La campagna elettorale per il rinnovo della componente togata del Consiglio superiore della magistratura, l’organo di rilievo costituzionale presieduto dal capo dello Stato, composto da magistrati eletti da magistrati e da docenti/avvocati eletti dal Parlamento, e competente su vita, morte e miracoli del terzo potere, finalmente da 48ore è finita, e nelle prossime ore si conoscerà l’esito dell’urna. La riforma ha anche aumentato il numero di consiglieri: i togati passano da 16 a 20, i laici (che saranno eletti dal prossimo Parlamento) da 8 a 10.
Una sola cosa è certa: il Csm che si sta per eleggere sarà il più potente della storia. La riforma Cartabia da un lato ha accresciuto le competenze e aumenta il controllo dell’organo di vertice sulla carriera e sul profilo disciplinare dei magistrati, sottoposti a verifiche di ogni tipo (smaltimento arretrato, tempi di deposito atti, formalità di comunicazioni). Dall’altro lato verrà chiamato a gestire i numerosi di procedimenti disciplinari provenienti da controversi casi politici o dalle chat di Luca Palamara, in primo luogo quelli del suo alleato il magistrato in aspettativa Cosimo Ferri successivamente diventato parlamentare.
Il nuovo Csm sarà impegnato anche sul fronte politico dovendosi occupare dalle riforme penali e civili in fase di attuazione ai conflitti che si proporranno inevitabilmente con la nascitura maggioranza parlamentare, sopratutto se a trazione centrodestra, su dossier come quello della separazione delle carriere e responsabilità civile che comporterebbe la possibilità di maggioranze variabili con i componenti laici.
Il nuovo sistema elettorale denominato il” Cartabellum“, è riuscito a fare impallidire il “Rosatellum” licenziato a suo tempo dalle aule parlamentari, a seguito della riforma ha anche aumentato il numero di consiglieri da eleggere: i “togati” (cioè i magistrati) salgono da 16 a 20, i “laici” cioè quelli indicati dai due rami del parlamento che verrà eletti dopo le elezioni del prossimo 25 settembre, che aumentano da 8 a 10. Nella campagna elettorale vi è stato solo un solo dibattito pubblico in Cassazione, peraltro senza contraccolpi. Utilizzate le mailing list, e le chat, al massimo qualche aperitivo (sopratutto con giornalisti “amici” delle Procure. Piccoli gruppi, e poche promesse di voto. In tutto 87 candidati su poco più di 9mila votanti, più del triplo di quattro anni fa.
Una campagna elettorale, come facilmente prevedibile, caotica e dispersiva, in cui soltanto la metà dei candidati è collocabile nel sistema delle correnti organizzate. Con cadute di stile inqualificabile come quella rivelata dal quotidiano Il Foglio ad opera del candidato napoletano di Area, il magistrato Tullio Morello, che in un dibattito online con una trentina di colleghi ha dichiarato, appunto, che “Palamara è stato un grandissimo pezzo di merda e si preannunciano riforme più canaglia della riforma Cartabia“.
I membri “togati” vengono eletti con un sistema prevalentemente maggioritario. Due in Cassazione, come accadeva prima, mentre i pubblici ministeri sono divisi in due maxi collegi nazionali: uno che va lungo la dorsale tirrenica da tutto il Nord sino al Lazio , l’altro invece copre la dorsale adriatica fino alla Sicilia. Ogni collegio elegge i due pm più votati. Un quinto pm viene ripescato come miglior terzo. I giudici di merito, sono suddivisi in quattro collegi di medie dimensioni: anche per loro vengono eletti i primi due in ogni collegio. Gli altri cinque vengono ripescati con un meccanismo a dir poco complesso per favorire il “diritto di tribuna” alle minoranze, consentendo collegamenti formali ai candidati tra diversi collegi, come a riunirsi nei listini.
