ROMA – La sezione distaccata di Lecce della Corte d’Appello di Taranto ha respinto oggi la richiesta di risarcimento danni da mezzo milione di euro presentata dal Comune di Taranto nei confronti dell’ex sindaco Rossana Di Bello, dell’ex vice sindaco Michele Tucci , di Luigi Lubelli ex dirigente del settore Risorse Finanziarie, e dei sei ex revisori dei conti Carlo Aprile, Eugenia Carelli, Vincenzina Cilio , Mauro Ingrosso, Osvaldo Negro e Cosimo Orlando.
Il processo civile era relativo alle statuizioni civili disposte il 28 novembre 2008, nell’ambito del processo penale di primo grado sui bilanci comunali del periodo 2000-2004. In quella occasione gli imputati furono condannati a pene comprese fra uno a tre anni di reclusione per l’ipotesi di falso in atto pubblico. Secondo la Procura di Taranto, all’epoca di fatti sarebbero stati occultati debiti ed inseriti crediti inesistenti nei bilanci per ottenerne l’approvazione dal Consiglio comunale. Ipotesi accusatoria fu ribaltata dalla sentenza di appello l’8 ottobre 2010 con l’assoluzione di tutti gli imputati.
Successivamente la Suprema Corte di Cassazione nel febbraio 2012 annullò con rinvio le assoluzioni e dispose la celebrazione un nuovo processo d’appello che si concluse due anni dopo nel maggio 2014 per avvenuta prescrizione del reato, ma con la conferma dei risarcimenti.
La Corte di Cassazione successivamente annullò nel luglio 2016 la sentenza della Corte d’Appello affermando che sarebbe incorsa in errore “non esaminando i motivi di appello ai fini della responsabilità civile” rinviando quindi la decisione a un’altra sezione di giudici.
E’ stato questo in sintesi il lungo e tortuoso iter giudiziario che ha portato all’ultima sentenza sulle statuizioni civili e il rigetto della domanda di risarcimento del Comune di Taranto rimasto a bocca asciutta.
Il collegio giudicante della Corte di Appello di Taranto presieduto dal giudice Pietro Genoviva (relatore Michele Campanale, a latere Ettore Scisci) inoltre è entrato nel merito anche della sentenza del processo penale, evidenziando che a causa di “una situazione di disordine contabile e di mancanza di flussi informativi con l’Ufficio Ragioneria, non si può comprendere se le omissioni contabili di quelle poste attive e passive contestate agli imputati siano state dolose o colpose o indotte incolpevolmente da tali situazioni. Consegue la mancanza di prova anche dell’elemento soggettivo dei reati contestati“.