E’ stata pubblica la Relazione sull’attività svolta e risultati conseguiti nel primo semestre del 2023 dalla Direzione Investigativa Antimafia , presentata dal Ministro dell’Interno, e relativa all’analisi sui fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso del I° semestre del 2023.
L’elaborato, rispetto alle versioni precedenti, è stato profondamente innovato nella struttura al fine di renderlo maggiormente fruibile alla lettura e consentire una più immediata e veloce consultazione. Nella medesima direzione è stata realizzata un’altra importante innovazione inserendo, a fianco della Relazione, anche una “Sintesi”, volta a cogliere in modo speditivo le linee essenziali del lavoro, lasciando comunque la possibilità di approfondire gli aspetti di dettaglio nella versione completa.
L’analisi degli elementi info-investigativi estratti dal patrimonio informativo della DIA restituisce uno scenario della criminalità organizzata italiana che conferma come le organizzazioni mafiose, da tempo avviate ad un processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti socio-economici ed alla vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, abbiano implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive. Lo dimostrano, da un lato, le numerose indagini di contrasto condotte nell’ambito dell’accaparramento da parte dei sodalizi mafiosi di appalti e servizi pubblici e, dall’altro, gli omicidi commessi in contesti di mafia, soprattutto nel territorio campano e pugliese, e i sequestri di armi effettuati anche in questo semestre.
In questo contesto, l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali, che con sempre maggiore frequenza utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social. Dagli esiti delle indagini concluse nel semestre emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, al livello transnazionale, continui comunque ad essere il traffico di sostanze stupefacenti, a volte gestito mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web soprattutto nella fase dello smercio. Questo aspetto di “internazionalizzazione” si manifesta a tutti i livelli, anche nell’attività di cessione al minuto, in qualche caso demandata a manovalanza straniera per compiti meramente “esecutivi”.
A livello strategico, questa propensione internazionale dei sodalizi si estrinseca con la capacità di stringere rapporti con i maggiori narcotrafficanti stranieri per attivare nuovi canali di approvvigionamento dei carichi di stupefacenti. Significativi anche i segnali dell’inserimento delle consorterie nella gestione degli enti pubblici che altera il buon andamento della pubblica Amministrazione. Al riguardo, non sono mancati, sebbene limitati a precise aree del meridione, anche nel semestre in rassegna i provvedimenti di scioglimento per infiltrazione mafiosa di 3 amministrazioni comunali in Sicilia, 2 in Calabria e 1 in Puglia, a dimostrazione di come sia ancora il contesto territoriale del meridione ad essere maggiormente permeabile.
La rete della ‘ndrangheta è sempre più vasta e fitta.
Le cosche calabresi hanno una crescente capacità di condizionare le istituzioni nelle regioni settentrionali e le loro operazioni nel mercato degli stupefacenti possono ormai contare su un sistema di basi che copre anche l’Africa subsahariana occidentale. È quanto emerge dall’ultima Relazione semestrale presentata dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) in Parlamento.
“Nel Nord, ma anche nel Centro Italia, la ‘ndrangheta cerca di insinuarsi sempre più nel mondo dell’economia e della finanza. Le numerose segnalazioni di operazioni sospette sono il riflesso di una modalità operativa che punta a riciclare e reimpiegare rilevanti quantità di denaro nelle aree più produttive del Paese”, si legge nel documento.
“La capacità di condizionamento nei confronti delle istituzioni non è’ più solo problema a carattere locale – riporta la Relazione – ma è una criticità ormai rivolta anche al Nord Italia, come testimoniato, negli ultimi anni, dallo scioglimento di diversi consigli comunali. Scioglimenti che in Calabria si concretizzano con elevata frequenza e che danno la misura della vulnerabilità delle amministrazioni locali che, all’esito di investigazioni giudiziarie, rivelano spesso la permeabilità degli organismi elettivi alla pressione criminale. La ‘ndrangheta ha dimostrato di saper intercettare opportunità e di approfittare delle criticità ambientali per trarne vantaggio, perseguendo una logica di massimizzazione dei profitti e orientando gli investimenti verso ambiti economici in forte sofferenza finanziaria“.
Un network criminale esteso in tutto il mondo
“La ‘ndrangheta, nata come ordine malavitoso di tipo rituale essenzialmente ed esclusivamente calabrese, da tempo ha oltrepassato i confini regionali, diventando un network criminale capace di agire con grande disinvoltura nei contesti più diversificati, con un’accentuata vocazione verso i comparti economici, finanziari ed imprenditoriali. La crescita esponenziale della delittuosità di tipo transnazionale, che trova nel narcotraffico l’espressione più immediata di guadagno illegale, ha dato un valore aggiunto macrocriminale alle cosche e ai locali presenti in Italia e all’estero“, è l’allarme lanciato dalla Dia.
“La disponibilità di ingenti capitali derivanti dal ruolo rilevante nel narcotraffico internazionale – spiegano gli investigatori della Dia – unita a una spiccata capacità di gestione dei diversi segmenti e snodi del traffico, hanno permesso alla ‘ndrangheta di consolidare rapporti con le più importanti organizzazioni criminali omologhe del Centro e del Sud America. Negli ultimi anni anche l’Africa occidentale è diventata per le cosche di ‘ndrangheta una tappa sempre più importante per i propri traffici. In particolare, la Costa d’Avorio, la Guinea-Bissau e il Ghana sono diventate cruciali basi logistiche per i narcos. A questi Paesi si aggiunge di recente anche la Libia. Analoghe considerazioni valgono per gli Stati Uniti ed il Canada, ove l’infiltrazione criminale della ‘ndrangheta appare oramai compiuta“.
