Nell’aula affollata della Corte di Assise di Bologna è stata letta in un silenzio surreale la sentenza letta dal presidente Francesco Maria Arcangelo Caruso che ha condannato all’ergastolo Paolo Bellini ex esponente di Avanguardia Nazionale per la strage alla stazione del 2 agosto 1980 che fece 85 morti e 200 feriti. In silenzio, con gli occhi carichi di lacrime i parenti delle vittime e i superstiti della strage di Bologna hanno accolto la sentenza. Unica concessione all’emozione un abbraccio e poche parole: “Giustizia è fatta dobbiamo dire grazie alla Procura generale e ai nostri avvocati”.
Settantasette udienze, oltre cento testimoni ascoltati in aula, un confronto all’americana e diverse decine di verbali, di informative degli investigatori. Una mole di lavoro imponente della magistratura bolognese che parte dalla strage di piazza Fontana per concludersi alle testimonianze raccolte anche di recente tra gli ufficiali di Sismi e Sisde ancora in vita. E’ stata ricostruita minuziosamente la rete dei gruppi eversivi di estrema destra, i rapporti con i servizi segreti, omicidi, attentati e rapine. Protezioni inconfessabili di Bellini, come quella dell’ex procuratore di Bologna, Ugo Sisti.
Il mistero di Ugo Sisti (ex)procuratore di Bologna trovato dalla Polizia nell’albergo della famiglia di Bellini due giorni dopo la strage
Era stato proprio Aldo Bellini ad accompagnare alla stazione di Reggio Emilia l’allora procuratore capo di Bologna Ugo Sisti, dopo essere stato sorpreso e identificato dalla polizia, la mattina di lunedì 4 agosto 1980 fra gli ospiti dell’albergo Mucciatella della famiglia Bellini. Leggiamo cosa scrisse, nero su bianco il maresciallo della Polizia di Stato in forza alla Uigos di Reggio Emilia, Salvatore Bocchino, nella sua relazione di servizio: «In relazione alla richiesta di questa Procura della Repubblica del 26 febbraio 1982 inerente al verbale relativo alla perquisizione domiciliare effettuata ai sensi dell’art. 41 il 4.8.1980 presso l’albergo dei Bellini nel quadro delle indagini sulla strage della stazione ferroviaria di Bologna del 2.8.1980, si allegano i verbali della Mucciatella e della abitazione di Bellini Guido».
E qui di seguito il poliziotto riferisce l’incredibile circostanza dell’identificazione del dottor Ugo Sisti nell’albergo dei Bellini: “Per quanto riguarda la presenza sul posto dell’allora Procuratore della Repubblica di Bologna dott. Ugo Sisti, si fa presente che mentre il sottoscritto stava perquisendo i piani superiori dell’albergo (il personale era stato diviso in due squadre, una a pianterreno e una ai piani superiori) fu fatto chiamare dalla guardia di PS Campanale Antonio, di questa Squadra Mobile, che aveva bisogno della scrivente in quanto, avendo dato io l’ordine che nessuno poteva lasciare l’albergo senza prima essere identificato, aveva fermato chiedendogli i documenti un distinto signore che disse di essere il dott. Ugo Sisti, Procuratore della Repubblica di Bologna e che il dottor Sisti voleva parlare con un funzionario o chi per esso. Mi presentai al citato signore che mostrandomi un tesserino mi disse chi era e poi mi chiese del perché della perquisizione e se avevamo trovato qualcosa. Gli feci presente che l’operazione di Polizia era ancora in corso e che era da mettere in relazione alla strage di Bologna, avvenuta due giorni prima e che i Bellini avevano un figlio latitante simpatizzante di destra».
