I parlamentari che sin dalla 1a repubblica parlamentare venivano chiamati come peones, essendo al loro primo mandato parlamentare in queste ore rischiano di veder sfumare il proprio “portafoglio” contributivo. Provengono da tutte le forze politiche, ma in particolare sono prevalentemente i deputati neo-eletti del M5s, gli ex “grillini” fuoriusciti ed approdati al Gruppo Misto e 209 deputati del Partito Democratico. I versamenti dei parlamentari sono considerati e trattati come gestione separata e quindi non si possono né ricongiungere ad altri profili previdenziali né riscattare, per cui se non maturano i requisiti necessari stabiliti dal governo Monti, i loro contributi andranno persi svaniti nel nulla irrimediabilmente.
Infatti il diritto a percepire il trattamento pensionistico si matura ormai esclusivamente al conseguimento di un duplice requisito, e anagrafico e contributivo. In pratica il parlamentare ha diritto al vitalizio solo dopo avere svolto il mandato parlamentare per almeno 4 anni e mezzo ed una volta compiuti 65 anni di età. Il requisito anagrafico è diminuito di un anno sino al minimo di 60 anni, per ogni anno di mandato oltre il quinto, Sono in pericolo le posizioni dei parlamentari alla loro prima esperienza, in particolare 417 deputati sui 630 totali alla Camera e 191 su 315 al Senato; in totale, 608 su 945.
Nei corridoi di Montecitorio e di Palazzo Madama in tanti ne parlano non senza una certa apprensione, anche se l’argomento non è oggetto di dibattito ufficiale . Come testimonia mestamente l’onorevole Emiliano Minnucci al quotidiano romano “Il Messaggero“” “se Mattarella scioglie le Camere mi troverò con un buco contributivo“. La speranza di prolungare la legislatura fino a settembre 2017 potrà ritardare l’appuntamento con le urne? L’onorevole Tommaso Currò, ex M5s ora Pd, parlando sempre con il quotidiano romano lo esclude e confessa: “non sarei sincero se non ammettessi che tra noi parliamo anche di questo“.