(riceviamo e volentieri pubblichiamo)
di Gaetano De Monte
“Da oggi non sono più un giornalista pubblicista. L’Ordine mi ha infatti comunicato di aver cancellato il mio nome dall’albo dei pubblicisti. Motivo? Non ho scritto con continuità e in maniera retribuita nell’ultimo biennio”, comincia così un lungo post pubblicato su Facebook da un giovane pubblicista, che ci spinge a riflettere sulla condizione in cui si trova chi lavora nel mondo della comunicazione, ma più in generale sullo stato in cui versa l’universo dell’informazione in Puglia specialmente.
Già, perché, così continua la lettera: “ nell’Italietta in cui il mercato editoriale è in sofferenza cronica e l’accesso alla professione è ancorata a retaggi corporativi di epoca fascista come l’Ordine scopriamo che il problema siamo noi. Noi che dopo qualche anno di gavetta e soldi spesi ci ritroviamo con il nulla in mano perché l’Ordine dei Giornalisti di Puglia ha pensato bene di adottare una delibera retroattiva e folle nell’indifferenza generale”.
Si tratta del provvedimento di revisione degli albi dove è stabilito che chi non riesca a dimostrare di aver svolto attività giornalistica retribuita e continuativa negli ultimi due anni venga cancellato dall’Ordine dei Giornalisti di Puglia. Di fatto, indiscriminatamente, senza alcun piano di verifica individuale degli iscritti. Così, nei prossimi giorni saranno diverse migliaia i giornalisti pugliesi che si troveranno in questa situazione. Senza che l’ Associazione per la Stampa di Puglia o la Fnsi, cioè la Federazione Nazionale Stampa Italiana avessero prodotto, perlomeno, un comunicato stampa. Di che meravigliarsi. Se è vero che negli ultimi cinque anni hanno conquistato di più, in termini di tutele, i diversi coordinamenti di giornalisti precari nati in diverse regioni italiane (Carta di Firenze, legge sull’equo compenso ecc. ) sostenuti, si deve dirlo, dalla notevole sensibilità mostrata dal presidente nazionale dell’ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino. Una mosca bianca, in verità.
Nella stessa giornata di ieri, un’ulteriore occasione per riflettere sullo stato dell’informazione pugliese, ci è data dalla conferenza stampa che si è tenuta nella Sala Guaccero del Consiglio Regionale della Puglia in cui è stato presentato il 1° Festival della Comunicazione e dell’Informazione in Puglia. Organizzato dal Consiglio Regionale pugliese, dal Co.Re.Com Puglia, in partnership con l’Ordine dei Giornalisti e l’Associazione della Stampa di Puglia, l’Università degli Studi Aldo Moro di Bari e la Fiera del Levante.
Un’ iniziativa sicuramente meritevole, con un vasto cartellone fatto di seminari, workshop, un ricco parterre di ospiti: circa 60 tra giornalisti, professori universitari e comunicatori istituzionali. Uno spazio “dove aziende editoriali, agenzie di comunicazione e uffici stampa illustreranno le loro attività e metteranno a confronto le specifiche esperienze, in cui saranno illustrate le best practices della comunicazione d’impresa” si legge nel materiale diffuso durante la conferenza stampa. Nel corso della quale si è fatto riferimento più volte all’esistenza di un presunto modello pugliese dell’ordine professionale in questione.
Lo stesso Ordine regionale dei giornalisti che – a due anni di distanza dall’emersione di un vero e proprio caso di deontologia professionale ignorata e calpestata che ha riguardato alcuni giornalisti di Taranto in relazione a loro rapporti con la proprietà dell’ILVA – ancora non riesce a far luce sulla gravosa vicenda, perché a loro dire, del Consiglio di disciplina dell’Ordine: “ l’inchiesta è resa meno spedita per la mancanza di documentazione, mancherebbero gli atti della Procura, nonostante le richieste avanzate” ( sul punto – si permetta l’autocitazione – si veda il saggio Il conflitto ambientale nell’agenda mediatica. Il caso ILVA, pubblicato nell’ultimo numero della rivista http://siba-ese.unisalento.it/index.php/h-ermes/article/view/14495/12627).
Sarebbe questo, dunque, il modello pugliese? In una Regione in cui negli ultimi tre anni troppe aziende editoriali hanno chiuso. Solo nella provincia di Taranto, nell’ultimo anno, hanno chiuso i battenti: un settimanale, una tv, ed un quotidiano con 30 anni di attività alle spalle. Dove i giornalisti operano in città difficili, spesso sono soli, senza alcuna tutela di fronte alle intimidazioni e alle querele. Mentre per i giovani cronisti ottenere un contratto rappresenta ormai solamente un miraggio.
È un modello la Puglia nell’universo dell’informazione? Ci piacerebbe rispondere di sì. Se non altro per rispetto a tutti coloro che negli anni hanno battuto ogni singola stradina pugliese, rimettendoci in molti casi soldi, salute e non solo, pur di raccontare in maniera autonoma e indipendente le problematiche che affliggono i diversi territori. Ai colleghi che facendosi le ossa in contesti impervi, hanno poi reso onore ad un mestiere, a una scelta di vita, e alla Puglia intera, lontano da qui. Affermandosi a livello nazionale ed oltre. Valga su tutti un nome di un giornalista nato e cresciuto professionalmente a Taranto, Stefano Maria Bianchi. Ma ne potrei fare altre decine. Loro sì che rappresentano un vero e proprio modello pugliese nell’universo informazione.