Le alleanze criminali degli albanesi
A Roma i clan albanesi cresciuti all’ombra dei Casamonica ai Castelli Romani e del clan dei Casalesi ad Acilia, hanno fatto il salto. Ora nel contesto criminale intercontinentale si muovono come i “signori della droga”. L’escalation dei narcos del Paese delle Aquile e i loro forti legami con Roma e gli stessi Casamonica, è stata sottolineata ieri dagli investigatori della Dia, la Direzione investigativa antimafia, nel corso della presentazione alla Camera della prima relazione semestrale dell’attività per il 2023. Se un loro predominio nel settore degli stupefacenti nella Capitale è ormai assodato, preoccupano però anche i tentacoli di una nuova mafia, quella nigeriana. Si tratta di clan emergenti attestati soprattutto nelle periferie della città metropolitana ma pronti, coi loro canali autonomi di approvvigionamento della droga e i loro metodi sperimentali (ma ormai collaudati) di riciclaggio del denaro, ad accaparrarsi uno spicchio di cielo nel panorama della malavita romana e laziale.
Gli equilibri
Gli “emergenti”, tuttavia, e non solo i nigeriani, starebbero ben attenti a non entrare in collisione con chi continua a dimostrare di avere un ruolo cruciale nel muovere i delicati equilibri che coinvolgono la gestione della miriade di piazze di spaccio dal centro alla periferia, su cui pesa, da sempre, l’influenza del cnal camorristico dei Senese. Equilibri a volte rinsaldati a suon di piombo, visto che il territorio romano è talmente vasto che “nessuno riesce ad averne un controllo incontrastato“. Come i Casamonica ed i cugini Spada erano partiti effettuando il “recupero crediti” per i boss della Magliana, così gli albanesi, con gli stessi metodi duri e violenti, si sono fatti largo tra i gruppi autoctoni della mala romana e i loro referenti “eccellenti“.
Il rapporto della Dia, illustrato ieri dal direttore, generale Mario Carbone e dal colonnello Mario Conio, capo del centro operativo di Roma, sottolinea come “allo stato attuale la presenza dei Casamonica risulta ormai radicata nelle aree inserite nel quadrante sud-est di Roma, che si estendono da Porta Furba alla Tuscolana, dalla Romanina all’Anagnina, fino a Spinaceto, Frascati, Grottaferrata, Monte Compatri e, per il tramite della parentela con gli Spada, fino al litorale di Ostia“. In merito ai narcos albanesi di cui viene evidenziata l’alta pericolosità, si legge che “hanno instaurato rapporti stabili con i trafficanti di droga in ogni parte del pianeta”, sfruttando la fitta presenza di loro pedine nei principali porti, come Amburgo, Anversa e Rotterdam, finanche emissari nelle foreste colombiane e in Ecuador, gli unici a trattare direttamente con i fornitori, alla stregua della ‘ndrangheta, così riuscendo a trattare “ingenti quantitativi di stupefacenti a prezzi competitivi”. Proprio alla mafia calabrese i clan più potenti si rifanno in quanto a organizzazione e sistema di affiliazione, “con regole rigorose e saldi legami familiari”.
Gli affari in criptovalute
Eye, Black Axe, Viking, Maphite, sono i nomi delle confraternite universitarie i cui modelli associativi sono stati importati in Europa e nel Lazio nell’involuzione criminale della mafia nigeriana. Sfruttamento della prostituzione, tratta di esseri umani, immigrazione illegale, spaccio di stupefacenti ma anche le frodi informatiche e il riciclaggio, i business caratterizzanti. I clan presentano una struttura “multilivello” il cui strato più basso è costituita dalla manovalanza dello spaccio al dettaglio. Ma per comunicare con la madrepatria adottano strategie paramilitari, riti di affiliazione con tratti esoterici e codici di comportamento. “Secret cults” che utilizzano per il flusso del denaro il cosiddetto sistema “hawala“: canali finanziari e modelli di brokeraggio basati su indicazioni orali, nulla di scritto insomma. Oppure pattuito nel dark web o con criptovalute.
La presenza nell’ economia inquinata
Più in generale, la coesistenza di più interessi criminali nella Capitale, incalzano gli investigatori della Dia provenienti dai migliori operativi” di Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia di Stato riuniti e coordinati per il contrasto alla criminalità organizzata di stampo mafioso, è di assoluto rilievo “per pericolosità economica e sociale”, facendo ricorso a “collaudate e sofisticate attività di riciclaggio, evasione ed elusione fiscale, con un forte impatto soprattutto nei settori della ristorazione, delle bevande e delle strutture alberghiere e turistiche”. Dopo la Lombardia IL Lazio è la seconda regione per operazioni sospette (8.295 nel semestre, di cui ben 7.375, nella sola città di Roma). Venti le interdittive antimafia emesse nello stesso periodo su Roma e riguardanti attività di autotrasporto, vendita e noleggio auto, turismo e ristorazione
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