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21 Novembre 2024 13:47

Donald Trump è il 45° presidente Usa. L’America lo ha scelto ed eletto

SPECIALE ELEZIONI. Hillary Clinton telefona al vincitore "Hai vinto, congratulazioni. Adesso lavoriamo insieme per il bene del Paese". Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell'unione. Nel suo primo discorso Trump dice: "Dobbiamo collaborare, lavorare insieme e riunire la nostra grande nazione. I dimenticati di questo Paese, da oggi non lo saranno più". Il Crollo delle Borse, affondano Tokyo e Hong Kong,

Dopo Barack Obama sarà Donald Trump il 45esimo presidente degli Stati Uniti, il nuovo “inquilino” chiamato a sedersi nello studio ovale della Casa Bianca, a capo della superpotenza americana. Hillary Clinton alle due del mattino, quando nella suite dell’Hotel Peninsula di Manhattan,  dove aspettava i risultati delle elezioni presidenziali, ha capito la realtà. La prima donna alla Casa Bianca non sarà lei.  Ha telefonato all’avversario e non ha parlato ai suoi sostenitori, lo farà più tardi  (nelle ore del pomeriggio in Italia). “Andate a casa, non avremo niente da dire stasera” ha detto a suo posto John Podesta, il manager della sua campagna aggiungendo “Questa è stata una lunga notte, dopo una lunga campagna. Quindi possiamo aspettare ancora un po’, per garantire che tutti i voti vengano contati. Siamo orgogliosi della strada che abbiamo percorso insieme, e siamo orgogliosi di voi. Abbiamo fatto insieme un grande lavoro, e ancora non lo abbiamo finito” .

Che i repubblicani dovessero conquistare la Casa Bianca, dopo otto anni di governo democratico, era plausibile. E, in fondo, anche sano e fisiologico. Che dovessero conquistarla con un candidato così poco rappresentativo della loro storia e dei loro valori, questo è il lato implausibile della faccenda. Il consenso di Donald Trump è stato ottenuto soprattutto negli stati industriali, e la sua vittoria va riconosciuta come fortemente radicata in questo scontento del mondo del lavoro, del declino della classe media americana.

Non è irrilevante affermare con chiarezza queste cose in queste prime ore della vittoria di Donald Trump. L’evento accaduto questa notte è di proporzioni storiche. Il successo del Tycoon costituisce l’esplosione del sistema dei partiti americani – quello democratico che ha perso voti della sua tradizionale base sociale, e quello repubblicano che sulla base del calcolo di interessi della sua tradizionale base ha preso le distanze da Trump. Ed è significativo che il nuovo presidente arrivi a Washington, nello studio ovale della Casa Bianca, sostenuto da un voto che mette al centro proprio quel mondo del lavoro che in questi anni è stato sottovalutato dai partiti tradizionali , accantonato, se non incredibilmente abbandonato.

CdG donald trump

Se si guarda alla mappa elettorale americana, fa notare in queste ore il celebre sito di analisi politica Fivethirtyeight, fondato da Nate Silver, la lista degli stati dove Donald Trump ha vinto è perfettamente sovrapponibile con quella identificata da David Autor l’economista del Mit  come la mappa degli stati dove maggiore è stato l’impatto delle importazioni cinesi – impatto stimato nella perdita di 2 milioni di lavoro tra il 1999 e il 2011.

“Io non sono un politico. I politici parlano ma non agiscono. Io sono il contrario” disse all’inizio della corsa presidenziale. Mai come questa volta si può parlare di un “self made president”. Si è fatto da sé come imprenditore di successo – dai borough del Queens alla Trump Tower della Manhattan più glamour – tanto ricco quanto discusso. Si è conquistato da solo la presidenza degli Stati Uniti, spazzando via tutto e tutti: non aveva al suo fianco l’establishment del Partito Repubblicano, mai così freddo con un suo candidato, tentato addirittura di abbandonarlo nel corso della campagna.

Non ha mai avuto al suo fianco la stampa, ostile al punto di demonizzarlo tanto in patria quanto all’estero. Non ha avuto il sostegno delle cancellerie estere e degli operatori finanziari internazionali, che salvo rare eccezioni hanno sostenuto la corsa di Hillary Clinton. Ha fatto a meno della spinta dei vip americani, attivissimi negli endorsement a favore dell’ex first lady per tutta la durata della campagna elettorale e fino all’ultimo giorno. Non ha potuto contare sul presidente uscente Barack Obama e anche questa si è rivelata un’arma a suo favore, perché ormai gli Usa hanno voltato le spalle all’esperienza democratica.

