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2 Settembre 2024 17:21
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Dieci anni fa moriva il presidente Cossiga “il picconatore”

La missione costante che emerge nell’attività politica di Francesco Cossiga è la difesa dell’interesse nazionale, che per essere perseguita ha bisogno di rappresentanti con il senso dello Stato, chiamati a svolgere funzioni istituzionali dopo avere maturato una serie di competenze. Non si può dimenticare la sua illuminante capacità di analisi e previsione, quell’ intuizione mentale continua che gli consentiva di prevedere un futuro, seppure lontanissimo. Cossiga già prevedeva come sarebbe stato il mondo di oggi, anche se erano pochi coloro in grado di dargliene atto.

di Antonello de Gennaro

Era il 17 agosto 2010 quando il nostro amato ed indimenticabile presidente Francesco Cossiga chiuse per l’ultima volta i suoi occhi, lasciando un segno indelebile ed indimenticabile nella politica italiana.

Francesco Cossiga nasce a Sassari il 26 luglio 1928, si diploma al classico a 16 anni, si laurea in giurisprudenza a 20, diventando prima libero docente di diritto pubblico e poi professore di diritto costituzionale regionale all’Università di Sassari. Da giovanissimo aderisce alla Dc e capeggia la rivolta dei “giovani turchi” che il 19 marzo 1956 conquista inaspettatamente il partito della sua provincia, sconfiggendo Antonio Segni, uno dei leader nazionali dello scudo crociato.

da sinistra Aldo Moro, il suo braccio destro Nicola Rana e Giuseppe Cossiga

Nel 1958 viene eletto deputato e nel 1966 sottosegretario alla Difesa nel III governo guidato da Aldo Moro, che ne apprezza le doti e lo valorizza. Nell’occasione si occupa del Piano Solo e della trasformazione del SIFAR in SID.

Cossiga è stato ministro dell’Interno durante quei drammatici giorni del rapimento e poi omicidio di Aldo Moro da parte dell Brigate Rosse. Poi presidente del Consiglio dei ministri, presidente del Senato della Repubblica, arrivando a ricoprire il più alto incarico istituzionale dello Stato, diventando Presidente della Repubblica, eletto al primo scrutinio con la cifra record di 752 voti su 977 votanti.

da sinistra Giuseppe Cossiga ed Aldo Moro

Da “presidente notaio“, Cossiga viene ricordato per essere stato il “presidente picconatore” interpretando il suo ruolo di Capo dello Stato unico per le sue caratteristiche nella storia della nostra Repubblica, fuori dagli schemi tradizionali, differente il suo stile da quello dei predecessori e successori.

Sono passati dieci anni dalla morte di Francesco Cossiga, maestro prezioso a cui non mi permisi mai di dare di dare del tu (come òlui mi chiese più volte, e che per me restò sempre ‘il presidente’, anzi ‘il mio presidente’ come mi piaceva chiamarlo quando mi telefonava per parlare dei nuovi computers Apple, che era una delle sue passioni segrete, chiedendomi di accompagnarlo in un negozio di via Flaminia che era un pò la sua Disneyland informatica.

Cossiga non c’è più, e, oggi più di ieri, non si può dimenticare la sua illuminante capacità di analisi e previsione, quell’ intuizione mentale continua che gli consentiva di prevedere un futuro, seppure lontanissimo. Cossiga già prevedeva come sarebbe stato il mondo di oggi, anche se erano pochi coloro in grado di dargliene atto.

“Il Brigadiere a titolo onorifico dell’Arma dei carabinieri Francesco Cossiga non era un conformista, non si allineava al pensiero unico e tantomeno al politically correct e restano indimenticabili alcune sue dichiarazioni e apparizioni tv. ‘Facevo il matto per farmi ascoltare dal mondo politico’ raccontò in un libro’”, dice Giorgia Meloni, leader di Fdi, ricordando Francesco Cossiga.Lui è stato un capo dello Stato unico nel suo genere, fuori dagli schemi fino a quel momento conosciuti, diverso dai suoi predecessori e dai suoi successori. A Cossiga -conclude – va riconosciuto di aver difeso con forza e amore le istituzioni e, semmai, ha picconato giustamente la cattiva politica con coraggio e sottile ironia”.

Fui io a portare il giudice Giovanni Falcone all’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Una mattina alle 8 Cossiga aprì la porta e si trovò dietro la porta me e Falcone. Il magistrato era molto amareggiato per la mancata nomina a giudice istruttore ma anche al Csm e voleva andare all’Onu, a Vienna, ma Cossiga lo fermò e gli disse che si doveva prima occupare del maxiprocesso”.

