di ANTONELLO de GENNARO
Da ormai 5 anni chi scrive segue i lavori del Consiglio Superiore della Magistratura, il “parlamento” dei magistrati che viene troppo spesso utilizzato per regolare “conti” interni fra le toghe, pianificare carriere dei magistrati delle varie “correnti”, e troppo spesso ignorare gli esposti dei cittadini contro le angherie, abusi e soprusi di toghe che si sentono intoccabili ed infallibili, calpestando e disonorando le proprie toghe. Quelle stesse toghe per cui altri colleghi molto più seri, ed infatti dimenticabili, come Giovanni Falcone e Paolo Borsellino hanno sacrificato e perso la propria vita.
Ho assistito in questi anni a di tutto e di più, letto quintali di carte, ma sopratutto assistito a delle interminabili, a volte inutili, sedute del plenum, dove alcuni consiglieri passano le loro giornate a parlare a se stessi invece che ad altri magistrati e membri laici del Consiglio. Nelle ultime ore sui giornali sono usciti altri rigurgiti che sanno tanto di fogna, di vendette trasversali e sopratutto di ripicche personali. In un “Palazzo” la cui credibilità è stata già deflagrata dal “caso Palamara”, in cui il CSM si è illuso di riconquistare la propria verginità perduta in quel “bordello” che erano le riunioni nelle segrete stanze dell’ adiacente Hotel Champagne (dove si riunivano notte tempore alcuni magistrati con due politici, entrambi di sinistra: Luca Lotti e Cosimo Ferri) che causa Covid ha chiuso definitivamente la proprie attività.
E’ rimasto inascoltato anche l’appello del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ricopre anche la carica di Presidente del CSM, il quale dopo il “caso Palamara”, in un proprio discorso purtroppo inascoltato richiamò i magistrati al proprio decoro professionale e deontologico. Eppure sarebbe bastato poco a costringere i magistrati ed i membri laici (nominati dai partiti) che siedono nel parlamentino delle toghe, ad essere realmente indipendenti e trasparenti. Bastava rendere pubbliche in streaming video le sedute del Plenum della sezione disciplinare e sopratutto le sedute delle varie commissioni, dove chi vi ha partecipato ed oggi svolge altre cariche istituzionali racconta di un vero e proprio “mercato delle vacche“, dove “in nome delle proprie correnti si lanciano carriere ed a volte proteggono gli abusi della magistratura dalla toga sporca“, macchiata dagli interessi personali, e qualche volta si cerca di rovinare il percorso professionale di chi non si adegua a delle regole non scritte, che sembrano più simili ad una setta massonica deviata o a qualche mandamento mafioso.
Troppe pratiche “secretate”, troppi passaggi sottobanco o in buste spedite anonimamente alle redazioni degli organi di stampa, di dossier, troppi favoritismi e sopratutto troppe protezioni per cercare di tutelarsi a vicenda. Adesso ho capito cari lettori, perche il Csm ostacolava il lavoro indipendente di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Si accusava a suo tempo il povero Falcone di aver accettato di entrare nel “palazzo” della politica allorquando accolse l’invito del ministro Guardasigilli Claudio Martelli a seguirlo al ministero di via Arenula, mentre oggi quegli stressi magistrati, rigorosamente di sinistra, cambiano corrente parlando incredibilmente nei loro comunicati di politica.
“Un luogo escludente, autoreferenziale, assente dal dibattito politico reale, proteso ad una narrazione costantemente autoassolutoria degli eventi, opaco e ambiguo rispetto al progetto politico di Area e che seppellisce nel silenzio il dissenso interno“. Sono queste le dure parole utilizzate da 25 iscritti a Magistratura democratica, tra cui gli ex presidenti dell’Associazione nazionale magistrati Eugenio Albamonte e Luca Poniz, annunciarono il loro addio alla corrente moderata di sinistra per passare a quella più “rossa” ed estremista. Una rottura netta, quella che trapelava dal lungo documento firmato da quei magistrati che hanno scambiato le procure per l’ anticamera del Parlamento e del Senato, come alcuni loro predecessori.
Oggi La Repubblica rivela un altro scandalo interno al CSM, rivelando persino un altro “corvo” interno, Marcella Contrafatto una funzionaria storica del Consiglio superiore della magistratura compagna di un importante magistrato romano e fino a qualche giorno prima nella segreteria del consigliere Piercamillo Davigo, la quale distribuiva ai soliti giornalisti ritenuti “degni” di ricevere dossier scottanti, documentazioni da pubblicare. Bene ha fatto la collega Liana Milella a scrivere oggi ; “Faccio l’unica cosa che, in quei minuti, sento di dover fare. Una denuncia. Per aver ricevuto atti apparentemente giudiziari. In una forma che mi appare anomala e che potrebbe nascondere un depistaggio. È un passo che mi costa fatica e tormento interiore perché so bene che le fonti sono sacre. Ma lo sono se appartengono alla categoria delle fonti trasparenti. Mi stringo nelle spalle, e vado in procura. Racconto i fatti. Dopo essermi convinta che c’è un solo modo per garantire un’indagine, tenerla riservata. Chi ha inviato i verbali, promettendo di inviarne ancora, non ha lavorato per la giustizia, ma contro la giustizia.”
Dopo aver visto arrestare magistrati senza colpe per oscuri complotti di potere e dopo essere stato querelato da alcuni magistrati sinistrorsi di Area per intimorirmi, per mettermi a tacere ma senza riuscirvi, e dopo aver visto il collega Piero Sansonetti ed il suo quotidiano IL RIFORMISTA ricoperto da valanghe di querele e citazioni per danni, reo di aver scoperchiato non poche vergogne di questa magistratura “corrotta”, non ci resta altro da fare che chiederci se questa è realmente “la Giustizia amministrata in nome del popolo italiano“. Io a questo punto ho più di qualche serio ragionevole dubbio.
E’ arrivato il momento che il Paese, che il Parlamento che è eletto dal popolo italiano, che sono coloro che compongo lo Stato, si rendano conto che il “vaso” degli abusi di questa magistratura è stracolmo, esattamente come le fogne che esondano ed invadono le strade cittadini al primo scroscio di pioggia, ed è quindi arrivata l’ora di una seria riforma della giustizia. Ma di una Giustizia che diventi “giusta”, che riporti ai magistrati l’esclusivo compito di farla applicare, e non di interpretarla o adattarla ai propri interessi ed ideologie. Perchè la Legge è e deve restare “uguale per tutti“.