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4 Novembre 2024 18:59

Ecco chi è Alfredo Cospito per cui la sinistra si batte ed i deputati del PD vanno a trovarlo in carcere al 41bis

Ecco chi è il teorico Alfredo Cospito, diventato il simbolo dell’anarchismo. Non gli interessa la rivoluzione, in quanto secondo lui "creerebbe inevitabilmente altre catene, nuova autorità, nuova tecnologia, nuova civiltà". Un vero nichilista, che non costruisce nulla, anzi distrugge: "Nella civiltà non c’è futuro". Quindi nessuna retorica, ma attentati mirati.

La fine degli Anni 90 è stato un periodo significativo per l’Italia e per il mondo con un rincorrersi di ideali ed idee di ogni genere. Nel marzo 1998 arrestati per i primi attentati contro la Tav muoiono suicidi Rosas Soledad (detta “Sole“) ed Edoardo Massari, (detto “Baleno“) due moti della lotta eco-terrorista, . che fanno accendere Il dibattito anarchico. Alfredo Cospito proietta scenari lottarmatisti, predicando violenza, parlando di azione “diretta e distruttiva”.

L’anarchismo sociale, che vorrebbe la rivoluzione si scontrava con l’anarchismo individuale. Il filosofo rivoluzionario Alfredo Maria Bonanno, catanese, era un punto di riferimento nel panorama nazionale, padre dell’anarchia informale, promuove il confronto tra i gruppi anarco-insurrezionalisti, attraverso il dibattito e l’analisi comune su obiettivi limitati nel tempo e azioni per ottenerli. Le sue idee sulle “pratiche per attaccare il dominio” prendono vita e alimentano animi ribelli. Non usano nessuna sigla, nessuna struttura, ma per demolire il sistema alimenta e sostiene azioni dirette, immediate , imprevedibili e spontanee.

Alfredo Cospito muove i suoi primi passi a Torino quasi trentenne dove abitava insieme ad Anna Beniamino, originaria di Sanremo, tatuatrice, figlia di un gallerista d’arte, andando a vivere compagni di vita e nella lotta. in una casa all’ultimo piano di un palazzo in via Donizetti, nel quartiere San Salvario. Secondo gli apparati investigativi, furono loro i teorici della Fai, la Federazione anarchica informale, un’ organizzazione “con finalità di terrorismo ed eversione dell’ordine democratico”.

È il 1997 mentre l’area insurrezionale torinese sintetizza le idee del rivoluzionario-filosofo Alfredo Maria Bonanno e la prassi di Azione Rivoluzionaria, un’ organizzazione di stampo anarco-comunista, quando il 20 giugno, in casa di un anarchico torinese viene trovato il testo base della Fai, dal titolo “Prospettive operative comuni contro la repressione dei compagni“. E fu proprio Alfredo Cospito a spiegarne il concetto: “Non aborriamo affatto ogni ipotesi o progetto di banda armata”.

Alfredo Cospito emerge in questo clima e si dichiara subito favorevole ad una articolazione delle forme di lotta diversa, alle rivendicazioni, alle sigle. Assieme a lui per citarne alcuni, Anna Beniamo e Nicola Gai figlio di un noto industriale torinese e si scontrano panorami diversi e deflagra il confronto.

In una “Intervista delle Cospirazioni cellule di fuoco a me medesimo”, questo reazionario nato a Pescara, con pizzetto ed occhiali si definisce “anarco-nichilista” nel 2014 si racconta così “Frequento il movimento anarchico dalla fine degli Anni 80″ e le sue parole non sono casuali o scelte per caso: “Per nichilismo io intendo la volontà di vivere subito, ora la propria anarchia, lasciando da parte l’attesa per una futura rivoluzione. Vivere l’anarchia vuol dire lottare, armarsi, scontrarsi con l’esistente senza aspettare”.

