Il commissario dell’ILVA all’epoca dei fatti Enrico Bondi, e l’attuale commissario Piero Gnudi sono finiti nelle indagini della Procura di Tarano, venendo indagati per “getto pericoloso di cose” e “gestione non autorizzata dei rifiuti” relativamente alla discarica “Mater Gratiae” che si trova nel perimetro dello stabilimento siderurgico dell’ ILVA di Taranto, dopo essere stata autorizzata dal Governo con una “norma ad hoc” inserita nella legge sulla pubblica amministrazione varata nel 2013. L’inchiesta ha origine da un’informativa che la Guardia di Finanza di Taranto ha consegnato alcuni mesi fa. alla Magistratura di Taranto .
All’epoca dei fatti furono Bondi e l’allora sub commissario Edo Ronchi ad indicare al Governo la necessità di sbloccare la situazione delle discariche, in quanto i procedimenti autorizzativi erano “bloccati” da diversi anni. I commissari dell’ ILVA, segnalarono di avere necessità di utilizzo delle discariche sia per smaltire i propri rifiuti provenienti dalla lavorazione industriale, ed anche per non dover portare gli stessi rifiuti presso discariche esterne, dovendo poi affrontare ulteriori nuovi costi, in considerazione della circostanza ben nota che in quel periodo i siti del siderurgico avevano ormai raggiunto il limite della capienza.
Bondi è stato in carica come commissario dell’ ILVA solo per un anno, a partire dal giugno 2013, quando l’azienda di proprietà del Gruppo Riva venne commissariata dal Governo Letta, l’anno dopo, quindi nel 2014. Gnudi è subentrato nell’incarico ministeriale-governativo, per poi essere a gennaio 2015 quando l’ ILVA è stata dichiarata in “amministrazione straordinaria” dal Governo.
La Procura di Taranto guidata dal procuratore Franco Sebastio, dall’aggiunto Pietro Argentino e dai sostituti Giovanna Cannarile, Mariano Buccoliero e Remo Epifani sta indagando nonostante Pietro Gnudi abbia l’ “immunità penale” attribuita per decreto dal Governo Renzi e controfirmata dal Presidente della Repubblica, al commissario straordinario ed agli incaricati nell’attuazione del piano ambientale previsto dall’Autorizzazione integrata ambientale del marzo 2014. Peraltro un articolo dell’ultimo decreto “salva Ilva” del Governo Renzi , prevede che “le condotte poste in essere in attuazione del Piano di cui al periodo precedente non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro”. E meno male che “lo stato contro lo Stato” era secondo il Procuratore Sebastio solo una visione giornalistica distorta… !
L’ufficio del Gip del Tribunale di Taranto ha concesso quindi alla Procura una proroga di sei mesi per svolgere ulteriori accertamenti necessari per approfondire ed accertare le eventuali responsabilità nella nuova indagini dell’inchiesta. Attualmente sono stati iscritti nel registro degli indagati anche l’ex direttore dello stabilimento siderurgico di Taranto, Antonio Lupoli, e l’attuale direttore Ruggiero Cola.
Dai vertici ILVA non trapela alcun commento sulla vicenda, ma si manifesta solo ampia fiducia verso l’accertamento della verità. Infatti ambienti dell’azienda in amministrazione straordinaria, spiegano che è stata chiesta una proroga di 6 mesi delle indagini, prevista dal Codice di Procedura Penale, e previa autorizzazione del GIP, circostanza questa che conferma la volontà dei magistrati tarantini di accertare “esattamente” eventuali responsabilità penali nella vicenda prima di arrivare a delle conclusioni affrettate. E con il rischio che qualche altro Tribunale superiore smonti le indagini della Procura di Taranto, come già accaduto in passato non poche volte.
La discarica “Mater Gratiae” era già stata coinvolta nell’inchiesta poi confluita nel processo “Ambiente Svenduto” che si svolgerà in Corte d’ Assise il 20 ottobre prossimo, salvo colpi di scena…. . Per questa vicenda processuale, venne arrestato nel maggio 2013 il presidente della Provincia di Taranto (all’epoca dei fatti) , Gianni Florido, esponente della componente della CISL interna al Pd unitamente all’ex assessore provinciale all’Ambiente, Michele Conserva, in quanto la Procura tarantina sostenne che Florido e Conserva avrebbero esercitato delle pressioni indebite nei confronti dei dirigenti dell’assessorato all’ Ambiente affinchè venissero rilasciate all’ILVA le autorizzazioni alla discarica “Mater Gratiae” che in precedenza erano state negate. Florido (assistito dall’ avvocato Carlo Petrone del Foro di Taranto) sostenne nel suo interrogatorio, di non aver condizionato nulla, ma di aver chiesto ai dirigenti dell’ente esclusivamente di esprimersi, a favore o contro, sulla richiesta di autorizzazione dell’ ILVA in quanto un immobilismo e la mancata decisione avrebbero potuto esporre l’ente a contenziosi da parte dell’azienda.
Florido in conseguenza dell’arresto, si dimise dalla presidenza e quindi il Consiglio provinciale successivamente si sciolse con la nomina di un commissario. Sia Gianni Florido che Conserva successivamente sono stati rinviati a giudizio insieme ad altri 42 imputati tra cui compaiono Nichi Vendola l’ex presidente della Regione Puglia, l’attuale Sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno, l’ex presidente dell’ ILVA, Bruno Ferrante, Nicola e Fabio Riva (figli di Emilio “patron” del Gruppo Riva, successivamente deceduto) , gli ex direttori di stabilimento Luigi Capogrosso e Adolfo Buffo.
Per ironia della sorte, il 20 novembre 2014 il collegio composto dai giudici Fulvia Misserini, Alessandro Romano ed Elvia Di Roma del Tribunale di Taranto ha condannato Luigi Romandini (come ha raccontato e documentato solo il CORRIERE DEL GIORNO – vedi QUI ) il dirigente della Provincia di Taranto, che all’epoca dei fatti veniva indicato come una sorta di “eroe” senza paura, quando era il dirigente all’ambiente della Provincia di Taranto e dal quale, secondo il GIP Patrizia Todisco, “Florido, Specchia e Conserva pretendevano l’emissione delle autorizzazioni in assenza dei requisiti normativi contrastando per tal modo il suo agire, orientato all’approfondimento delle varie questioni e alla valutazione dell’esistenza delle condizioni di legge”, ha condannato proprio Romandini , accusato dalla Procura della Repubblica di Taranto, di aver “intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio economico” all’imprenditore Vito Fasano (condannato a 3 anni e 4 mesi di reclusione)oggi 84enne, napoletano trapiantato a Taranto molti anni fa, in qualità di rappresentante legale della RARE srl società che, secondo il dr. Pietro Argentino procuratore aggiunto della Procura di Taranto, avrebbe effettuato a suo tempo “attività di raccolta recupero e smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi costituiti da materiale edile, da scavo ferroso, sabbia e fresato stradale per un quantitativo superiore a 85mila tonnellate in mancanza della prescritta autorizzazione” ottenendo in tal modo previa presentazione di documentazione “taroccata” alla Provincia di Taranto, un illecito vantaggio economico.