ROMA – Nell’udienza odierna dinnanzi alla Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura il governatore della Regione Puglia Michele Emiliano, alla quale è arrivato in ritardo in quanto impegnato con il Ministro dell’ Agricoltura Gian Marco Centinaio ed oltre 4000 agricoltori che manifestavano a causa dei danni subiti per la xylella, giusto in tempo per presenziare alla lettura della decisione della sezione disciplinare che lo ha ritenuto colpevole delle accuse a suo carico.
Il suo difensore Armando Spataro ex procuratore capo di Torino, ha richiesto di avere visione dei provvedimenti di archiviazione adottati dalla sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura, in casi analoghi nei confronti di altri magistrati, le cui decisione sono citate nella memoria depositata dal sostituto procuratore generale della Cassazione dr. Carmelo Sgroi. Il difensore ha insistito nella sua richiesta di non punibilità per la scarsa rilevanza del fatto, ricordando che Emiliano è stato autorizzato da oltre un decennio a candidarsi e rivestire le cariche pubbliche sinora ricoperte. L’altro difensore del governatore pugliese, l’ avvocato Loiodice ha continuato a sostenere la necessità di Emiliano di essere iscritto al Pd per poter esercitare il suo ruolo e funzione di Sindaco prima e Governatore dopo.
L’ accusa rappresentata dal dr. Sgroi ha spiegato che i vari procedimenti citati dalla Procura Generale della Cassazione sono relativi ad altri magistrati che hanno ricoperto analoghe cariche elettive istituzionali, ricordando che una cosa è la partecipazione ad una competizione elettorale, ben altra cosa è l’iscrizione ed attività organica interna ad un partito. E quindi Emiliano ha violato la Legge a partire dal 2007. Emiliano, secondo il pg, “ha violato la norma attuativa della prescrizione posta nell’articolo 98, terzo comma, della Costituzione“, garanzia si legge ancora nell’atto di incolpazione “dell’esercizio indipendente e imparziale della funzione giudiziaria e valevole anche in relazione ai magistrati che non svolgano temporaneamente detta funzione, per essere collocati fuori del ruolo organico della magistratura“.
Le richieste della difesa, dopo una lunga camera di consiglio durata circa 45 minuti, sono state rigettate dal collegio disciplinare che ha ritenuto Michele Emiliano colpevole infliggendogli la sanzione dell’ ammonimento per aver violato la norma che vieta ai magistrati di essere iscritti e far politica attiva all’interno dei partiti. Emiliano infatti ha ricoperto ruoli dirigenziali nel Pd pugliese e si era anche candidato alla segreteria nazionale del partito in contrapposizione a Matteo Renzi. Partito dal quale nelle settimane scorse, non ha rinnovato l’iscrizione. “Il mio ruolo da magistrato lo impone” spiegò. Peccato per lui che se ne sia accorto un pò troppo tardi.
“Accetto la meno grave delle sanzioni disciplinari previste per i magistrati con serenità e con rinnovata determinazione nello svolgimento del mio incarico di Presidente della Regione Puglia. La sanzione è la più tenue e non ha alcun effetto pratico sull’esercizio delle mie funzioni, ma ciononostante ritengo di non averla meritata“. è quanto afferma in una nota Michele Emiliano dopo la condanna che gli ha inflitto la Sezione disciplinare del Csm ed aggiunge: “Valuterò la motivazione della sentenza ai fini della impugnazione nei successivi gradi, nella speranza che questa vicenda sia occasione per il legislatore di intervenire per evitare gli equivoci sin qui verificatisi“.
“Essere il primo ed unico magistrato italiano al quale si è contestata nel pieno dello svolgimento di un mandato politico ad elezione diretta l’appartenenza ad un partito politico, mi fa sentire un caso da laboratorio ancora da approfondire” continua Emiliano nella sua nota evidenziando come la complessità teorica della vicenda abbia “costretto il Csm a rimettere la questione alla Corte Costituzionale dopo undici anni dalla mia iscrizione al partito“.
“Sono sempre stato convinto, come tutti gli altri numerosi magistrati eletti, come me iscritti a un partito, che l’aspettativa – che mi è sempre stata regolarmente concessa per l’espletamento del mio mandato di sindaco e di presidente della Regione – mi rendesse a questi fini un cittadino eletto come tutti gli altri, abilitato a partecipare alla formazione dell’indirizzo politico degli enti da me governati all’interno dei partiti. Scopro oggi che ciò che vale per altri sindaci e Presidenti, secondo il Csm, non vale per me e, quindi, per tutti i Magistrati eletti in incarichi politici. Questi dovranno costruire l’indirizzo politico con metodo innovativo rispetto alle previsioni della Costituzione, seguendo l’indirizzo della Corte Costituzionale che ha rimesso al CSM il compito di precisare fino a che punto si possa avere a che fare con i partiti da parte di un eletto magistrato” .
Sulla vicenda è intervenuto l’eurodeputato Raffaele Fitto: “Solo un cartellino giallo? Per anni Michele Emiliano ha violato un chiaro dispositivo di legge che vieta ai magistrati di prendere la tessera di un partito e oggi il Csm gli dà uno scappellotto. Lo ammonisce con la più blanda delle sanzione previste. La storia politica della Puglia è stata ed è costellata di questi episodi: magistrati che il giorno prima indossavano la toga e il giorno dopo erano militanti e candidati. E – conclude – sarebbero serviti molti più cartellini rossi per evitare una degenerazione che in diversi casi ha rischiato di compromettere la credibilità della magistratura ed ha visto condizionare in modo grave ed imbarazzante la storia della politica pugliese“.