ROMA – La sindaca Chiara Appendino è ufficialmente indagata dalla procura torinese con l’accusa di falso in atto pubblico in merito al primo bilancio del Comune di Torino firmato “Cinquestelle”. Un’inchiesta partita su impulso di alcuni esponenti dell’opposizione la vede ora in buona compagnia sul registro degli indagati per il caso ex Westinghouse. Dopo i drammatici incidenti di piazza San Carlo, questa è la seconda iscrizione del sindaco nel registro degli indagati della Procura di Torino . Insieme all’ Appendino è sotto accusa anche l’assessore al bilancio Sergio Rolando. Decine di funzionari e dirigenti di Palazzo Civico erano stati sentiti in procura dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio .Gli avvisi di garanzia sono stati notificati questa mattina.
L’avviso di garanzia ad Appendino e Giordana è stato notificato oggi dagli uomini della Guardia di Finanza: nel documento il pubblico ministero li invita a presentarsi in procura per essere interrogati. E’ stata la stessa Appendino a renderlo noto: “Vi comunico che mi è appena stato notificato un avviso di garanzia dalla Procura di Torino per la vicenda Ream. Sono assolutamente serena e pronta a collaborare con la magistratura, certa di aver sempre perseguito con il massimo rigore l’interesse della Città e dei torinesi. Desidero essere ascoltata il prima possibile al fine di chiarire tutti gli aspetti di una vicenda complessa relativa all’individuazione dell’esercizio di bilancio al quale imputare un debito che questa amministrazione mai ha voluto nascondere”.
Uno scambio di email riservate relativa ad una postilla al documento economico che riassume i conti della città, è stato sequestrato dagli uomini della Guardia di Finanza del Nucleo di polizia tributaria torinese, inchiodano la parte più importante della giunta torinese ad un procedimento non molto differente da quello che a Roma, vedrà imputata l’altra prima cittadina del Movimento 5Stelle, Virginia Raggi per la sua nomina di Renato Marra al dipartimento dello Sport.
La vicenda riguarda l’area ex Westinghouse: nel 2012 la Ream (una società partecipata della Fondazione Cassa di Risparmio di Torino) acquisì il diritto di prelazione sulla zona dove sorgerà il nuovo centro congressi di Torino. Versò al Comune una caparra di 5 milioni. A fine 2013 la Città aggiudicò il progetto ad Amteco-Maiora , operazione perfezionata alla fine dello scorso anno, quando il Comune ha incassato una parte dei 19,7 milioni offerti dai privati e, di conseguenza, avrebbe dovuto “decurtare” i 5 da restituire alla Ream. Così non è andata : la somma non è stata né versata né iscritta a bilancio, per coprire le difficoltà finanziarie del Comune di Torino , costretto quest’anno a imporre pesanti tagli per evitare di chiudere dichiarando il dissesto.
A causa della difficoltà di far quadrare i conti, nelle difficili settimane per la preparazione dei documenti del bilancio, in cui il capo di gabinetto della sindaca torinese Paolo Giordana, d’accordo con la Appendino e con l’assessore al Bilancio Rolando, come risulta dalle carte in possesso della Procura, aveva chiesto ai dirigenti di alterare le cifre ufficiali, per posticipare di un anno il debito da 5 milioni con la Ream. Un’operazione questa illegittima secondo due dei più agguerriti avversari ai grillini in Consiglio comunale, e cioè Stefano Lo Russo capogruppo del Pd, ed Alberto Morano, dell’omonima lista civica di centrodestra, i quali hanno presentato un esposto in procura, seguito da quello dei revisori dei conti, che ha conseguito l’apertura dell’inchiesta coordinata dal pm Marco Gianoglio.
“Ti pregherei di rifare la nota evidenziando solo le poste per le quali possono essere usati i 19,6 milioni di Westinghouse – scriveva il 22 novembre 2016 alla dirigente del settore Finanza, Anna Tornoni, il capo di gabinetto, Paolo Giordana – Per quanto riguarda il debito con Ream lo escluderei al momento dal ragionamento, in quanto con quel soggetto sono aperti altri tavoli di confronto“. Il messaggio di posta eletronica di Giordana veniva inviato, per conoscenza, anche all’assessore Sergio Rolando e all’indirizzo email personale di Chiara Appendino. Nello stesso periodo la Appendino stava concordando con il presidente della Ream Qualgia una dilazione del debito, in maniera tale da poter riuscire a chiudere con meno affanni i conti del 2016. In effetti il Comune di Torino lo restituirà nel 2018 pagando però ulteriori interessi sul debito iniziale
Destinataria principale della richiesta illegittima era la dirigente Anna Tornoni che da molti anni si occupava di predisporre il bilancio del Comune di Torino , la quale per molti giorni ha tentato di scoraggiare Giordana nel suo intento di modificare la somma dei debiti e che, conclusa la disputa, è stata sollevata dall’incarico. E’ intervenuta personalmente anche la sindaca Chiara Appendino, con una sua lettera con la quale dichiarava di aver aperto un tavolo con Ream per aggiustare i conti. Ma nessuna trattativa avviata per poter eventualmente prolungare la restituzione del debito, può esimere il Comune dall’obbligo di indicare sul bilancio i 5 milioni di debiti . Una convinzione corretta della dirigente comunale Tornoni rimossa dalla sindaca, diventata teste principale dell’accusa, e lo sapevano bene i revisori dei conti che avevano chiarito pubblicamente in più occasioni che l’operazione pensata da Giordana non era percorribile legalmente.
La notte tra il 3 e il 4 maggio scorso, al termine della maratona in consiglio comunale a Torino che si è chiusa con l’approvazione definitiva del bilancio, i revisori si sono, a sorpresa, smentiti da soli, e hanno firmato un parere che autorizzava la discussa posticipazione del debito al 2018 (data modificata a penna su un testo stampato). Una correzione ottenuta a tradimento se è vero quello che hanno raccontato mesi dopo i revisori. ”Era la fine di una giornata campale con una tensione che si tagliava col coltello – ha spiegato ai giornalisti torinesi il presidente del Collegio, Herri Fenoglio -. Il consiglio era cominciato alle 10 del mattino, mi hanno chiamato all’improvviso, all’una di notte, perché servivano delle correzioni, mi stavano intorno in cinque, io ero letteralmente fuso. Mi hanno messo sotto il naso il documento dicendo che c’erano dei refusi da correggere. Uno, in effetti, lo era. L’altro, invece, era quella maledetta data. In quel momento non ero lucido, ero stanchissimo, e ho pensato davvero di essermi sbagliato. Così ho corretto e ho siglato”. La versione è stata confermata dagli altri due revisori. E l’indagine della procura è pressochè quasi conclusa: tra lettere ufficiali e mail riservate i passaggi e le responsabilità sembrano ben ricostruite, uno dopo l’altro.
(notizia in fase di aggiornamento)