Mario Draghi è intervenuto questa mattina nell’Aula del Senato parlando mezz’ora con toni chiari, forti e determinati per capire se esiste ancora l’appoggio della maggioranza parlamentare. “Siamo qui, in quest’aula, oggi, a questo punto della discussione, perché e solo perché gli italiani lo hanno chiesto. Siete pronti a riconfermare il patto di fiducia? Questa risposta a queste domande non la dovete dare a me, ma la dovete dare a tutti gli italiani” ha detto il premier. Al termine del suo discorso dai banchi si è sollevato un lungo applauso al quale non hanno partecipato i senatori del M5S, e quasi nessuno della Lega. Matteo Salvini è rimasto immobile.
Il presidente del consiglio dimissionario, ma riconfermato dal capo dello Stato, nei passaggi cruciali del suo discorso ha alzato anche la voce rivendicando i risultati ottenuti proprio grazie alle forze politiche, quando queste hanno lavorato “nell’interesse del Paese” ponendo dei paletti chiari affinchè si possa proseguire con il governo di “unità nazionale” che ha garantito sinora “la legittimità democratica” e l’ “efficacia” dell’esecutivo. Il consenso più ampio possibile del Parlamento, ha osservato Draghi, serve a maggior ragione per un “presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori” sottolineando con determinazione che l’unica strada per andare avanti “è ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità”.
“Siamo qui per il venir meno della maggioranza di unità nazionale. Oggi spiego a voi e agli italiani il motivo delle mie dismissioni, una scelta sofferta ma dovuta” ha affermato Draghi , rivendicando i risultati del suo governo: Le “riforme della giustizia, della concorrenza, del fisco, degli appalti oltre alla corposa agenda delle semplificazioni sono un passo essenziale per l’Italia. Ad oggi tutti gli obiettivi del Pnrr sono stati raggiunti», ha detto il premier. “Non votare la fiducia di un governo di cui si fa parte è un gesto politico evidente. Non è possibile ignorarlo, non è possibile contenerlo perché vuol dire che chiunque può ripeterlo. Non è possibile minimizzarlo perché viene dopo mesi di strappi e ultimatum. L’unica strada se vogliamo ancora rimanere insieme è ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità. A chiederlo sono soprattutto gli italiani. La mobilitazioni di questi giorni è senza precedenti e impossibile da ignorare“, ha affermato il premier.
La tensione è altissima. Lega e Forza Italia fanno fronte comune e tornano a riunirsi da Silvio Berlusconi a Villa Grande. Presenti, per la Lega, oltre a Matteo Salvini anche Giancarlo Giorgetti e Riccardo Molinari lanciando l’ultimatum: “Siamo disponibili a un ‘nuovo patto’ di governo, guidato ancora da Mario Draghi, senza il Movimento 5 Stelle e profondamente rinnovato”. Poco prima, il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, in Aula aveva anticipato la posizione dei partiti: “Noi ci siamo se si tratta di fare una nuova maggioranza. Senza M5S, E se serve ricostituire un nuovo governo“. Il premier Draghi a quel punto si è alzato e ha lasciato l’Aula. Poco prima nel suo discorso si era detto pronto a ripartire con un nuovo patto di fiducia. “Voi siete pronti a ricostruire questo patto di fiducia? Siete pronti a confermare quello sforzo che avete compiuto nei primi mesi, e che poi si è affievolito?”, chiede all’Aula del Senato.
“Sostegno ad azione governo profondamente rinnovato sia per scelte politiche che nella composizione”. È quanto si legge nella risoluzione appena depositata in Senato, da parte della Lega a firma di Roberto Calderoli, vicepresidente del Senato, in cui si chiede che “nella compagine governativa siano compresi esclusivamente” le forze politiche “espressione dei partiti che hanno votato a favore della fiducia nella seduta del senato del 14 luglio” tenendo quindi fuori i Cinque Stelle.
Il presidente del Consiglio sarà domani alla Camera. Ma già oggi tutto sarà più chiaro. Non c’è una soluzione fuori dal Parlamento, non per il governo Draghi. Lo ha chiesto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella quando ha respinto le dimissioni di Mario Draghi, dopo l’Aventino dei senatori 5S sul decreto Aiuti. Sei giorni dopo, tra polemiche e trattative, il premier riferisce in Parlamento. E ha pronti due discorsi. Stasera, intorno alle 19.30, un voto di fiducia definirà il futuro del governo, o la definitiva crisi.
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