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3 Luglio 2024 03:24
3 Luglio 2024 03:24

Ex banda della Magliana e criminalità. Carabinieri stanno notificando arresti a 28 indagati

“Marcellone” Colafigli, già componente’ della nota "Banda della Magliana" di Roma, gravemente indiziato di essere a capo di un'organizzazione criminale

Su delega della Procura della Repubblica di Roma – Direzione Distrettuale Antimafia, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Roma, dalle prime luci dell’alba, stanno dando esecuzione nelle province di Roma, Napoli, Foggia e Viterbo, a un’ordinanza, emessa dal Gip del Tribunale di Roma, che ha disposto misure cautelari nei confronti di 28 persone (11 destinatarie della misura della custodia cautelare in carcere, 16 della misura degli arresti domiciliari e una dell’obbligo di firma), gravemente indiziate, a vario titolo dai pm della Dda Francesco Cascini, Giovanni Musarò, Francesco Minisci e Mario Palazzi, dei reati di associazione finalizzata al traffico internazionale di stupefacenti, di tentata rapina in concorso, tentata estorsione in concorso, ricettazione e possesso illegale di armi, procurata inosservanza di pena e favoreggiamento personale. 

Le indagini, avviate dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma e coordinate dalla DDA di Roma nel giugno 2020, hanno permesso di raccogliere gravi elementi indiziari in ordine all’esistenza di un sodalizio criminale, con base logistica nella Capitale e operativo nell’area della Magliana, periferia a Sud – Ovest di Roma. e sul litorale laziale, capeggiato da Marcello Colafigli uno dei promotori storici della cosiddetta “Banda della Magliana”, il quale, nonostante in regime di semilibertà, era riuscito a pianificare cessioni ed acquisti di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti  dall’estero (Spagna e Colombia), mantenendo rapporti con esponenti della ‘ndrangheta, della camorra, della mafia foggiana  e con albanesi inseriti in un cartello narcos sudamericano.

Tra i destinatari delle misure, infatti, oltre a Marcello Colafigli, già detenuto in carcere per altra causa, ci sono altri 22 cittadini italiani, 2 albanesi, 1 kosovaro, 1 macedone e 1 colombiano. Sono stati raccolti gravi elementi indiziari in ordine al fatto che Colafigli sarebbe riuscito a coordinare le attività delittuose, nonostante la misura a cui era sottoposto, grazie anche alla compiacenza della responsabile di una Cooperativa Agricola, raggiunta anche lei dall’odierna ordinanza, ove avrebbe dovuto svolgere l’attività lavorativa prevista dal regime di semilibertà, ottenendo la possibilità di allontanarsi a suo piacimento e di incontrare all’interno della cooperativa i propri sodali, aiutandolo a eludere le investigazioni.

Avvalendosi anche del proprio prestigio criminale, inoltre, Colafigli è indiziato di aver guadagnato la fiducia di un gruppo di albanesi inseriti in un importante cartello colombiano operativo nella città di Turbo (Colombia). Il referente sud americano, originario della città di Medellin, è anch’egli destinatario della misura cautelare in carcere ma allo stato risulta irreperibile. L’uomo al vertice del gruppo c.d. “degli albanesi”, punto di contatto con il cartello colombiano, si è prestato per andare di persona a trattare con i fornitori sudamericani ed è suggestivo il passaggio delle intercettazioni in cui descrive le difficoltà da affrontare per entrare illegalmente in Colombia e le cautele utilizzate dai trafficanti locali per eludere le attività d’indagine come l’utilizzo di apparecchi satellitari e il ricorso spregiudicato alle armi da fuoco.

Nel corso delle indagini, i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma hanno raccolto gravi elementi indiziari in ordine alla collaborazione finanziaria tra il sodalizio di Colafigli ed esponenti della criminalità organizzata della provincia di Foggia, Pasquale Napolitano 57 anni, detto “il nero” o “lo scuro”, e Gaetano Saracino, di 45 anni, detto “il ragazzino”, entrambi di Cerignola, sono i due pugliesi coinvolti nell’operazione,  i quali avevano finanziato l’importazione dalla Colombia di 30 kg di cocaina al prezzo di 200.000 euro; a riguardo la trattativa non è poi andata a buon fine, poiché ad uno dei sodali, incaricato di effettuare il pagamento con money transfer verso la Colombia, sono stati sottratti da un parente prossimo, suo complice, i soldi accreditati su un conto dedicato. Ne sono nati dissidi, non degenerati in azioni violente solo grazie all’intermediazione di Colafigli.