Torniamo al 4 agosto 1980 e alla relazione di servizio del funzionario dell’Uigos di Reggio Emilia relativa alla perquisizione alla Mucciatella: «Il dottor Sisti si congratulò per il modo in cui veniva effettuata la perquisizione, elogiando nel contempo le forze di Polizia e poiché dall’atrio dell’albergo ci eravamo portati fuori, senza che io chiedessi nulla, mi disse che la sera prima stava rientrando a Bologna e che essendo tardi era stato invitato da un avvocato di Reggio Emilia, di cui adesso non ricordo il nome, a fermarsi a Reggio Emilia a prendere un po’ di fresco e si erano portati quindi alla Mucciatella. Poi ci salutammo e poiché era uscito dall’albergo anche Bellini Aldo, finimmo di parlare. Poco dopo l’Aldo Bellini disse alla moglie e alla figlia di continuare ad assistere alla perquisizione in quanto lui doveva accompagnare quella persona alla stazione ferroviaria. Vidi poi il dottor Sisti salire sull’autovettura di Bellini ed insieme si allontanarono».
Il procuratore Ugo Sisti si trovò, comunque, intrappolato in una tenaglia, poiché le indagini su Paolo Bellini non venivano condotte dalla sua Procura, ma da quella di Reggio Emilia dove lavorava un sostituto procuratore con un fiuto straordinario, Giancarlo Tarquini. E Tarquini, utilizzando il metodo poi diventato famoso con Giovanni Falcone nelle sue inchieste di mafia, e cioè quello di seguire i flussi di denaro («follow the money»), delegò – anche in questo delicatissimo caso – una serie di accertamenti patrimoniali, bancari e societari per scoprire cosa poteva legare la famiglia Bellini a quella del potente dottor Ugo Sisti. Le indagini vennero svolte in parallelo sia dalla Polizia Tributaria sia dalla Polizia Politica e dalla Squadra Mobile. Venne ricostruita un po’ tutta la rete di rapporti d’affari tra Guido Bellini, Luciano Ugoletti, don Ercole Artoni e altri personaggi minori.
L’inchiesta condotta dal pm Tarquini e che portò all’incriminazione di Ugo Sisti per i reati di “favoreggiamento” ed “omessa denuncia” in relazione alla sua conoscenza del latitante Paolo Bellini fece emergere degli strani rapporti di natura economica tra Aldo e Guido Bellini e l’ex capo della Procura di Bologna. Sembra, infatti, che i Bellini aiutarono economicamente la sorella di Ugo Sisti, Fernanda, abitante a Falconara Marittima, in provincia di Ancona.
«Il ruolo di Sisti è centrale per inquadrare quello di Bellini e comprendere meglio i livelli più elevati delle responsabilità». Lo sostiene a ragione quindi il magistrato Vito Zincani, uno dei massimi esperti di terrorismo nero in Italia, chiamato in carriera successivamente a occuparsi anche della banda della Uno Bianca e, in Corte d’Assise d’appello, delle nuove Br, condannate per l’omicidio del giuslavorista Marco Biagi. Ex procuratore di Modena fino al 2014, negli anni Ottanta Zincani è stato, insieme a Sergio Guastaldo, giudice istruttore della prima inchiesta sulla strage della stazione di Bologna, firmando la sentenza-ordinanza alla base del primo processo per l’attentato del 2 agosto in 1980, costato la vita a 85 persone e che ha causato oltre 200 feriti.
