di Antonello de Gennaro
Come avevamo previsto senza voler fare l’uccello del malaugurio, ma semplicemente limitandoci a osservare ed analizzare i dati di vendita in edicola, ed i bilanci societari, puntualmente è arrivata la crisi dell’attuale società editrice della Gazzetta del Mezzogiorno all’indomani dei due anni di garanzia assicurata in sede di aggiudicazione fallimentare. E gli editori della EDIME-Editrice del Mezzogiorno s.r.l. (50% CISA spa– 50% Ecologica) hanno aperto la procedura di esubero di personale da licenziare e mettere in cassa di integrazione, che chiaramente andrà a gravare sulle spalle dei contribuenti, cioè di tutti noi.
I 147 dipendenti ereditati dal fallimento dalle Edisud s.p.a. (Gruppo Ciancio Editore) composti da 89 giornalisti e 58 poligrafici, non sono stati capaci di riaddrizzare le sesorti del giornale bare. Il piano industriale predisposto al momento della ripresa delle pubblicazoni, ipotizzatava una media giornaliera di copie vendute pari a 9.000 copie al giorno che rappresentava il numero medio di copie vendute dai curatori fallimentari nel corso dell’ esercizio provvisorio dell’ attività d’impresa della fallita EDISUD spa. Ed invece si sono fermati ad una media di 5.000 copie vendute in edicola giornalmente.
La EDIME,società editrice della Gazzetta del Mezzogiorno, una srl di appena 10mila euro di capitale sociale, quest’ anno ha depositato il bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2022 con una perdita di oltre 4milioni e mezzo di euro circa, nonostante l’utilizzo della cassa integrazione a zero ore per alcuni dipendenti.
A nulla sono serviti degli accordi di abbinamento in edicola per soli 4 mesi con il quotidiano LA GAZZETTA DELLO SPORT ed una consulenza con la società ARTS MEDIA srl, così come a nulla sono servite le riaperture delle edizioni e redazioni locali passate da 4 a 6 in Puglia e Basilicata, mentre le copie vendute sono scese come dicevamo sopra, dalle 9.000 copie precedenti (con 4 edizioni) alle circa 5.000 attuali (con 6 edizioni) . Numeri impietosi che parlano da soli.
Nonostante l’aumento delle edizioni locali, infatti, il giornale ha perso sempre più copie e quindi ha visto crescere le perdite economiche-finanziarie mese dopo mese. Il costo della stampa complessivo delle edizioni locali hanno generato un costo mensile medio pari a €uro 118.186,69, determinando una perdita media mensile di €uro 53.330,60. e quindi secondo gli editori “è quindi evidente come sia antieconomico mantenere le suddette edizioni”.
Questi i dati economici dichiarati dall’ editore:
L’ Edizione Basilicata a fronte di ricavi medi mensili di €uro 9.2323,57 ha avuto una perdita media mensile di €uro 15.110,06.
L’Edizione Bat (Barletta, Andria, Trani) a fronte di ricavi medi mensili di €uro 13.511,46 ha avuto una perdita media mensile di €uro 5.812,28.
L’ Edizione Foggia a fronte di ricavi medi mensili di €uro 16.612,00 ha avuto una perdita media mensile di €uro 1.294,37.
L’ Edizione Salento (Lecce-Brindisi) a fronte di ricavi medi mensili di €uro 18.608,05 ha avuto una perdita media mensile di €uro 16.051,66.
L’ Edizione Taranto a fronte di ricavi medi mensili di €uro 6.892,30 ha avuto una perdita media mensile di €uro 15.062,23.
Alla luce di questi numeri disastrosi generati da una gestione editoriale inesperta ed incompetente settorialmente, si è affiancata la mancanza di una guida, cioè di una direzione giornalistica capace di ridare energia ed autorevolezza ad un quotidiano sempre più illeggibile, infarcito da pagine pressochè riempite da notizie di agenzie di stampa, gli editori hanno deciso di avviare “una gestione equlibrata” ( per meglio dire, un bagno di sangue occupazionale) che prevede la chiusura delle sedi ed edizioni locali, per arrivare ad una edizione unica con la riduzione delle attuali 96 pagine (comprensive di tutte le edzioni locali) a 56 pagine. Nella nota trasmessa alle organizzazioni sindacali la società EDIME inoltre ritiene “corretto ipotizzare una riduzione delle vendite medie giornaliere da 5.500 a 4.500 giornaliere“, cioè il 50% in meno di quanto vendeva durante l’esercizio provvisorio dei curatori fallimentari. Secondo l’editore “l’ipotetica riduzione delle vendite in esame comporterebbe minori ricavi per circa 400.000.00 euro”.
