ROMA – Il dossier Ilva sembra essere diventato un “giallo” a puntate. Voci di un’imminente accordo tra le parti si sono rincorse per tutta la giornata di ieri , con dato per fatto il piano definitivo, da diverse fonti legali che erano convinte che la firma finale sarebbe stata apposta oggi.
Fonti del ministero del Ministero dello Sviluppo Economico a stretto giro hanno di fatto smentito da Roma quello che i legali avevano fatto circolare, con uno strano chiarimento : “Non è prevista alcuna firma questa settimana sull’ex Ilva tra ArcelorMittal e i commissari dello stabilimento tarantino“. spiegano . Ancora una volta la situazione che emerge sulla vicenda è molto confusa. Ufficialmente, la ragione dell’ennesimo slittamento sarebbe soltanto “tecnica” e dovuta alla mancata acquisizione delle firme dei ministri interessati.
Il rinvio della firma in realtà dipende esclusivamente dal Ministero dello Sviluppo Economico che deve dare “semaforo verde” ai commissari per sottoscrivere l’accordo. Di fatto è quindi soltanto una questione formale i quanto gli avvocati di Arcelor Mittal (Gop, Cleary Gottlieb) e quelli della amministrazione straordinaria (BonelliErede) hanno già raggiunto un accordo condividendo il testo di modifica del contratto originario che recepisce le linee essenziali (sette pagine) che erano state stese il 7 febbraio: al primo punto, c’è “la revoca del recesso da parte di AM InvestCo Italy” (Ami), la newco messa in campo dagli indiani, “e definizione del giudizio pendente a spese compensate“. In quelle sette pagine era indicato il termine di oggi per sottoscrivere l’accordo modificativo ma, appunto per motivi tecnici, è stato rinviato di qualche giorno.
“Stiamo limando ancora le differenze che ci sono tra la visione del governo e quella di ArcelorMittal riguardo al futuro dello stabilimento di Taranto“. ha affermato il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli parlando a “Uno Mattina” su Rai Uno in merito alla vicenda ex Ilva.
Una giustificazione alquanto debole ed imbarazzante che lascia ancora in sospeso la modifica del contratto di affitto e acquisizione per rinnovare il polo siderurgico e la remissione del procedimento civile in essere dinnanzi al Tribunale di Milano. Ed i lavoratori restano ancora una volta nel limbo delle “voci” mentre i sindacati continuano a restare esclusi dalla trattativa fra il Governo Conte ed Arcelor Mittal.
La questione occupazione è ormai dato per certo non rientrerà nell’accordo. Il problema occupazionale posto da Arcelor Mittal, che non ha rispettato i contratti sinora firmati, dovrebbe essere definito in seguito nella consapevolezza che nel periodo di transizione, dal vecchio al nuovo polo siderurgico, conseguentemente sarà necessario ricorrere ad una cassa integrazione temporanea in attesa di capire, quando lo stabilimento siderurgico di Taranto potrà lavorare a pieno regime.
La nuova Ilva dovrebbe ripartire però dal ritorno dello Stato nell’azionariato attraverso Invitalia che dovrebbe partecipare alla ricapitalizzazione della società usufruendo dell’importo che gli girerà il Ministero del Tesoro convertendo il prestito-ponte — e del mondo bancario, in primis il creditore Banca Intesa Sanpaolo, diventato socio della cordata AmInvestCo al posto del Gruppo Marcegaglia, chiamato a convertire i crediti. La presenza dei soci italiani arriverebbe al 49% per gestire gli stabilimenti nella fase di transizione verso un nuovo piano industriale che non si conoscerà prima del prossimo mese di novembre.
Si prevede che gli altoforni Afo4, Afo5, il preridotto a gas e il forno elettrico siano in funzione all’inizio del 2023 , e solo allora si potrà capire quale sarà l’effettiva forza lavoro da impiegare. La formalizzazione dell’accordo, dunque, salvo ulteriori ennesimi rinvii, dovrebbe arrivare settimana prossima e comunque entro il 6 marzo, data della prossima udienza.
Dopo la firma degli eventuali accordi raggiunti, potranno finalmente partire quelle che vengono definite le “iniziative formali“, tra cui il deposito delle “iniziative di rinuncia” al giudice Claudio Marangoni del Tribunale Civile di Milano delle due parti: Arcelor Mittal ritirerà l’atto di citazione con cui aveva annunciato il recesso dal contratto lo scorso novembre, mentre ILVA in Amministrazione Straordinaria ritirerà il ricorso cautelare d’urgenza col quale avevano contrastato l’addio del gruppo franco indiano.
Fra i punti presenti nell’accordo sono previsti un aumento del capitale, che verrà sottoscritto da Palazzo Chigi alla fine di novembre e il rinnovo totale dell’Altoforno5 (il più grande di Europa, attualmente spento) e con la realizzazione del forno elettrico in linea con il piano industriale “green”.
Nell’accordo sarebbe stata inclusa una penale di 500 milioni (400 cash e 100 di magazzino) che ArcelorMittal dovrebbe pagare per poter eventualmente uscire a novembre qualora le condizioni dell’accordo non si realizzassero. Una penale che i sindacati giudicano irrisoria rispetto ai 4 miliardi di investimenti sottoscritti un anno fa. Saranno quindi “strategivci” e necessari i fondi europei per la riconversione contenuti nel Green Deal della Commissione Ue.
Nel frattempo il sindaco di Taranto , scopertosi all’improvviso “ambientalista” ha deciso ancora una volta di fare solo “rumore” ed ha firmato un’ordinanza – di efficacia assai dubbia – che intima ad Arcelor ed Ilva in As di eliminare le criticità delle emissioni dagli impianti entro 30 giorni», pena lo stop di tutte le attività. L’ennesima “boutade” alla ricerca di consenso da una città che non l’ha mai accettato e voluto alla guida dell’Amministrazione Comunale (è stato eletto da 1 cittadino su 4)
ILVA S.p.a. in Amministrazione Straordinaria con un comunicato ha reso noto questa mattina di aver ha ricevuto la notifica di un’ordinanza contingibile e urgente del Sindaco di Taranto, con la quale si dispongono una serie di misure che potrebbero arrivare fino alla fermata degli impianti dello stabilimento.
“Il provvedimento interviene in un momento in cui ci si sta prodigando per l’auspicata riconversione dello stabilimento nell’ambito del generale progetto per la città di Taranto, a favore della quale, com’è noto, il Governo profonde numerose energie” riporta la nota di ILVA in A.S. , che continua ” Fermi restando gli accertamenti che saranno effettuati sulla natura e la provenienza delle emissioni su cui si fonda il provvedimento, ILVA in A.S. – per quanto ad essa riferibile – ritiene illegittima, inappropriata e sproporzionata l’ordinanza che incide sull’esercizio di uno stabilimento d’interesse strategico nazionale e su interessi che devono trovare la loro composizione e il loro bilanciamento attraverso l’appropriato uso degli strumenti ordinari”. I legali di Ilva in A.S. si riservano quindi di impugnare l’ordinanza dinanzi alle Autorità competenti.