Per attaccare il nemico-Stato però serviva una progettualità, una strategia. Centrale la questione dell’organizzazione: “Senza la pretesa che tutti noi ci omologhiamo in unica strategia difensiva, o in una sola prassi di attacco, auspichiamo la rivolta in ordine sparso, ciascuno organizzandosi o meno se lo ritiene opportuno, coordinandosi o agendo individualmente, secondo le proprie sensibilità e metodologie”. Riunioni, incontri, adunanze per stimolare e diffondere il più possibile delle azioni di attacco e di sabotaggio però non attaccano l’individualità delle cellule anarchiche.

La scissione fu duplice: dall’ala più ortodossa e da quella movimentista. Tra loro, gli squatter dei centri sociali, ritenuti dei “falliti che anelano a un facile consenso su temi nazional-popolari, rinunciando a una vera rivolta“. Ma non solo. “Riformisti, pacifisti, paraculi, cacasotto, topi da biblioteca”. La strategia pensata è quella dell’azione diretta. Alfredo Cospito è un radicale: rifiuta qualsiasi ipotesi di confronto legale con le istituzioni; “solamente l’azione diretta può parlare”.

I pensieri di Cospito si trasformarono in parole ed azioni. Nell’agosto 1998 vennero recapitati plichi esplosivi e incendiari a chi aveva avuto un ruolo nella vicenda degli anarchici “Sole” e “Baleno“. Destinatari: il magistrato Maurizio Laudi a quell’epoca procuratore aggiunto di Torino , il giornalista Daniele Genco corrispondente dell’ Agenzia Ansa, l’on. Giuliano Pisapia, noto avvocato milanese, presidente della commissione giustizia della Camera dei Deputati, Remo Urani direttore sanitario della casa circondariale “Lorusso e Cutugno” di Torino Nel 2001 arrivarono altri plichi destinati alla stazione “San Fruttuoso” dei Carabinieri di Genova , alla Prefettura di Genova, alla redazione milanese del Tg4. Il giornale anarchico “Pagine in Rivolta” ne diede grande risalto. L’ultimo numero risale al 2001.

Ecco chi è il teorico Alfredo Cospito, diventato il simbolo dell’anarchismo. Non gli interessa la rivoluzione, in quanto secondo lui “creerebbe inevitabilmente altre catene, nuova autorità, nuova tecnologia, nuova civiltà“. Un vero nichilista, che non costruisce nulla, anzi distrugge: “Nella civiltà non c’è futuro“. Quindi nessuna retorica, ma attentati mirati. Dalle sue parole si evince la rabbia di Cospito nei confronti di quei politici “che strumentalizzano la mia protesta trasformandola in una macchietta”.

Caspito non vuole essere la vittima da salvare: è un combattente, sconfitto, ed infatti la sua battaglia muove da una posizione anticarceraria. Nel 2015 scriveva: “Il terrorismo fa parte della nostra storia, quella dell’anarchia. Ancora oggi esistono degli anarchici che non si scandalizzano ad essere definiti terroristi, alla faccia del codice penale e del politically correct“. Ancora oggi come 7 anni fa, la sua posizione è molto chiara: “Le uniche azioni che incidono realmente sono quelle illegali”.

Per la prima volta nel dicembre 2003 compare la sigla Fai, Federazione anarchica informale, che rivendica due ordigni rinvenuti nei cassonetti dei rifiuti presenti davanti all’abitazione bolognese di Romano Prodi, a quell’epoca presidente della Commissione Europea. La rivendicazione è esplicativa: “Chi siamo? Un organismo dedito alla lotta armata senza una struttura interna e organi direttivi”, al quale partecipavano da “lupi solitari” uniti dalla stessa ideologia e dalle stesse finalità. Un organismo a cui si aderisce con un patto di mutuo appoggio e con la disponibilità a rivendicarne le azioni.

