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24 Agosto 2024 18:13
24 Agosto 2024 18:13

Entra in vigore la direttiva europea sul diritto alla riparazione. Ecco cosa prevede

I cittadini europei perdono circa 12 miliardi di euro ogni anno per sostituire prodotti e dispositivi al posto che ripararli: le nuove regole cercano di intervenire proprio in questa direzione. Sono inclusi nel provvedimento molti oggetti quotidiani: lavatrici, lavastoviglie, televisori, smartphone

Lo scorso aprile il Parlamento europeo aveva approvato la direttiva relativa al diritto alla riparazione. E dal 30 luglio sono entrate in vigore le nuove regole. Gli Stati membri avranno 24 mesi di tempo per recepire la direttiva nel diritto nazionale. Lo ha annunciato su X il commissario Ue alla Giustizia Didier Reynder. Vengono forniti chiarimenti sull’obbligo per i fabbricanti e i venditori di riparare i beni e incoraggiano i consumatori a prolungare il ciclo di vita di un prodotto attraverso la sua riparazione piuttosto che la sostituzione, riducendo così i rifiuti.

Le tecnologie coinvolte in questa norma sono “beni di consumo” come definiti dalla direttiva Ue 771 del 2019. Perciò è soggetto al diritto alla riparazione “qualsiasi bene mobile materiale” e “qualsiasi bene mobile materiale che incorpora o è interconnesso con un contenuto digitale o un servizio digitale”. Sono inclusi molti oggetti quotidiani: lavatrici, lavastoviglie, televisori, smartphone. I produttori e i fornitori di beni di consumo dovranno fornire in modo chiaro tutte le informazioni per poter aggiustare il prodotto venduto in caso di guasto (se possibile) e dare assistenza a un “costo ragionevole”.

I cittadini europei perdono circa 12 miliardi di euro ogni anno per sostituire prodotti e dispositivi al posto che ripararli: lo dicono i dati raccolti dalla Commissione europea. Lo smaltimento inoltre è molto inquinante, soprattutto se prematuro. Consuma infatti 30 milioni di tonnellate di risorse e genera 35 milioni di tonnellate di rifiuti ogni anno. Il diritto alla riparazione punta a ridurre tutti questi numeri con una serie di indicazioni dirette soprattutto ai produttori.

I pezzi potranno inoltre essere inviati ai centri di assistenza di terze parti. Infine, se il consumatore sceglie di riparare anziché sostituire, avrà diritto a un anno in più di garanzia sul prodotto. Come detto, i costi devono essere “ragionevoli” e dichiarati al momento della consegna del dispositivo: se non è possibile prevedere la cifra, bisogna comunque indicarne una massima. Per quanto riguarda le tempistiche, bisogna restituire il prodotto aggiustato entro 30 giorni. E si deve dare la possibilità di avere un prodotto sostitutivo nel periodo richiesto per la riparazione.

C’è in previsione anche il lancio, da parte della Commissione europea, di una piattaforma online dove i cittadini potranno trovare i siti per la riparazione più vicini a loro, così come i venditori di prodotti usati. Ogni Stato membro dovrà poi creare il suo sito locale. L’Unione europea mette anche a disposizione un modulo – non è obbligatorio l’uso – per facilitare l’avviamento delle riparazioni. Con il diritto alla riparazione cade il divieto di usare componenti create in modo indipendente o con stampa 3D. E i produttori ufficiali non potranno poi rifiutarsi di apporre ulteriori riparazioni su quel dispositivo solo perché è stato “manipolato” da terzi.

“Trasformeranno il nostro modo di consumare rendendo più facile per tutti riparare i propri beni, invece di sostituirli automaticamente. Contribuiranno inoltre allo sviluppo dell’intero ecosistema di riparazione, riutilizzo e ristrutturazione. Un importante passo avanti per un’Europa sostenibile e climaticamente neutra”, ha spiegato Reynders.

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