Zincani rincara le accuse nei confronti dell’ ex-procuratore di Bologna : “Se è vero che i servizi segreti hanno pesantemente depistato le indagini sulla strage, se è vero che tutte le persone coinvolte nell’attentato sono a vario titolo sospettate di avere avuto rapporti con i servizi segreti, come ho tentato di dimostrare nel saggio scritto con altri colleghi che si sono occupati di stragi, pubblicato nel settembre 2019 “L’Italia delle stragi” a cura di Angelo Ventrone, allora va detto che fu il procuratore Sisti ad intervenire in prima persona, sovrapponendosi ai propri sostituti, per sollecitare i servizi segreti ad intervenire nelle indagini sulla strage di Bologna, in seguito mantenendo direttamente con essi, attivamente impegnati a sviare le indagini, i rapporti. Il ruolo di Sisti è dunque centrale per inquadrare quello di Bellini e comprendere meglio i livelli più elevati delle responsabilità. Basti dire che una volta venuta alla luce la sorprendente e in qualche modo inquietante relazione tra il procuratore della repubblica di Bologna Sisti e il latitante Bellini-da Silva, lo stesso ha potuto assurgere ad altri ancor più importanti incarichi“
Paolo Bellini è stato condannato ritenuto quale quinto presunto esecutore dell’eccidio e per lui è stato disposto un anno di isolamento. Condannati anche l’ex amministratore dei condomini di via Gradoli Domenico Catracchia (4 anni) e l’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusati rispettivamente di false informazioni al pm e depistaggio. Bellini è stato dichiarato responsabile dei delitti a lui ascritti, uniti dal vincolo della continuazione e condannato alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno per la durata di un anno. L’ ex-capitano Piergiorgio Segatel è stato condannato a sei anni di reclusione oltre al pagamento delle spese processuali e Domenico Catracchia, ritenuta la sussistenza dell’aggravante contestata, è stato condannato a quattro anni di reclusione.
Gli imputati oggi ritenuti colpevoli sono stati condannati anche al pagamento delle spese processuali ed al risarcimento dei danni conseguenti ai reati a favore delle parti civili sostenute dalle parti civili non beneficiarie di patrocinio a spese dello Stato: Paolo Bellini nella misura del 90%, Piergiorgio Segatel e Domenico Catracchia nella misura del 5%. Bellini e Segatel sono stati interdetti in perpetuo dai pubblici uffici e in stato di interdizione legale durante l’esecuzione della pena. Catracchia è stato interdetto dai pubblici uffici per la durata di cinque anni.
Paolo Bellini è stato condannato in particolare al pagamento di una provvisionale esecutiva di 100.000 euro in favore delle parti civili che hanno perso un parente di primo grado o il coniuge, di 50.000 euro in favore delle parti civili che hanno perso un parente di secondo grado o un affine di primo o secondo grado, di 30.000 euro in favore delle parti civili che hanno perso un parente o un affine di grado ulteriore, di 15.000 euro in favore di ogni parte civile che abbia riportato lesioni e di 10.000 euro in favore di ogni parte civile che abbia un parente che abbia riportato lesioni.
È questa di fatto la madre di tutte le inchieste sul più grave atto terroristico che l’Italia abbia mai conosciuto nel corso della storia repubblicana, su cui sono tornati ad accendersi i riflettori dopo il fine indagini emesso dalla Procura Generale di Bologna della nuova inchiesta sui mandanti, a carico alla della Primula Nera reggiana, Paolo Bellini, ritenuto esecutore dell’attentato insieme ai Nar, Nuclei armati rivoluzionari: un quadro accusatorio nel quale tornano prepotentemente d’attualità non solo i numerosi tentativi di depistaggio messi in atto subito dopo lo scoppio della bomba, ma anche il ruolo dei vertici della loggia massonica P2, a partire dal Gran Maestro Licio Gelli.
“Mi aspetto la verità, non ero a Bologna il 2 agosto 1980, la signora Bonini può dire quello che vuole. Quel signore non sono io, ha una deformazione fisica che non ho”, aveva dichiarato Bellini all’Adnkronos prima della sentenza. “Sono 40 anni che i giornalisti mi massacrano, ho subito attacchi incredibili contro la mia persona – aveva aggiunto – Capo dei servizi segreti di chi? Cosa? Quando tornavo dal Sud America qui, quelli che dicevano che conoscevo andavano lì. Quando li avrei incontrati? Le prove ci vogliono, non chiacchiere, non illusioni. Credo nei magistrati, ma non in quelli inquirenti, non hanno sentito l’esigenza di farmi una domanda, una sola. E lo so perché, lo sanno anche loro; perché gli avrei smontato tutto in cinque minuti, con dati di fatto“.