Gli inquirenti definivano la Fai un’ “associazione sovversiva“, che agisce utilizzando una pluralità di sigle. Ed erano davvero tante: “Solidarietà internazionale”, “Cooperativa Artigiana Fuoco e Affini”, “Brigata 20 Luglio”, “Cellula contro il capitale il carcere i suoi carcerieri e le sue celle“, “Nucleo Rivoluzionario Horst Fantazzini, Narodnaja Volja”,”Rivolta Anonima e Tremenda”, “Sorelle in armi – Nucleo Mauricio Morales”, “Cellula rivoluzionaria Lambros Fountas”, “Nucleo Olga”.

Gli obiettivi sono comuni. E l’attentato a Prodi è il primo di una lunga serie di attacchi contro i vertici degli apparati politici, finanziari, giudiziari dell’Unione Europea. Altri vengono recapitati a Francoforte, all’allora presidente della Banca centrale europea, al direttore dell’Europol all’Aja, ed al presidente di Eurojust, a Manchester, a Bruxelles. La campagna ha anche un nome: “Operazione Santa Claus”.

L’esordio della Fai nel panorama eversivo nazionale e internazionale si accompagna all’affermarsi della rivista “Croce Nera Anarchica, un bollettino anticarcerario diventato l’organo di stampo della Federazione anarchica informale. E’ da quelle pagine che si spiegano e rivendicano le azioni violente, si consumano i dibatti interni. La Fai ha compiuto un passo ulteriore rispetto agli altri: riunisce chi ha scelto di mettere da parte gli “intellettualismi” per stringere legami con i “compagni di lotta” scappati all’estero per poi “passare all’attacco“.

Torino è uno dei centri di grande interesse per via della Tav ma anche di uno dei Centri di permanenza per il rimpatrio più grossi d’Italia. Ma anche Bologna, Firenze, Genova, Lecce e Roma, non sono da meno. C’è la lotta all’Alta velocità della Tav, alle trivellazioni della Tap nel mare Adriatico del Salento e più in generale alle grandi opere. Alle carceri, ed ai Cpt, diventati successivamente Cie e ora Cpr.

Colpire, colpire, colpire !” Questo il loro mantra. Ma chi ? Obiettivi istituzionali, caserme dei Carabinieri e sedi della Polizia di Stato, istituzioni politiche e amministrative, giornalisti, strutture aziendali, università. I loro avversari ? “Sbirri”, “magistrati”, “burattini governativi”, “industriali novelli conquistadores alla ricerca di terre da depredare”, “gendarmerie dell’ordine”, “cani da guardia del capitale”.

Un pacco esplosivo spedito al comando di Polizia Municipale di San Salvario (Torino). Esplode, causando ferite lievi. La rivendicazione anarchica: “Abbiamo colpito alcuni ingranaggi della macchina delle espulsioni“. Un altro pacco esplosivo, arriva al Centro di Permanenza Temporanea di Modena, l’attuale Cpr, dove vengono portati i migranti irregolari in attesa di rimpatrio. Il 26 maggio nel mirino degli anarchici, finisce la Questura di Lecce, dove viene recapitata una bomba posizionata all’interno di un libro “Il ritorno di Sherlock Holmes”.

Le azioni di lotta degli anarchici crescono e si ripetano. Ma sono più violente. Il 24 ottobre 2005 un’esplosione fuori dalla caserma dei Carabinieri del Ris di Parma, definiti “Moderni e tecnofili scienziati al servizio del dominio, nella forma più recente e digeribile di carabinieri in candida veste, simpatici, utili e intelligenti come cani ben addestrati”. Due gli ordigni spediti, uno non è esploso in quanto l’interruttore dell’innesco era posizionato su “off”. Un caso ? solo fortuna? Premeditazione? I frammenti metallici contenuti all’interno avrebbero perforato anche un giubbotto antiproiettile, mentre se fosse esploso a ridosso di un muro, la deflagrazione avrebbe aperto un varco. Al Comune di Bologna, all’allora sindaco Sergio Cofferati, arrivò una videocassetta contenente polvere pirica e fili elettrici.

