di Antonello de Gennaro
La Procura generale della Cassazione ha formulato una nuova, ulteriore, incolpazione disciplinare per Michele Emiliano, magistrato attualmente fuori ruolo, presidente della Regione Puglia e candidato alla segreteria Pd. Secondo il pg della Suprema Corte, titolare dell’azione disciplinare, Emiliano ha violato le norme dell’ordinamento giudiziario anche candidandosi alle prossime primarie del partito.
L’annuncio della nuova iniziativa a carico del governatore pugliese è stato dato in apertura del procedimento dal sostituto Pg della Cassazione Carmelo Sgroi ed relativa al fatto che Emiliano candidandosi alla segreteria del Pd, avrebbe di nuovo violato il divieto per i magistrati di iscriversi ai partiti politici. L’udienza odierna veniva da un rinvio precedente dovuto al cambio di difensore da parte dello sfidante di Matteo Renzi alla guida del Pd. Infatti in un primo momento Emiliano aveva nominato l’avvocato Aldo Loiodice. Successivamente ha affidato il mandato difensivo a un noto magistrato, il procuratore capo di Torino Armando Spataro, che in passato è stato anche consigliere del Csm.
La nuova contestazione è quella che il Procuratore Generale ha depositato qualche giorno fa e che va a integrare quelle per cui Emiliano è sotto procedimento davanti alla disciplinare del Csm: essere iscritto a un partito politico e svolgervi attività in modo sistematico e continuativo.
La contestazione suppletiva è stata illustrata in udienza a Palazzo dei Marescialli dal sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione Carmelo Sgroi.
“E’ stata fatta a garanzia dell’incolpato – ha detto Sgroj – e riguarda sia il tempo successivo alle precedenti incolpazioni, quindi fino ad oggi, sia la presentazione della candidatura a segretario nazionale del Pd, che per statuto presuppone l’iscrizione al partito” e che quindi candidandosi alla segreteria del Pd, Emiliano avrebbe di nuovo violato il divieto per i magistrati di iscriversi ai partiti politici. Si tratta della stessa accusa di cui Emiliano deve già rispondere per essere stato segretario e presidente del Pd della Puglia. “L’iniziativa è a garanzia dell’incolpato” ha detto Sgroi, mentre il procuratore capo di Torino Armando Spataro nuovo difensore di Michele Emiliano ha chiesto nel prenderne atto, il rinvio al termine previsto dalla legge. Rinvio all’ 8 maggio che consente ad Emiliano di continuare la sua corsa (inutile) alla segreteria del Pd.
Come avevamo promesso ed anticipato anche noi del Corriere del Giorno eravamo presenti questa mattina al Csm e come altri giornalisti e fotografi abbiamo effettuato delle fotografie avvalendoci del diritto di cronaca, che come sancito dal Consiglio di Stato, prevale sul diritto di privacy, ancor prima che Emiliano si opponesse alle riprese video e fotografiche, ed ottenesse il divieto di effettuarle, richiesto ed arrivato quindi tardivamente.
La difesa. Il procuratore di Torino Armando Spataro, che difende Emiliano, ha chiesto di poter convocare a deporre come testimoni nove magistrati che hanno scelto la politica (in gran parte con il Pd) e cioè i parlamentari Felice Casson, Doris Lo Moro, Stefano Dambruoso e Donatella Ferranti, presidente della Commissione Giustizia della Camera, l’ eurodeputata Caterina Chinnici, il ministro per i rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro, i sottosegretari Cosimo Ferri e Domenico Manzione e l’assessore della Regione Sicilia Vania Contrafatto, che hanno scelto la politica e che sono “in una posizione assimilabile a quella di Michele Emiliano“.
Opposizione dell’ accusa. Alla richiesta della difesa, si era opposto il sostituto pg della Cassazione Carmelo Sgroi, il quale ha contromotivato e replicato che l’oggetto del procedimento a Emiliano rientra in un “perimetro preciso”, mentre “su altre posizioni sono in corso accertamenti preliminari che hanno incidenza sulla posizione di Emiliano”. Dopo una breve camera di consiglio presieduta dal Vice Presidente del Csm, Giovanni Legnini la Sezione disciplinare ha respinto l’istanza della difesa per la convocazione di 9 testimoni tra magistrati che svolgono incarichi politici, giudicando “irrilevanti” le loro eventuali deposizioni.