di REDAZIONE POLITICA
Martedì scorso cioè appena una settimana fa il premier Giuseppe Conte era riuscito a salvare il suo traballante governo grazie alla imbarazzante maggioranza relativa (156 voti su 161) raccolta in Senato sul voto di fiducia, grazie al voto dei soliti “peones” disposti a tutto pur di conquistare qualcosa nella speranza di essere ricandidati e rieletti.
Un anno fa il ministro Bonafede affermò in televisione che “in Italia gli innocenti non finiscono mai in carcere”. Una dichiarazione allucinante e vergognosa, considerate le ingenti somme sborsate dallo Stato italiano ogni anno per risarcire le ingiuste detenzioni, ma è ancora più incredibile che l’avvocato-dj-guardasigilli, fiorentino d’adozione come il suo “sodale” Giuseppi Conte, possa essere ancora il ministro di Giustizia in una grande democrazia.
La politica giudiziaria degli ultimi due anni è stata totalmente prostrata allo strapotere delle procure, delle correnti sindacali della magistratura, vantando come fiore all’occhiello la prescrizione cancellata che ha stravolto il principio costituzionale del giusto processo. Bonafede si vanta della legge Spazzacorrotti. I suoi alleati di governo per salvare la faccia gli avevano chiesto tempi certi per la riforma del processo penale, che invece è in alto mare, mentre quella proposta per il Csm dopo lo “scandalo Palamara” è come si suol dire, una toppa peggiore del buco, perché doppio turno e ballottaggio rafforzano lo strapotere delle correnti.
Bonafede è stato e resta il perfetto emblema della sottomissione della politica alla magistratura. Conte gli deve l’investitura a premier, ma ora la figura ingombrante del suo principale sponsor politico rischia di costargli cara. il ministro di Giustizia potrà anche ricorrere alle sue spericolate acrobazie verbali per correggere la rotta, ma pretendere di fargli imboccare la strada del “garantismo” sarebbe come sperare che Dracula rinunci a succhiare il sangue delle sue vittime.
Basta guardare la riorganizzazione del sistema giudiziario presentata dagli uffici del ministero per il Recovery Plan, che prevede il giudice monocratico nei processi di appello, un altro durissimo colpo ai diritti della difesa. Quindi di motivi per bocciare Bonafede ce ne sono molti: in due anni e mezzo da ministro ha perso i suoi principali collaboratori ad uno ad uno, dal capo dell’Ispettorato, al direttore del Dap (dopo lo scandalo della scarcerazione dei mafiosi), fino al superfedele capo di gabinetto Baldi.
Il ministero di Giustizia sembra il Campidoglio sotto la gestione di Virginia Raggi, date le continue cadute di teste “eccellenti”, e l’unica che al momento resiste ancora è proprio la sua, nonostante i colpi duri subiti, come quello scagliatogli contro dal pm Nino Di Matteo, ora consigliere del CSM, e come la scarcerazione causa Covid di più di 400 detenuti ad alta sicurezza.
Ma dopo una settimana praticamente il futuro dell’esecutivo è di nuovo appeso ad un filo. I senatori di Palazzo Madama dovranno votare mercoledì o giovedì (si deciderà domani) la relazione sullo stato della giustizia presentata dal ministro Alfonso Bonafede (M5S), mentre il Governo traballa nella consapevolezza di no n avere e i numeri per una maggioranza parlamentare qualificata.
Una bocciatura del genere sarebbe più pesante di una pietra tombale per il Governo Conte bis. Questa la motivazione per la quale di ora in ora cresce sempre di più la possibilità che il presidente del Consiglio vada al Quirinale a rassegnare le proprie dimissioni nella speranza di convincere Mattarella ad affidargli un nuovo incarico per trovare una nuova maggioranza solida e più ampia per un nuovo governo Conte ter).
Il voto sulla giustizia è ad altissimo rischio per il premier. La scorsa settimana l’ attuale maggioranza, di governo ha dovuto prendere atto dell’astensione di 16 senatori di Italia viva, con l’unica eccezione del socialista Riccardo Nencini che ha votato la fiducia a cui si sono aggiunti i voti dei due senatori forzisti Mariarosaria Rossi e Alberto Causin (immediatamente espulsi da Forza Italia), di Sandra Lonardo Mastella (eletta nelle liste di Forza Italia ed ora transfuga nel Gruppo Misto) del riciclato grillino Lello Ciampolillo, ed i voti provvidenziali di tre senatori a vita (Elena Cattaneo, Mario Monti, e Liliana Segre).
Ma sulla giustizia lo scenario è mutato perché il Governo non potrà più fare affidamento su alcuni di quei voti del “salvataggio” di martedì scorso anche perchè i senatori Causin, Lonardo e Rossi, hanno annunciato che voteranno contro. A questi bisogna aggiungere il voto contrario di Pierferdinando Casini (che martedì aveva votato la fiducia criticando però Conte). E’ possibile che la moglie di Mastella si astenga memore delle vicissitudini giudiziarie subite. Inoltre Il senatore Nencini sulla giustizia la pensa esattamente come Renzi e quindi voterà NO insieme ai 17 colleghi di Italia viva che sul voto di fiducia a Conte si erano astenuti. Quasi sicura fra i senatori a vita la presenza della Cattaneo, in forse Monti, pressochè sicura l’assenza di Segre anche perchè mercoledì è il Giorno della Memoria).
Per tutte queste ragioni i precedenti 156 voti ottenuti la scorsa settimana questa volta non potranno essere più di 151, incredibilmente ne potrebbero venir meno altri anche 4-5 di meno. Il fronte opposto al ministro Bonafede (e quindi al Governo), naturalmente, per e, quindi, al governo. Ai 140 voti di sfiducia al Governo Conte manifestati martedì scorso bisogna infatti aggiungere di sicuro i 18 di Italia viva e i 4 dei senatori che hanno cambiato idea ( Casini, Causin, Lonardo e Rossi) e quindi si arriva a 162 voti di sfiducia. Calcolatrice alla mano l’esito sarebbe 151 a favore del Governo e 163 contrari. Conclusione: relazione sulla giustizia bocciata, governo a casa.