Dopo mesi di proteste e nonostante gli scioperi delle sedi di Taranto e Genova, l’Ilva che è dal 2013 è in amministrazione straordinaria grazie al decreto firmato dal ministro dello sviluppo Carlo Calenda, che ha accolto le indicazioni dei commissari, passa ufficialmente nelle mani della cordata Am Investco guidata da ArcelorMittal (85%) , multinazionale da 63 miliardi di ricavi e 19 miliardi di capitalizzazione, che ha rilevato insieme al Gruppo Marcegaglia (15%) il controllo della più grande azienda siderurgica italiana.
L’ex Italsider ora ILVA, diventa un azienda del maggior produttore di acciaio in Europa, in attesa del via libera dell’Antitrust Ue, che “pressata” dai lobbisti delle industrie tedesche dell’acciaio, aveva minacciato il proprio intervento sul passaggio definitivo di consegne. Ma la multinazionale franco-indiano, leader mondiale nel settore, con sede in Lussemburgo è determinata ad andare avanti sul Gruppo ILVA, per il quale l’imprenditore Lakshmi Mittal è disposto a investire circa 4 miliardi di cui 1,25 per l’ambiente.
L’offerta prevede: investimenti per circa 2,4 miliardi di cui 1,250 di investimenti tecnologici e 1,150 miliardi di investimenti ambientali. Il prezzo di acquisto è di 1,8 miliardi e un canone di affitto annuo di 180 milioni di euro Il piano prevede un organico pari a 9.407 occupati nel 2018, destinati a ridursi nell’arco del Piano a 8.480 occupati costanti. Il costo del lavoro è indicato in 50mila euro nel 2018 (in linea con i livelli attuali di ILVA S.p.A) e in 52mila euro a partire dal 2021. Oggi l’organico delle società ILVA oggetto del trasferimento è composto da 14.220 lavoratori ed il ricorso alla cig straordinaria riguarda un massimo di 4.100 addetti.
La procedura commissariale incasserà dall’operazione 1,8 miliardi di euro. Am Investco ha presentato un piano che, in estrema sintesi, prevede una produzione di un massimo di 8 milioni di tonnellate nel 2024, con un aumento delle spedizioni grazie all’utilizzo di semilavorati e ricavi per 4 miliardi a regime.
La cordata Am Investco si aggiudica quindi la gara tra le proteste delle organizzazioni sindacali, che ieri hanno scioperato nella sede di Genova e venerdì in quelle di Taranto, poichè nel piano industriale è previsto un forte ridimensionamento dell’organico. Il Gruppo ILVA oggi impiega oltre 14mila addetti, mentre Mittal stima nel 2018 di avere 9.400 dipendenti, cifra che a fine piano nel 2023 dopo gli investimenti negli altiforni, dovrebbe scendere a 8.400 addetti.
Nel fine settimana i rivali di AcciaItalia, pur di non perdere la gara, avevano provato a migliorare l’offerta iniziale su prezzo, sull’impatto ambientale e sull’occupazione. Adesso i futuri proprietari dovranno sedersi attorno a un tavolo delle trattative con i sindacati per trovare un punto d’incontro.
“In conformità a quanto previsto dalle regole di gara – spiega una nota del Mise – si svolgerà immediatamente una fase negoziale in esclusiva tra i commissari straordinari e l’aggiudicatario finalizzata ad eventuali miglioramenti dell’offerta vincolante, come previsto dalla procedura di gara. Il decreto del ministro indica le priorità sulle quali i commissari dovranno svolgere tale negoziazione“.
La firma di Calenda apposta sul decreto mette la parola “fine” a una procedura di cessione durata quasi un anno e mezzo. La cordata Am Investco è stata preferita ad AcciaItalia, la cordata composta dall’indiana composta dall’indiana Jsw, da Cdp, da Delfin e dal gruppo Arvedi. , i cui componenti Jsw e Delfin, non accettando la graduatoria a punteggio dei commissari (che ha visto primeggiare Am) hanno chiesto nei giorni scorsi, al Mise la possibilità di rilanciare l’offerta economica, inferiore a quella di Am. Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni , come riferito da fonti di governo, incontrerà venerdì 9 giugno i sindacati dell’ Uilm, Film e Fiom sulla questione Ilva.
SMENTITO EMILIANO. Ancora una volta smentito dal Governo il governatore pugliese, Michele Emiliano, che oggi a Bari rispondendo ai giornalisti che gli hanno chiedevano cosa pensasse della chiusura del governo a un rilancio della Jindal per l’acquisto dell’Ilva di Taranto aveva detto “Dal punto di vista giuridico noi pensiamo invece che un rilancio sia possibile e che negarlo determinerebbe un grande conflitto giuridico, le cui conseguenze potrebbero essere molto dannose per l’Ilva e la prosecuzione dell’attività produttiva”.