CdF trump power

La vittoria di Trump fa letteralmente saltare il banco. Ha smentito le previsioni dei sondaggisti, che lo hanno visto sempre indietro, pur registrando una rimonta nelle ultime settimane, a dimostrazione ancora una volta dell’incapacità dei sondaggi di leggere fino in fondo gli umori della gente, negli Stati Uniti come altrove in passato. Ha cancellato mesi di campagna attiva della stampa americana e internazionale, mai così schierata in una corsa presidenziale e mai così compatta a sostegno di Hillary Clinton: solo 2 testate statunitense si sono schierate con il candidato repubblicano, contro 57 esplicitamente al fianco della candidata democratica, il numero di endorsement più basso per un candidato nella storia americana. Anche per la stampa sorge un interrogativo quasi esistenziale sulla capacità di analisi del sentiment popolare, sulla lettura del malcontento delle aree rurali, delle zone industriali, della working class sempre più impoverita e ansiosa di cambiamento.

Il trionfo di The Donald è una sconfitta cocente per Hillary Clinton, che si è rivelata un candidato debole e poco amato. Si dice negli Usa che per vincere un candidato deve essere empatico, deve risultare simpatico e vicino alla gente: questo non è mai riuscito a Hillary, ma non è solo questo. Hillary è stata considerata come il vecchio, la continuità, l’establishment, è stata considerata Clinton III, esponente della Dynasty che ha già eletto due volte il marito Bill. La sua sconfitta è anche e soprattutto il fallimento politico di Barack Obama e della sua avventura politica nata sotto il segno del “change”. Un cambiamento che diede la vittoria all’outsider del 2008, ma che l’America profonda (e non solo) non ha visto nelle proprie tasche e non immagina nel proprio futuro.

IL PRIMO DISCORSO

schermata-2016-11-09-alle-12-32-23Già nel suo primo discorso di ringraziamento, Trump ha usato i toni più morbidi della conciliazione nazionale. Una sola sicurezza esiste però fin da ora. La fuoriuscita del consenso dai partiti tradizionali è un fenomeno già in corso nei vari paesi europei, compreso l’Italia, ma il voto americano vi inserisce un segno in più: la vittoria di Donald Trump è la prima affermazione di un movimento antisistema americano che porta un suo leader al vertice. È un voto che istituzionalizza nel punto più alto del sistema il rifiuto del sistema stesso.

“Per repubblicani e democratici è arrivato il tempo dell’unione – ha detto Trump nel suo primo discorso dopo i risultati – La nostra non è stata una campagna elettorale, ma un grande movimento“. Emozionato, è salito con la famiglia al completo sul palco , accanto a lui sua moglie Melania, la nuova “First Lady” vestita di bianco, e tutti i figli. Come colonna sonora è stata scelta la musica di Independence Day. “Prometto che sarò il presidente di tutti gli americani. Ve lo prometto: i dimenticati di questo Paese, da oggi non lo saranno più“.

CdG Hillary Cinton

 “Ho appena ricevuto una telefonata da Hillary Clinton, vorrei farle le mie congratulazioni, ha combattuto con tutta se stessa. Ha lavorato sodo e le dobbiamo una grande gratitudine” ha detto Trump. Il vincitore delle elezioni presidenziali ha poi teso la mano ai democratici (“è il momento di unirci e superare le divisioni”) assicurando di voler “buoni rapporti con l’estero” e che “saremo giusti con tutti i popoli e le nazioni”. Infine un passaggio sull’economia: “Raddoppieremo la crescita e saremo l’economia più forte al mondo“.

cdG trump_melania_pressParla di un America da curare, di infrastrutture da ricostruire, della creazione di migliaia di posti di lavoro, di veterani di cui occuparsi. “Abbiamo un piano economico incredibile: raddoppieremo la crescita e creeremo più forte economia del mondo. Non c’è nessun sogno troppo grande, nessuna sfida troppo grande che possa mettere in pericolo il nostro futuro. Dobbiamo riprenderci il destino del nostro Paese. Dobbiamo avere sogni di successo“. Sulla politica estera dice semplicemente “andremo d’accordo con tutti, cercheremo il dialogo”.

