La piattaforma ha un nome, che non si presta a molte interpretazioni e contiene un obiettivo ambizioso: rimuovere e ripulire quello che potrebbe aver danneggiato la propria immagine digitale sui social network e che prima o poi potrebbe ripercuotersi, anche nella vita reale. Dalla frase o dalla foto imbarazzante, pubblicata in un momento di ebrezza, al post in cui ci lamentavamo del nostro ex datore di lavoro: Clear è la nuova app che permette di scandagliare i contenuti che abbiamo pubblicato negli anni su Facebook, Twitter ed Instagram ed eliminare i tweet e i post che giudichiamo inopportuni e potenzialmente offensivi.
L’ha ideata Ethan Czahor, un trentenne che sembra abbastanza pratico con il problema “reputazione online”. Assunto lo scorso febbraio 2015 come CTO nello “staff” dell’ex Governatore della Florida, il repubblicano Jeff Bush, il giovane consulente dopo appena due giorni è stato licenziato. La causa ? I media americani avevano scoperto alcuni suoi vecchi “tweet” e post del suo blog, che erano caratterizzati da una forte matrice sessista, omofoba o dall’ humor dissacrante, quindi per niente “politicamente corretto”.
“Dopo il college ero andato ad Hollywood per studiare improvvisazione teatrale. Usavo Twitter per testare i miei sketch, si trattava prevalentemente di contenuti umoristici indirizzati alla mia cerchia di amici. Dopo aver cambiato carriera e ottenuto finalmente il lavoro dei miei sogni questi contenuti sono stati decontestualizzati per farmi apparire la persona che non sono, un’operazione che mi è costata la carriera. Ho creato Clear per far sì che questo non avvenga mai più a nessuno“, spiega Ethan sul sito internet della sua piattaforma da cui si può scaricare un’ App, anche se attualmente è in fase sperimentale, disegnata per individuare tutti i contenuti ritenuti offensivi o ritenuti “a rischio” che abbiamo disseminato nel tempo sui social network.
Funziona ricercando specifiche parole chiave, ad esempio analizzando tutte le frasi dove ci sono riferimenti a minoranze etniche, all’orientamento sessuale o formulate in un linguaggio considerato inappropriato (ai “leghisti” italiani servirebbe molto !) . Partendo dal presupposto che, come ricordato dallo stesso Czahor, al momento nessuna App è in grado di comprendere il contesto all’interno del quale sono stato scritti contenuti , una volta individuati tweet e post incriminati, la loro cancellazione avviene manualmente a discrezione dell’utente. L’ App Clear disponibile anche in lingua italiana, sviluppa in via preliminare anche un’ analisi, elaborando una vera e propria scala di “affidabilità” degli utenti su ogni singolo social network. “La mia generazione è la prima ad avere tutta la vita on-line. Quello che è successo a me può avvenire a chiunque, in ogni campo. Quello che hai scritto con leggerezza, magari 10 anni fa, resta sul web e può essere usato in futuro contro di te“, ha dichiarato Czahor al famoso settimanale americano TIME. E i risultati sembrano dargli ragione.
Secondo un’inchiesta dal sito per la ricerca di lavoro Career Builder, realizzata nello scorso luglio, metà delle aziende che utilizzano i social media per verificare attitudini e background dei potenziali candidati, scoprono contenuti che nel 43% dei casi possono portare alla decisione di non assumere. Percentuale cresciuta vertiginosamente, se si considera che la stessa percentuale nel 2012 arrivava solo al 36%. I contenuti che maggiormente influiscono su un esito negativo delle procedure ed analisi di selezione sono foto considerate inappropriate, post inneggianti all’utilizzo di alcool e droghe, contenuti discriminatori, invettive contro l’azienda precedente.
Clear è al momento disponibile, in fase sperimentale, per iPad ed iPhone. Per utilizzare la app occorre registrarsi e mettersi in una lista di attesa, mentre Czahor promette di implementarla a breve e renderla fruibile a presto su altre piattaforme ed utilizzarla anche per controllare i contenuti delle proprie ricerche su Google o i post sul proprio blog. L’impressione però è che, comunque vada, la piattaforma sia solo un primo passo verso una necessità sempre più importante: l’esigenza di poter controllare il flusso di contenuti online che riversiamo quotidianamente nel web. Scrivere sui social network non è come scrivere sulla sabbia. Un concetto che si diffonde sempre più a macchia d’olio tra utenti, aziende e sviluppatori.