Nel 2006, l’operazione “Fai da te”, in solidarietà ai migranti dei Cpr, contro l’ampliamento della struttura di Torino. Il 2 giugno 2006 le bombe fuori dall’ex scuola allievi Carabinieri a Fossano, in provincia di Cuneo. Un’esplosione alle 3.05, ed un’altra alle 3.30. Ordigni dentro cassonetti della spazzatura programmati e temporizzati a detonare 25 minuti uno dall’altro. Per creare un effetto a sorpresa, ma anche per essere più letali. 

Gli anarchici volevano avere un’altra strage di Nassiriya, ma “italiana” così recitano i loro volantini. Un testimone ricorda: “Ho trovato la strada piena di detriti, un cassonetto e un cestino sventrali, sui muri della scuola bulloni, viti, dadi”. Dopodichè una serie di pacchi bomba: uno, nascosto all’interno dell’ ’edizione de “Il maestro e Margherita” inviato al direttore di “Torino Cronaca“, un altro spedito alla ditta Coema che si era aggiudicata l’appalto per ristrutturare il Cpr, questa volta contenuto in un libro di poesie di Federico Garcia Lorca, un altro ancora al sindaco di Torino Chiamparino, questa volta dentro il libro “L’Idiota” di Dostoevskij.

“Porteremo la guerra e la paura nei quartieri del privilegio”. Così scrivevano nei loro volantini di rivendicazione degli attentati . Il 5 marzo 2007, l’attentato alla Crocetta, con ordigni temporizzati, programmati per attirare residenti e soccorsi e poi farli saltare in aria: “Questa volta abbiamo scelto il quartiere d’elezione, degli sfruttatori e dei potenti. Un quartiere d’elite dove certo non sorgeranno mai carceri o centri di detenzione per immigrati, destinati sempre alle periferie: esclusi tra gli esclusi. Questa volta abbiamo portato la guerra tra gli sfruttatori. Oggi abbiamo programmato le esplosioni di notte, la prossima, se il Cpt di corso Brunelleschi non chiuderà, sarà di giorno. Così la Croce Rossa la prossima volta potrà raccogliere nel mucchio dei privilegiati piuttosto che contribuire alla repressione degli sfruttati“.

L’ arrogante vergogna senza limiti degli anarchici

“Buongiorno, inviterei gli imputati ad alzarsi”. «No, la ringrazio». La magistrata giudicante non si lascia scalfire “Perfetto. Buongiorno a tutti, possiamo iniziare l’udienza“. È una prova di forza, in Tribunale, come a scuola. Si gioca tutta nei primi secondi, nei primi scambi di battute. La giudice, imperterrita, austera, davanti all’atteggiamento dell’imputato, strafottente, prosegue. Alfredo Cospito pure. Beve un sorso d’acqua. Da uno sguardo ai fogli, poi li riordina picchiettando sul banco: “Allora, prima che inizi l’udienza avrei da leggere una testimonianza“. “Le dichiarazioni spontanee dell’imputato vengono fatte secondo le regole dell’udienza preliminare…”. “Guardi, io la leggo poi esco. Perché non voglio…Quindi io inizio a leggerla, poi faccia lei”. “Mi dice il suo nome per cortesia?”. “Cospito“. Le voci si sovrappongono: “”Quindi lei è il signor Cospito” “Io la leggo lo stesso, la leggo adesso così poi esco“Le dichiarazioni spontanee, le ribadisco, non sono consentite in questo momento“. “Guardi, io il foglio glielo lascio. Io inizio a leggere” diceva Cospito, ed inizia: “In una splendida mattina di maggio”

