ROMA – Il caso dei bonifici annunciati dai parlamentari M5s e poi mai realmente effettuati o talvolta revocati, svelato nelle scorse settimane dalle “Iene“, non sono un fatto isolato, infatti altri dieci parlamentari “grillini”, hanno scovato una soluzione più raffinata, e persino “legale”, per rientrare in possesso di una buona parte dei soldi versati nelle casse pubbliche.
I dieci deputati grillini hanno “scaricato” dalle proprie dichiarazioni dei redditi una buona parte dei fondi restituiti devoluti al Microcredito, così di fatto hanno diminuito le proprie tasse da pagare, recuperando di fatto una quota di quanto versato. Così facendo hanno potuto incassare in questo modo altri 22.359 euro.
Tra coloro che si sono avvalsi di questo beneficio fiscale ci sono anche la senatrice pugliese Barbara Lezzi, l’ex capogruppo a Palazzo Madama Vito Crimi e l’onorevole Vincenzo Caso, il quale adesso recita il mea culpa: “Ci aveva pensato la mia assistente, mi ricordo che mi disse che c’era la possibilità di portare in detrazione queste spese e l’ho fatto. Poi in un secondo momento mi sono reso conto che non era il caso di farlo, non era una cosa correttissima. Mi dispiace“.
L’escamotage fiscale si riferisce ai primissimi mesi di legislatura. Quando i deputati e senatori del Movimento 5 Stelle avevano deciso di versare le eccedenze dei propri stipendi al fondo di ammortamento dei titoli di Stato in attesa della partenza del fondo per il microcredito alle imprese .
Il salvadanaio pubblico venne ritenuto più indicato in quel momento per potere restituire ai cittadini i propri fondi. Un’operazione celebrata pubblicamente dagli esponenti M5s con il Restitution Day il 4 luglio 2013, tutti impegnati fuori da Montecitorio a srotolare un assegno gigante con la cifra corrispondente a quanto versato al fondo di ammortamento del debito pubblico: 1.569.951,48 euro.
Circa un anno più tardi, sei senatori e quattro deputati hanno deciso però di utilizzare quanto devoluto in quell’occasione per avvantaggiarsi di un sostanzioso sconto fiscale. Infatti grazie alla legge di stabilità 2013, i contributi volontari al fondo di ammortamento dei titoli di Stato sono deducibili dai propri redditi personali al 19%. In poche parole, se versi 1000 euro il Fisco te ne restituisce 190 attraverso un’equivalente riduzione fiscale, e quindi consentendo di pagare una tassazione minore.
Una scelta ma non un automatismo. Infatti oltre il 90% dei parlamentari M5s ha optato di non avvalersi di questo vantaggio fiscale, che ha sminuito il buon gesto fatto degli esponenti Cinque stelle, che hanno versato spontaneamente sino oltre 25 milioni di euro. Il gesto della donazione è stato pubblicizzato, mentre nel privato (attraverso il proprio 730) si richiede indietro una quota di quanto versato allo Stato .
Tutto ciò è emerso dalle dichiarazioni dei redditi disponibili sui siti della Camera e del Senato. Il recordman delle donazioni-detrazioni è stato il senatore Vito Petrocelli, ricandidato come capogruppo nel collegio Basilicata I al Senato, che ha portato in dichiarazione dei redditi tra il 2014 e il 2015 versamenti per 37.805 euro (- 30.582 riferiti al 2013 e 7.223 al 2014) ricevendone dall’Erario indietro 7.182 euro. Petrocelli è il senatore grillino che ha introdotto il presidente del Potenza Calcio (indagato per riciclaggio dalla Procura di Siena) a Luigi Di Maio.
Consultando le copie dei bonifici pubblicati sul sito tirendiconto.it, il portale del Movimento 5 Stelle dove sono state inserite e pubblicate tutte le restituzioni, non figurano nel 2013 pagamenti al fondo di ammortamento titoli per un importo complessivo pari a 30.582 euro, ma soltanto per 12.382.
Il senatore Petrocelli costituisce quindi un caso unico, conteggiando anche 18.199 euro versati questi al fondo per il microcredito, per i quali non è prevista alcuna detrazione fiscale, ottenendo un beneficio di 3.457 euro, quindi circa la metà dei 7.182 totali. Il sentatore grillino lucano cerca di giustificarsi: “Non ho predisposto io la dichiarazione dei redditi, anche se lo ha fatto una persona di assoluta fiducia. Se ci sono stati degli errori, mi arriverà un accertamento e pagherò quanto devo“.
Ma sulla decisione di scaricare le spese e di ottenere un consistente vantaggio, non si sbilancia: “Sono passati alcuni anni, dubito che sia stato fatto senza il mio consenso. Sinceramente non me lo ricordo“. In un secondo momento ha precisato: “La mia commercialista mi assicura che non è stata detratta alcuna spesa non consentita dalla legge“. Un altro “furbetto” dei grillini.
Al secondo posto figura l’onorevole Vincenzo Caso, 13.632 euro versati e 2.590 ripresi indietro con il meccanismo della detrazione. L’onorevole Luigi Gaetti conquista il terzo posto portandosi a casa 2.534 euro in virtù dei 13.338 versati al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato. “Sono un medico, non sono io che mi occupo delle dichiarazioni dei redditi ma il mio commercialista. Non ricordo niente a proposito di questa faccenda“, risponde al quotidiano La Repubblica.
Anche la senatrice salentina Barbara Lezzi, chiamata inizialmente in causa per la questione dei mancati versamenti e successivamente scagionata da Di Maio, l’importo versato al fondo è stato di 6.650 euro, che le ha permesso di ottenere uno sconto fiscale di 1.263 euro. Stesso ordine di grandezza per Vito Crimi: taglio di tasse da 1.463 euro a fronte di 7.700 euro versati. Completano l’elenco i deputati Businarolo, D’Uva e Ferraresi – con sconti di tasse rispettivamente di 1.640, 1810 e 1750 euro – e i senatori Carlo Martelli, già coinvolto nello scandalo rimborsi, e Vilma Moronese, con detrazioni di 1812 e 1685 euro.
Tra i parlamentari M5s che hanno scelto di non sfruttare questo vantaggio fiscale, una forse potrebbe avere un rimpianto più degli altri. La senatrice Paola Nugnes ha versato al fondo di ammortamento dei titoli di Stato una cifra sensibilmente superiore rispetto a quella dei colleghi: 65.536,35 euro. Colpa, spiega, di una “distrazione nella predisposizione dei moduli” per il bonifico. Per questo alcuni versamenti nel 2016 sono stati effettuati ancora al fondo per il debito, invece che a quello per il microcredito.