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23 Luglio 2024 07:46
23 Luglio 2024 07:46

Emiliano vende fumo: l’Europa boccia il Sud e la Puglia è tra le sei regioni più povere dell’Unione Europea

Nell' Unione Europea in media il 71,1% dei cittadini fra i 20 e i 64 anni nel 2016 aveva un'occupazione .La media italiana è del 57,2%  ma crolla al 44,3% in Puglia. Numeri preoccupanti ai quali si aggiungono quelli relativi al valore delle produzioni delle aziende agricole inferiore ai 25mila euro l'anno, allo stesso livello delle regioni europee più periferiche

ROMA – Mentre il   Centro Studi di Confindustria constatava e confermava le previsioni di crescita dell’economia italiana, è arrivata la “doccia fredda” di Eurostat Regional Yearbook 2017, che ieri  ha pubblicato il proprio rapporto annuale che evidenzia lo squilibrio fra il Mezzogiorno ed il Centro Nord del Paese . I numeri parlano chiaro:  la Puglia, Calabria, Sicilia e Campania  sono fra le sole sei regioni europee dove lavora meno di una persone su due.

 

 

Nell’ Unione Europea in media il 71,1% dei cittadini fra i 20 e i 64 anni nel 2016 aveva un’occupazione .La media italiana è del 57,2%  ma crolla al 44,3% in Puglia, 41,2% in Campania, 40,1% in Sicilia e 39,6% in Calabria.  Numeri preoccupanti ai quali si aggiungono quelli relativi al valore delle produzioni delle aziende agricole di Puglia, Basilicata e Calabria: in media è inferiore ai 25mila euro l’anno, allo stesso livello delle regioni europee più periferiche.

Statistiche che suonano come come un allarme, rispetto alle prospettive di crescita del Mezzogiorno e della Puglia nello specifico. L’economista Tito Boeri presidente dell’Inps  ha così commentato: “Se l’occupazione è così bassa è colpa anche di assetti contrattuali sbagliati” rilanciando al Governo la richiesta di introduzione di un minimo salariale legale per tutti i lavoratori che sostituisca i contratti nazionali ma  il Governo al momento non sembra avere intenzione di affrontare questo argomento La proposta di una sorta di salario minimo era contenuta nel Jobs act ma la delega che permetterebbe di far crescere le retribuzioni lì dove la produttività è più alta, non è stata attuata proprio su questo punto  .

Il Centro studi di Confindustria, nel rapporto autunnale ha sottolineato che  “per effetto di una ripresa globale che il paese ha in parte agganciato infatti, il Pil 2017 si va irrobustendo ed è previsto in aumento dell’1,5%, dall’1,3% stimato precedentemente dagli industriali, per segnare un +1,3% nel 2018 rispetto all’1,1%. A fine 2018 il Pil, inoltre, recupererà il terreno perduto con la seconda recessione, quella del 2011-2013 ma sarà ancora del 4,7% inferiore al massimo toccato nel 2008″. Gli economisti di Confindustria spiegano che i principali volani di crescita “sono l’export, che coglie appieno la ripresa mondiale, e gli investimenti, sostenuti dai provvedimenti del governo a favore dell’acquisto di beni strumentali, da migliori aspettative della domanda, saturazione degli impianti e buone condizioni finanziarie”.

Secondo gli analisti di Confindustria in tema di occupazione,  la ripresa in corso passa  da “una considerevole creazione di posti di lavoro”. L’occupazione infatti salirà nel 2017 dell’ 1,1%  e  nel 2018  dell’1% , mentre la disoccupazione  nel 2017 si attesterà all’11,2%  per calare  al 10,6% nel 2018. Nel rapporto si legge che  saranno 815 mila in più le persone occupate nel 2017,  che supereranno  a fine 2018 di 160mila unità il picco registrato nel 2008.

Tutto ciò mette in evidenza che il mercato del lavoro non è la Cenerentola del recupero in atto”, analizzano gli economisti di Confindustria che però evidenziano “la bassa occupazione giovanile  rappresenta il vero tallone d’Achille del sistema economico e sociale italiano” ed il Paese perde in capitale umano circa 14 miliardi all’anno a causa della fuga dei “cervelli” all’estero  che rappresente un punto percentuale di Pil  che con questo trend negativo diminuisce le potenzialità di sviluppo. E su questo dato infatti  che l’analisi di Confindustria si allinea alla fotografia socio-economica-occupazionale del “Regional Yearbook 2017“: la Puglia Campania, Calabria e Sicilia sono, infatti, tra le regioni dell’Unione Europa con il maggior numero di Neet (giovani che non studiano e non lavorano) tra i 18 e i 24 anni in rapporto alla popolazione della stessa fascia di età.

Stranamente il Governatore della Regione Puglia Michele Emiliano (Pd) ed il suo “scudiero” neo-assessore regionale allo sviluppo economico ed attività produttive Michele Mazzarano (Pd) tacciono. Nessun commento, nessun comunicato. Forse sono troppi impegnati alle operazioni pre-elettorali e nel loro clientelarismo. Per loro ragazzi pugliesi possono attendere…

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