CdG trump discorsoRaffica di ringraziamenti anche per Rudolph Giuliani (ex sindaco di New York) ed altri componenti della sua campagna elettorale.Poi quelli per i servizi segreti, di sicurezza, le forze di polizia, insomma le parti della “difesa” e delle forze armate americane. “Inizieremo subito a lavorare per il popolo americano. Il mio lavoro vi renderà fieri di me ancora. Adoro questo Paese, grazie a tutti!” . Poi ringrazia i suoi genitori “due bravissime persone”, le sorelle, i fratelli, la moglie Melania, il figlio, Ivanka e tutti gli altri componenti accanto a lui . “I love you” ha concluso.

E stata una lunga difficile notte per i democratici americani. Dopo poche macchie blu apparse sui contorni della mappa americana, sin dalle prime ore dello spoglio elettorale,  si è colorato tutto di rosso repubblicano. Un pezzo dopo l’altro. Stato dopo Stato. L’Empire State Building come un enorme schermo proiettava numeri che da incredibili  diventavano velocemente indiscutibili. Le persone per le strade, dietro le transenne, davanti alle tv nelle case, incredule con gli occhi sbarrati sui monitor dei propri smartphone. Blu, rosso, i volti di Hillary Clinton e Donald Trump nelle spillette delle persone che assistevano allo spoglio in diretta del loro futuro.

È una notte meravigliosa. È una notte fantastica per l’America – ha detto Curtis Ellis, alto consigliere di Trump quando già era chiara la vittoria –  È una notte grandiosa per tutta la gente del mondo“, e le persone iniziavano a defluire dalle piazze. Dopo aver assistito a un’estenuante campagna elettorale piena di veleni, polemiche e colpi bassi, circa 220 milioni di aventi diritto sono stati chiamati prima a scegliere, poi aspettare il nome del 45esimo presidente degli Stati Uniti.

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L’ONDA POPULISTA 

Ora si discuterà di quanto era debole Hillary Clinton come candidata, degli errori commessi durante la campagna elettorale, dell’impatto della lettera con cui il direttore dell’Fbi Comey aveva annunciato di aver riaperto l’inchiesta sulle mail private usate quando lei era segretario di Stato. Tutto vero, ma la vittoria di Trump è stata determinata da un vento più grande degli stessi Stati Uniti, che aveva cominciato a soffiare con la Brexit in Gran Bretagna, e ora ha raggiunto anche le coste degli Usa. Una rivoluzione populista, magari venata anche di pulsioni razziste, che però con l’ingresso di Donald Trump alla Casa Bianca diventa il fenomeno politico dominante dell’Occidente.

Hillary Clinton ha vinto nel Vermont, Delaware, Illinois, Maryland, Massachusetts, New Jersey, Rhode Island, District of Columbia, New Mexico, ma fino allo Stato di New York, ha raccolto soltanto briciole. Anche i sostenitori con il passare delle ore diventavano sempre più cauti. “Comunque vada l’America resta una grande nazione. Domani mattina sorgerà lo stesso il sole “ha detto Barack Obama. La stessa Hillary ha twittato in anticipo un “qualsiasi cosa accada, grazie lo stesso“. Poi sono arrivati i consensi della Virginia, California, Oregon, Hawaii e Colorado. Ma non è bastato. Il Nevada o il Maine non hanno fatto differenza e determinato alcunchè.

CdG mappa voto USA

Il consenso per Donal Trump è diventato un’onda rossa. Si è aggiudicato Oklahoma, Mississippi e Tennessee, Alabama e South Carolina. Poco dopo Arkansas, Nebraska, South e North Dakota, Wyoming e Texas. Il New York Times  a metà notte, per la prima volta ha cambiato le proiezioni dandolo per vincente al 58 per cento.

CdG Donal e Ivanka TrumpDonald Trump è sempre stato avanti nella corsa per la Casa Bianca mentre erano restati Michigan, New Hampshire e Wisconsin a restare in  bilico, ma  fino ad aggiudicarsi i 279 grandi elettori (i delegati che il 19 dicembre  eleggeranno formalmente  il nuovo presidente americano), ben 9 in più dei necessari a conquistare la presidenze, lasciandosi dietro  Hillary a contare i suoi 218.

Un giornalista inviato del quotidiano francese Liberation, presente nel cuore di una città tradizionalmente democratica, ha catturato le parole di una ragazza, mentre parlava al telefono con la sorella: “È una follia” il suo commento. Ed  il cronista francese continua:  “La folla è muta non osa parlare” . Times square, New York, era avvolta nel silenzio.