A raccontare l’aneddoto all’agenzia Adnkronos è l’ex ministro democristiano Calogero Mannino, ricordando l’ex Capo dello Stato Francesco Cossiga alla vigilia dell’anniversario della sua scomparsa. “Cossiga – racconta Manninofu il vero artefice della nomina di Giovanni Falcone agli Affari penali al Ministero della Giustizia. Pur rendendo onore a Claudio Martelli, a cui va riconosciuta la nomina, fu un pensiero di Cossiga, una proposta dell’ex ministro della Giustizia Giuliano Vassalli che era, però, alla fine del suo mandato perché venne nominato giudice costituzionale”.

“Cossiga è stato un personaggio scomodo sia con gli amici che con gli avversari, capace di grande generosità e di incredibili scene di ira. Il suo carattere era tutt’altro che facile.. Però è stato una personalità capace di leggere il segno dei tempi prima degli altri”. Ha detto l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini ricordando Cossiga. “Visto con gli occhi di oggi – aggiunge Casini – è stato l’uomo politico della Dc che ha capito prima di tutti le conseguenze della svolta epocale che stava avvenendo con la caduta del muro di Berlino e dell’Unione sovietica. Ha capito che nel momento della maggiore vittoria politica della Dc rischiavano di venirne fatalmente meno le condizioni dell’egemonia nella società italiana”. “Un paradosso, quello della Dc che ha dovuto abbandonare il campo (e non l’ha abbandonato per Tangentopoli) per esaurimento dell’obiettivo che aveva raggiunto. Mentre noi festeggiavamo Cossiga diventava sempre più preoccupato e ha cercato in qualche modo di prevenire la fine della Dc con le sue picconate ma non è stato assecondato da nessuno”, continua Casini.

Poi, l’ex presidente della Camera, pupillo di Arnaldo Forlani, ricorda un episodio: “Cossiga ha sempre raccontato del mio invito al Crest Hotel a Bologna per fare il primo discorso pubblico dopo le sue dimissioni da ministro dell’Interno, rompendo il silenzio in cui si era ritirato e in una città che aveva visto la scritta ‘Kossiga’ sui muri (lui aveva mandato blindati per l’ordine pubblico). La storia di Cossiga è piena di ferite, ma anche di grandi intuizioni e generosità”, conclude l’ex presidente della Camera.

“Di mio padre ho ricordi allegri, così come ricordi tristi, ma il Cossiga politico io non lo conosco, non c’ho avuto molto a che fare, non sono un ‘cossigologo’. Ricordo, però, che ha mandato al diavolo De Mita ma mai Andreotti, ricorda Giuseppe Cossiga figlio del Presidente emerito. Una figura, quella di Francesco Cossiga, che ha sempre diviso, “ma io, in questo senso, mi colloco nel limbo del completo disinteresse”, evidenzia il figlio di Cossiga, “nel senso che non so dire se è stato una grande presidente della Repubblica o un pessimo ministro dell’Interno, so solo che è stato mio padre, quindi ai posteri l’ardua sentenza, però io non faccio parte né dei denigratori né degli adulatori, non di mio padre”.

“Non è mai stato un notaio né una persona facile da capire – prosegue -, in più, com’è noto, era bipolare, lo diceva anche lui, e quindi è ovvio che anche quello che ha fatto o non ha fatto venga percepito in maniera diversa, e siccome siamo una democrazia ognuno si fa un’idea ed emette un giudizio”. Quanto al nome di Cossiga scritto con la K sui muri negli anni ’70, il figlio Giuseppe non ha dubbi: “Beh, lui mandava i Carabinieri coi blindati a fare gli sgomberi, quindi per quei giovani era un nazista, e il suo nome scritto anche con la doppia esse delle SS naziste era divertente, tanto che mia sorella ha fatto anche una mostra su quelle foto”.

La missione costante che emerge nell’attività politica di Francesco Cossiga è la difesa dell’interesse nazionale, che per essere perseguita ha bisogno di rappresentanti con il senso dello Stato, chiamati a svolgere funzioni istituzionali dopo avere maturato una serie di competenze.

Il suo è stato un messaggio per tutti noi ma soprattutto per le giovani generazioni. Infatti, nelle dimissioni da Presidente della Repubblica ricordava: “Ai giovani voglio dire di amare la Patria, di onorare la Nazione, di servire la Repubblica, di credere nella libertà e di credere nel nostro Paese”.

È un invito ad affidarsi alla democrazia quanto mai attuale, perché la democrazia non è solo la meno imperfetta forma di governo, ma anche la meno imperfetta forma di giustizia sociale. E non a caso Cossiga sosteneva che “Questa è la ricetta democratica: spegnere la fiamma prima che divampi l’incendio”. Con le sue parole ci stava mettendo in guardia su quanto potrebbe presto accadere. Ed è accaduto.

Impossibile non ricordarlo. E capire quanto mi manchino le sue telefonate, e quanto manchi allo Stato italiano un uomo ed un politico come lui. Ciao Presidente.

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Grazie, Antonello de Gennaro

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