La giudice: “Signor Cospito le devo togliere la parola , Cospito: “in quelle poche ore per una volta mi sono lasciato alle spalle paura e autogiustificazione” , “Signor Cospito l’ammonisco”e ho sfidato l’ignoto“. Dal fondo dell’aula di tribunale di Genova, protetto da misure di sicurezza eccezionali, parte un urlo dal pubblico : “Lo lasci parlare!“. E Cospito: “Non permetterò che il mio agire distolga l’attenzione da quello che è l’obiettivo dell’azione, che venga messo in un osceno assurdo calderone mass mediatico e giuridico”. La giudice “Signor Cospito” e lui “Sono nichilista perché vivo la mia anarchia oggi e non in attesa di una rivoluzione che seppure verrà, creerà solo…“. A quel punto su ordine della giudice gli agenti di scorta della Polizia Penitenziaria lo portarono via. Lui come Nicola Gai il quale seduto dietro di Cospito, sempre nel banco degli imputati con sorriso orgoglioso. “Liberi! Liberi! Liberi! Bravo! La vita, l’azione per la libertà, è più forte di ogni autorità”, urlano i compagni anarchici tra il pubblico.

l’ingegnere Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare

Cospito e Gai erano insieme il 7 maggio 2012 a sparare contro l’ingegnere Roberto Adinolfi, amministratore delegato dell’Ansaldo Nucleare. Sono di nuovo insieme il 30 ottobre 2013 a rivendicare con orgoglio davanti alla Corte di Genova quell’azione delinquenziale. “Nick” e “Bart”, come si firmavano nei loro editoriali di Pagine in Rivolta. Cospito (come Gai) non è un’ innocente finito in carcere per sbaglio . E tutti e due lo rivendicano e lo ribadiscono. “In una splendida mattinata”, intorno alle 8, volti coperti da un casco di motociclista, si appostarono sotto casa del manager. Uno aveva in mano una pistola Tokarev, una semiautomatica sovietica calibro 7,62. L’altro si preoccupava del motociclo tenuto acceso e pronto, essenziale per la fuga. L’avevano rubato a febbraio, sempre a Genova, quando pianificavano l’attentato al manager di Ansaldo. Aspettavano Adinolfi in strada, in via Montello 14, nel quartiere residenziale Marassi. Quando arriva, si avvicinano e gli sparano alle gambe. Poi via in motorino in fuga sino alla fermata dei pullman: lì abbandonarono lo scooter e presero l’autobus per raggiungere la periferia della città, direzione Arenzano, dove si trovata parcheggiata la macchina di Gai. Ed insieme fuggirono lontano da Genova, lontano dalla Liguria.

La rivendicazione venne firmata come “Nucleo Olga”. Tutto era spiegato lì. Roberto Adinolfi è “uomo di punta dell’Ansaldo, tentacolo della Finmeccanica, mostruosa piovra artificiale, sinonimo di morte e sfruttamento, nuove frontiere del capitalismo italiano“, “uno dei tanti stregoni dell’atomo dall’anima candida e dalla coscienza pulita”, indicato come “uno dei maggiori responsabili del rientro del nucleare in Italia“, e “con il suo ferimento proponiamo una campagna di lotta contro Finmeccanica piovra assassina”.

Anche il salto di livello nelle azioni violente venne messo nero su bianco. Rispondendo in maniera decisa ed arrogante a quegli anarchici che li accusano di essere suicidi o provocatori : “Con le vostre lotte sociali lavorate al rafforzamento della democrazia. Sempre alla ricerca del consenso, l’unica bussola delle vostre azioni è il codice penale. Siete disposti a rischiare sino a un certo punto“. Alfredo Cospito preferisce il terrorismo al sabotaggio. Alla retorica predilige “l’umana violenza, la mancanza di calcoli, l’incoscienza di chi spara senza pensare alle conseguenze penali”. Lo dimostra il 7 maggio 2012 a Genova, con quei fogli letti in un’aula di tribunale un anno dopo, sostenendo che “sparare ad Adinolfi è stata una gioia, un godimento“.





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