Mai nella storia delle elezioni del Csm erano state così indecifrabili a seguito dei postumi interni ad una magistratura sempre meno credibile e poco autorevole, a causa sopratutto delle guerre e contrapposizioni nelle correnti; mai si era sentito un candidato in una riunione arrivare a dire “Palamara è un mezzo di merda” dimenticando che quel signore è stato a lungo un suo collega ed il presidente dell’ Associazione Nazionale Magistrati, sino a quando a tutti conveniva.
Gli obiettivi della riforma Cartabia, al di là della volontà di limitare il precedente strapotere delle correnti interne alla magistratura, vogliono incentivare il radicamento territoriale dei candidati, e debellare eventuali maggioranze precostituite e “blindate”, consentendo la possibilità di candidature indipendenti. Il risultato dello scrutinio che comincerà domani pomeriggio dirà se sono stati raggiunti.
Molti prevedono che Unicost la corrente di “sistema” che ha sempre ondeggiato tra chiaro e scuro, dovrebbe uscire fortemente ridimensionata dal voto pagando dazio elettorale per lo scandalo delle intercettazioni e delle chat del gruppo Palamara, che hanno portato a non poche scissioni e guerre interne alla magistratura.
Al contrario Magistratura Indipendente pur essendone pesantemente coinvolta, ha raccolto i migliori frutti dallo scandalo. Le intercettazioni del maggio 2019 delle riunioni notturne all’hotel Champagne di Roma, avevano dimostrato che la corrente era ancora indirizzata e pilotata dal loro leader Cosimo Ferri, passato in politica prima in Forza Italia, poi sottosegretario renziano all’epoca nel Pd , ed adesso in Italia Viva che lo ha candidato in diversi collegi per il Terzo Polo . Non va dimenticato che 3 consiglieri su 5 riuniti in quell’infelice dopocena erano di Magistratura Indipendente e vennero costretti alle dimissioni dal Csm, prima di essere pesantemente condannati dalla sezione disciplinare, ed a breve la Cassazione sarà chiamato a pronunciarsi sul loro ricorso.
Ferri, nonostante sia stato sottoposto a processo disciplinare, dopo aver ripetutamente ricusato tutto il Csm, ha ottenuto dalla Camera lo scudo della inutilizzabilità delle sue intercettazioni. Una questione seria, trattandosi delle garanzie costituzionali di un parlamentare, sulla cui questione adesso dovrà pronunciarsi la Corte Costituzionale. Incredibilmente sono passati tre anni ed il processo è ancora fermo e se la Consulta gli darà ragione, verrà tutto archiviato. Contrariamente, il processo ripartirà, ma davanti al prossimo Csm, che dovrà giudicare Ferri anche per la “grave scorrettezza” contestatagli per aver portato dall’imputato Silvio Berlusconi il suo giudice naturale Amedeo Franco, pronto a rivelare con rivelazioni mai confermate, i sospetti di un complotto politico-giudiziario a monte della condanna di Silvio decadere da senatore lo aveva fatto decadere da senatore in quanto pregiudicato per frode fiscale del 2013 .
Rivelare il contenuto di una camera di consiglio come ben noto è un reato, ma il giudice Franco nel frattempo è deceduto. Ferri che non è mai stato indagato penalmente, ha sempre dichiarato di non aver pressato o istigato né di aver conosciuto il contenuto delle confidenze che Franco intendeva fare a Berlusconi. La Procura generale della Cassazione ha avviato nei suoi confronti l’azione disciplinare, uno degli ultimi processi promossi dal procuratore Giovanni Salvi prima di andare in pensione, il quale nelle settimane successive è stato oggetto di forti polemiche per le sue scelte in materia disciplinare, che hanno portato anche a un’ostile interrogazione parlamentare alla ministra Cartabia, da parte di Italia Viva.