Trump ha trionfato nelle aree del Paese a forte presenza di elettori bianchi, facendo molto meglio di Mitt Romney quando  quattro anni fa venne sconfitto da Barack Obama. Hillary Clinton non è riuscita ad attirare i voti delle minoranze, cioè di quella parte dell’elettorato che furono la chiave dei successi del presidente uscente, ha scritto  il Washington Post.

CdG elettori americaniI repubblicani hanno confermato il controllo della House of Representative, secondo quanto  previsto, anche se la maggioranza si è ridotta. Il Grand Old Party avrebbe 235 seggi contro i 247 delle precedenti elezioni del 2014; i democratici che ne avevano 185 sarebbero saliti a quota 200. I repubblicani hanno strappato ai democratici la Camera sin dal 2010. Ancora in bilico il Senato, dove sono in ballo 35 seggi su 100.

MERCATI A PICCO   

I mercati hanno reagito alla vittoria di Trump con un crollo generalizzato, soprattutto perché lui rappresenta un’incognita. Il suo programma economico infatti è rimasto vago, forse di proposito, a parte la determinazione di tagliare tasse e regole. Sul piano internazionale, poi, il tycoon ha messo in dubbio il futuro della Nato e ha previsto che l’Unione Europea continuerà a disintegrarsi, dopo l’uscita della Gran Bretagna. Tutto questo preoccupa la comunità internazionale, ma lo ha reso ancora più popolare fra i suoi sostenitori, stanchi come lui di vedere che “gli Stati Uniti non vincono più“, e pagano per la difesa e gli interessi di tutti gli altri.

Il trionfo temuto di Donald Trump è stata una zampata sull’economia mondiale. Il pesos messicano , cioè la moneta del Paese, costante obiettivo degli attacchi di  Trump, dalle accuse ai migranti bollati come criminali e al progetto di costruire un muro lungo il confine) ha perso il 5%. La Borsa di Tokyo, innervosita dall’andamento del voto, ha visto l’indice Nikkey, a metà seduta, cedere il 2,2% a quota 16.788,90. Il Giappone e i mercati asiatici temono molto la vittoria di Trump che tra i suoi obiettivi ha l’abolizione del trattato di libero scambio Ttp (Trans Pacific Partenership) firmato nel 2015 tra gli Usa e 12 Stati del pacifico. Tristezza e anche qualche lacrima tra i supporter di Hillary Clinton al quartier generale democratico a New York.

 

 

LA RIVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO 

L’ultima chiave della vittoria di Trump è stata certamente nel linguaggio, diretto e anche offensivo. La sfida alla “correttezza politica“, che per i suoi sostenitori è solo ipocrisia, usata per mascherare le politiche che li danneggiano. Gli hanno perdonato tutto, incluse le registrazioni in cui diceva di poter prendere le donne come voleva, confermando che se fosse sceso nella Fifth Avenue e avesse sparato a qualcuno, non avrebbe persone neppure un voto. Ieri sera infatti tutti quei voti gli hanno consegnato la Casa Bianca, incoronandolo come “leader” di una rivoluzione piena di incognite per alcuni, e speranze di riscatto per altri.

“Un onore, una serata eccezionale, un periodo eccezionale”. Così Donald Trump ha concluso il suo discorso dopo la vittoria nelle elezioni presidenziali Usa. Il magnate newyorkese ha poi voluto ringraziare tutti, citando Mike Pence, che era il candidato repubblicano alla vicepresidenza. Al termine dell’intervento i sostenitori hanno intonato “Usa, Usa”. Trump ha poi baciato tutta la famiglia e i suoi accanto a lui. Ecco le immagini trasmesse in diretta da SkyTg24.

 

Il nuovo presidente americano ha festeggiato a New York. Per la prima volta in oltre 70 anni, la metropoli americana ha ospitato per l'”Election Day” il candidato repubblicano e quello democratico dopo una battaglia elettorale e sui media durata quasi due anni. Alla Casa Bianca va Donald Trump ed una cosa è certa:  il nuovo presidente non deve ringraziare nessuno. Con il Congresso americano  in mano al Partito Pepubblicano avrà mano libera per influire profondamente sugli Stati Uniti d’America, anche se si troverà di fronte un Paese lacerato e in una profonda crisi sociale che, se non saprà ricucire, rischia di diventare dirompente. L’8 novembre 2016 è quindi definitivamente una data che può stravolgere la storia.

Gli Stati Uniti hanno avuto un presidente nero, e prima o poi avranno anche un presidente donna. Non sarà Hillary Clinton, però. Quella che sembrava la predestinata, ma passerà invece alla storia solo per la più bruciante sconfitta politica degli Stati Uniti.

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