di Gianantonio Stella*
È il quinto ponte in cinque anni che viene giù. Nel 2017 quello di Fossano che piombò su un’auto dei Carabinieri, salvi per miracolo. Nel 2016 quello sulla superstrada di Annone Brianza. Nel 2015 quello sulla Palermo-Agrigento inaugurato sei giorni prima. Nel 2014 quello accanto alla sede Rai a Saxa Rubra e il Ponte Lungo a Ceto… Fatalità? Basta! Lo spiegò secoli fa Francesco Guicciardini: “Sono adunque gli errori di chi governa quasi sempre causa delle ruine della città“. Per carità, “quasi sempre“.
Solo la magistratura potrà dirci se nell’apocalisse di Genova ci siano o meno precise responsabilità umane, amministrative, politiche. Ma certo, per chi ha perduto un marito, una moglie, un fratello, un figlio in questa tragedia ripresa in diretta coi telefonini (“Oddio! Oddio!“) sarà difficile se non impossibile accettare certe rassicurazioni uscite in queste ore sul “quotidiano e scrupoloso monitoraggio” sulle condizioni strutturali del viadotto Morandi. Il cui crollo, tra l’altro, assesta un colpo durissimo a una città come quella della Lanterna già colpita negli ultimi anni da più eventi rovinosi e oggi spezzata in due, con danni gravissimi per tutta l’economia ligure.
Il monito nel 2012
Sì, magari c’entra davvero anche un fulmine caduto nel posto sbagliato nel momento sbagliato. Mano a mano che escono nuove ricostruzioni, sbucano nuovi testimoni e riemergono varie denunce dal passato, però, monta la collera: c’era almeno un po’ di consapevolezza del pericolo? Ed ecco un articolo del Giornale, certamente non favorevole alla sinistra che allora aveva in pugno la Regione, la Provincia e la città che già nel 2006 titola: “Genova scioglie il “nodo” del groviglio autostradale” e spiega che “il Ponte Morandi sarà demolito e al suo posto sorgerà un nuovo viadotto“.
E poi un monito nel 2012 di Giovanni Calvini, all’epoca presidente della Confindustria genovese, che spiega al Secolo XIX la necessità di avviare i lavori per quella circonvallazione esterna di cui si parla da anni, la cosiddetta “Gronda“, con parole incancellabili: “Perché guardi, quando tra dieci anni il Ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per delle ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto “no”“. E poi ancora i video e le interviste del presidente della Provincia Alessandro Repetto che denunciavano il degrado del ponte: “Non vorrei far la parte dell’uccello del malaugurio…“.
Il «piano viario non orizzontale»
Per non dire dell’intervento di esperti come l’ingegnere Antonio Brencich, che nel 2016 disse a Radio Popolare: “Negli anni 90, molti genovesi se lo ricordano, il ponte ebbe una quantità di lavori enorme. Gli stralli di una campata sono stati affiancati da nuovi cavi di acciaio. Io non lo prenderei come un campanello d’allarme, ma è indice che hanno rilevato una corrosione molto più veloce di quella ipotizzata e hanno dovuto integrare la struttura originale per impedire che insorgessero delle condizioni di pericolo“. Dopo di che aggiunse: “Non vorrei far passare il messaggio che ci sia un pericolo imminente. Se dopo 30 anni dalla costruzione si devono sostituire integralmente degli elementi strutturali, però, vuol dire che è un ponte sbagliato. Un ponte non deve durare centinaia di anni ma almeno 70-80-100 senza manutenzione di questo tipo. Abbiamo dei ponti in muratura che hanno 150-200 anni e nessuno li ha mai toccati“.
Lo stesso ingegnere, docente di costruzioni in cemento armato all’università di Genova, spiegava a Sara Frumento di ingegneri.info che non solo il ponte Morandi era stato costruito con un “piano viario non orizzontale” al punto che “chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti-e-bassi” per anni, ma che solo “ripetute correzioni di livelletta” avevano aggiustato il piano viario “nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità“. Non bastasse, accusava, “alla luce della vita utile che dovrebbe avere una struttura del genere (almeno 100 anni)” era preoccupante che “fin dai primi decenni” il ponte fosse stato oggetto di manutenzioni così profonde che “tra non molti anni i costi di manutenzione supereranno i costi di ricostruzione del ponte: a quel punto sarà giunto il momento di demolire il ponte e ricostruirlo“.
Il comunicato dei «No Gronda»
Dice oggi il ministro per i Trasporti e le Infrastrutture Danilo Toninelli, che dovrà trovare una soluzione per rimediare nei tempi più brevi possibili al disastro dell’interruzione dell’unica via diretta tra Italia e Francia: “In questi 60 giorni di governo abbiamo dato immediatamente mandato di lavorare su manutenzione e messa in sicurezza dei viadotti e al loro monitoraggio attraverso dei sensori. Quasi tutti, costruiti tra gli anni 50 e 70 hanno bisogno di manutenzione ordinaria. Questo governo metterà i soldi proprio lì, per evitare che capitino ancora tragedie di questo tipo“. Di più: “La manutenzione viene prima di tutto e i responsabili dovranno pagare fino all’ultimo”. Parole d’oro. Che finiranno presto in secondo piano dopo la scoperta che, nei minuti successivi al crollo del viadotto, una manina ha cancellato un comunicato online targato M5S “Coordinamento dei comitati No Gronda”, gli attivisti nemici acerrimi della nuova autostrada ligure. Comunicato che non si limitava a sparare a zero sul progetto con le parole di Beppe Grillo (“Questa gente va fermata. Con l’esercito italiano. Perché l’esercito deve stare con gli italiani“) ma ironizzava: “Ci viene poi raccontata, a turno, la favoletta dell’imminente crollo del Ponte Morandi, come ha fatto per ultimo anche l’ex presidente della Provincia, il quale dimostra chiaramente di non avere letto la Relazione Conclusiva del Dibattito Pubblico“…
Gli errori di calcolo
Favoletta… Sia chiaro: sarebbe un peccato se questa sciagurata superficialità polemica, un autogol che dovrebbe suggerire ai grillini un po’ di cautela in più prima di aprire bocca per spararla grossa, fosse cavalcata strumentalmente per mettere in ombra tutto il resto. Ma questa catastrofe potrebbe aiutare le due parti a ragionare in modo serio su temi seri. Senza risse pretestuose e volgari. Basti rileggere quanto diceva già nove anni fa lo studio “La Gronda di Genova” di Autostrade per l’Italia. E cioè che i calcoli fatti nei lontani anni Sessanta su quell’arteria ieri spezzata erano totalmente sbagliati: “Il tratto più trafficato è il viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con 25,5 milioni di transiti l’anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni“. Davvero sarebbe bastata, per il futuro, una “manutenzione ordinaria con costi standard”?
*editoriale del Corriere della Sera