Cirsi-EDIME-BARI-GDMNumeri questi che erano facilmente prevedibili dopo aver affidato il rilancio del giornale ad un accoppiata di vertice, ci sia consentito di dirlo sulla base dei numeri, cioè dei risultati, non all’altezza della situazione: un direttore come Oscar Iarussi che era stato “scartato” da un concorso per l’assunzione di giornalisti in RAI, ed un “vice” come Mimmo Mazza (promosso addirittura da caposervizio prima a Taranto, e vice di Iarussi , all’attuale direzione anche editoriale “forte” di una rapporto notoriamente molto stretto con uno dei due soci della proprietà, e cioè Antonio Albanese, patron della CISA spa di Massafra, che detiene il 50% della EDIME srl.
Sempre secondo il nuovo piano di ristrutturazione aziendale “la chiusura delle sedi e delle edizioni locali produrrà un sostanziale risparmio sia sul fronte delle spese legate ad affitti ed utenze delle sedi sia in termini di riduzione costo della carta, di cui si è già detto in precedenza, ma il principale risparmio è quello relativo del costo del personale” cioè dei giornalisti. All’ esito del piano di risanamento, gli editori prevedono “un organico del settore giornalistico che residuerà sulla sede centrale sarà pari a 30 unità lavorative, compreso un prepensionando, di cui 29 giornalisti art. 1 ed 1 praticante“.
L’eliminazione delle redazioni locali e sedi centrali, determinerà “la cessazione dei rapporti di lavoro giornalistico art.36″ nonchè “di 14 giornalisti di cui un prepensionando” e “di tutti i collaboratori ex art. 2 e 12 già in Cigs” a zero ore. Un taglio radicale, o meglio un vero e proprio bagno di sangue di giornalisti che si ritroveranno di fatto in mezzo ad una strada, il cui licenziamento “comporterà un risparmio sul costo del lavoro di circa 1.400.000,00 euro l’anno“.
Nel settore poligrafico degli attuali 34 dipendenti, “a seguito dei prepensionamenti, diventeranno 32 alla fine dell’ anno e di cui 7 gia in Cigs a 0 ore. Per effetto dell’edizione unica le posizioni del presente settore dovranno essere ridotte a 6“. e quindi 26 poligrafici perderanno a loro volta il posto di lavoro ! L’editore “ritiene opportuno quattro risorse (incluso l’addetto all’infografica) che possono iintervenite in caso di esigenze particolari o imprevisti” prevedendo che “una quinta risorsa sarà destinata all’ amministrazione e si occuperò anche della segreteria di redazione (la relativa mole di lavoro consente certamente di svolgere entrambi i ruoli indicati“.
Il piano di risanamento prevede la totale soppressione anche “dei settori Economato, Segreteria di Redazione, Area Tecnica multimediale” nonchè “l’esternalizzazione dei settori Abbonamento, Contabilità, Diffusione e gestori del Sistema Editoriale“, ma anche “l’ipotizzabile abbinamento con un quotidiano nazionale a condizioni però che non incidano eccessivamente sui ricavi della società”. Resta da chiedersi quale quotidiano nazionale vorrà mai accoppiarsi con un giornale che non si vende in edicola !
L’ elenco dei giornalisti da licenziare
elenco-licenziati-gazzettaDopo aver letto questo piano di risanamento pieno di lacrime e sangue, siamo veramente curiosi di conoscere quali saranno le reazioni dell’ assemblea dei giornalisti della Gazzetta del Mezzogiorno, del Comitato di Redazione ed in particolare dell’ Assostampa di Puglia il cui presidente Bepi Martellotta nel frattempo ha fatto “carriera” in Gazzetta. Sembra impensabile che il suo ex-vice presidente Mimmo Mazza (ormai ex-sindacalista…) possa proporre il suo licenziamento, e tantomeno occuparsi di una “battaglia sindacale” visto il suo nuovo ruolo dirigenziale e contrattuale. Evidentemente Mazza adesso preferisce stare dalla parte del “padrone“, piuttosto che “battagliare” come sosteneva di fare, per i diritti sindacali dei giornalisti in Puglia. Anche perchè secondo noi, questa sua direzione della Gazzetta del Mezzogiorno rischia di esser la prima ed unica di un quotidiano nella sua carriera professionale, dopo quella precedente di un periodico semiclandestino tarantino (Ribalta di Puglia) di proprietà della famiglia del giornalista RAI della sede di Bari, Salvatore Catapano, testata chiusa e cancellata per decisione del Tribunale di Taranto.
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