelle schede di controllo, tutti elementi indiziari delle condotte delittuose contestate.
Sono stati verificati e documentati numerosi controlli effettuati su strada nei confronti di autotrasportatori dai quali i suddetti appartenenti hanno ricevuto somme di denaro non meglio quantificate. Gli indagati avevano peraltro capito di essere sottoposti a controllo, riuscendo pure ad accertare la presenza degli impianti di monitoraggio installati all’interno delle vetture utilizzate per il pattugliamento delle strade, ed hanno quindi cercato di acquisire ulteriori informazioni su quanto fosse già noto agli inquirenti, addossando la responsabilità della denuncia a loro carico ai vertici del loro ufficio di appartenenza e della Questura, pianificando non solo un’attività di boicottaggio dei servizi tecnici, ma anche una serie di azioni ritorsive e denigratorie nei confronti dei colleghi che stavano indagando sul loro conto.
Come evidenziato nel provvedimento del G.I.P., nonostante la contezza dell’esistenza di investigazioni a loro carico, gli indagati hanno manifestato sfrontatezza nel reiterare con disinvoltura i delitti loro addebitati, seppure ricorrendo all’adozione di maggiori cautele. Da qui il ritenuto pericolo non solo di inquinamento probatorio ma anche di reiterazione dei reati della stessa specie che hanno giustificato l’applicazione della misura degli arresti domiciliari.