L’attuale leadership di Magistratura Indipendente ha annunciato di volersi “deferrizzare” e ha promosso candidature in discontinuità generando l’effetto è che accanto ai candidati ufficiali si sono proposte candidature autonome di esponenti della stessa corrente. Alcuni formalmente collegati tra loro come il giudice napoletano Giuseppe Cioffi, tempo fa sorpreso ad una convention di Forza Italia mentre ne processava un importante esponente per camorra), altri no. Alcuni notoriamente legati a Ferri da antichi vincoli professionali come ad esempio il giudice romano Leonardo Circelli, e capo della sua segreteria quando era al ministero, altri no. Tutti legati dal proposito di un «ritorno dalle origini». Che tutto questo possa rappresentare una “rifondazione ferriana” che è diventata materia di discussione di campagna elettorale.
Così come le voci su un attivismo dello stesso Ferri nella campagna elettorale, che peraltro si sovrappone alla sua. Certo tra i più ferventi sostenitori del listino di “Rifondazione” compare un ex consigliere del Csm, Luca Forteleoni, vicino a Ferri.
Tra i pm, le candidature indipendenti definite “falsamente”, dai commenti velenosi di Magistratura Indipendente, sono state quelle di Gregorio Capasso procuratore capo di Tempio Pausania , che ha condotto l’indagine per stupro nei confronti del figlio di Beppe Grillo mandandolo a processo, e del procuratore aggiunto di Latina Carlo Lasperanza, che divenne famoso 25 anni fa per il processo sull’omicidio della studentessa della Sapienza, Marta Russo.
Il confronto elettorale in generale è stato duro, con il desiderio di contarsi, conquistare almeno un paio di seggi, per farne perdere due o tre a Magistratura Indipendente, per poi dare battaglia interna al prossimo congresso. Dalla parte opposta, il cosiddetto “campo largo” progressista creatosi dopo il caso Palamara si è sfaldata diventando molto circoscritto e ristretto .
La corrente Autonomia&Indipendenza costituita da Piercamillo Davigo con il gradimento del M5S e del Fatto Quotidiano , si è disunita, perdendo al suo interno la componente meridionale e antimafia composta dai pm Roberto Ardita e Nino Di Matteo. Dopo non poche esitazioni l’unica personalità spendibile, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, ha deciso di non candidarsi preferendo indirizzare i suoi interessi per candidarsi alla guida della Procura di Napoli. Il pensionamento di Davigo dalla magistratura, con annessi veleni e processi che lo vedono imputato a Brescia sui verbali del “faccendiere” Piero Amara sulla loggia Ungheria, ha dato il colpo di grazia. La corrente si è disunita, ed il risultato elettorale che uscità oggi in Cassazione dallo spoglio delle votazioni dirà qualcosa di più sul suo futuro.
Dall’altro lato, quello progressista, del campo largo sicuramente meglio non va, avendo vissuto il divorzio non consensuale tra le correnti sinistrorse di Area e Magistratura Democratica. Nella scorsa primavera, a maggio si era parlato di un accordo “di desistenza”, per sfruttare le pieghe del sistema elettorale: candidature condivise in Cassazione e tra i pm per non disperdere voti, corse separate tra i giudici per massimizzare i risultati. Ma non si è arrivati ad un accordo e quindi Magistratura Democratica ha lanciato candidature autonome ovunque o addirittura sostenuto altri candidati.
Quindi sono attesi dei risultati imprevedibili, per i quali non si escludono sorprese, e non si può prevedere su quale corrente inciderà di più l’inesorabile astensione. Come sempre, il voto in Cassazione assumerà un rilievo non indifferente dal forte valore e significato politico. Nel 2018 fu clamoroso ed imprevedibile il successo del gruppo guidato da Piercamillo Davigo e la clamorosa sconfitta di Area ed un ridimensionamento di Unicost.
Oggi l’esito dello spoglio delle votazioni dei magistrati è molto incerto. In pole position i candidati di Area e Magistratura Indipendente ma sono considerati forti gli outsider di “Magistratura Democratica” e di «Rifondazione MI». La presenza di molti candidati (nove in tutto) abbassa il quorum di elezione, quindi il risultato finale si giocherà su pochi voti di differenza.
Ma lo spettacolo a cui assisteremo in definitiva è solo politica giudiziaria. Addio giustizia indipendente al di sopra delle parti.