Ma per rientrare del debito maturato con la malavita foggiana, Colafigli è gravemente indiziato di aver organizzato una rapina ai danni di un soggetto noto nell’ambiente come “riciclatore”. I Carabinieri del Nucleo Investigativo di Roma sono però intervenuti evitando il compimento del delitto fermando le persone che avrebbero dovuto compiere la rapina, recuperando in quella occasione uno storditore elettrico, uniformi, palette e pettorine con l’emblema della Guardia di Finanza nonché una pistola Beretta.

Tra le persone del sodalizio deputate allo spaccio di droga vi è anche un uomo, ferito da colpi d’arma da fuoco lo scorso 25 marzo 2024 in via Pian Due Torri alla Magliana, anch’egli destinatario dell’odierna ordinanza. Nel corso delle fasi esecutive dell’operazione, questa mattina, a Roma, i Carabinieri hanno rinvenuto e sequestrato circa 400.000 euro, durante una perquisizione a casa di uno degli indagati. Per l’operazione, sono stati impiegati 150 militari dell’Arma territoriale, equipaggi di supporto, nucleo cinofili e nucleo elicotteristi.

Scrive il Gip riguardo alla esigenza stringente di misure cautelari nei riguardi di Colafigli e soci: “L’autorità criminale indiscussa di Marcello Colafigli, la rilevanza e numerosità dei delitti di approvvigionamento e spaccio compiuti in un breve lasso temporale, i contatti diretti con associazioni criminali di primo piano, i rapporti con ulteriori figure criminali e la risolutezza delinquenziale dimostrata nella pianificazione e realizzazione delle attività di spaccio, offrono plurimi e convergenti elementi ostativi al superamento della presunzione legale di attualità delle esigenze cautelari”.

Secondo il gip Marcello Colafigli avrebbe una particolare attitudine al crimine: “L’eccezionalità dell’attitudine delinquenziale di Colafigli – si legge nelle carte processuali che hanno portato al suo arresto – è resa evidente non solo dalla sua disinvoltura nell’intrattenere legami con figure criminali di primo piano o dalla facilità nel compimento di reati di varia natura ma ancor più dalla impermeabilità al trentennale periodo di carcerazione non essendo mutate né l’indole né la conoscenza delle dinamiche criminali nel territorio romano e nazionale: egli invero non appena è stato ammesso allo svolgimento del lavoro esterno al carcere, sfruttando la copertura offertagli dalla  responsabile  della  cooperativa  (indagata in questo procedimento), ha organizzato in breve tempo un rilevante numero di importazioni di cocaina ed hashish di ingente quantità e con abilissime modalità…“.

Le intercettazioni hanno consentito ai carabinieri del nucleo investigativo di via in Selci di ricostruire i meccanismi: “Pure se chiacchierano e fanno il nome mio – dice Colafigli a un sodale – a mia insaputa io me la difendo sempre però perché gli dico “Questi qua sono 40 anni che vanno avanti col mio nome, si sono arricchiti che ca… volete?”»

Chi è Marcello Colafigli

Marcello Colafigli, è stato riconosciuto unitamente a Franco Giuseppucci, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis, come uno dei promotori del gruppo criminale romano noto con il nome “Banda della Magliana”. Gravato da più ergastoli, è stato condannato, tra l’altro, per il sequestro e l’omicidio del Duca Massimo Grazioli Lante della Rovere (considerata l’azione con cui la Banda ha iniziato la propria attività criminale) e l’omicidio, come mandante, di Enrico De Pedis.

Colafigli, detto anche “Marcellone”, è nato il 12 novembre 1953 a Poggio Mirteto, in provincia di Rieti. Orfano di madre e sopravvissuto a un parto gemellare in cui il fratello nacque morto, Colafigli compie gli studi superiori nell’istituto per geometra. Aveva un altro fratello di nome Alberto che aveva un ruolo marginale nella banda dedicato allo spaccio morto prematuramente negli anni ’90. La sua natura malavitosa, però, prenderà in lui il sopravvento e, assieme all’amico fraterno Franco Giuseppucci, si organizza spesso in diverse batterie dedite alle rapine. Gli altri malavitosi riconoscono in lui una forza fisica indescrivibile e una violenza nei modi e nelle reazioni che gli fanno ben presto guadagnare il soprannome di “Marcellone“. Ha ispirato il “Bufalo” in “Romanzo Criminale“.

Marcello Colafigli entra a far parte della Banda della Magliana, il 7 novembre 1977 con il sequestro del duca Grazioli, grazie al suo amico Franco Giuseppucci. Molto probabilmente da questo evento nasce la vera e propria Banda. Con lui all’epoca c’erano Franco Giuseppucci, ovvero “Er Fornaretto”, Enrico De Pedis, Maurizio Abbatino e Nicolino Selis. Che secondo Antonio Mancini fu il vero fondatore della banda, anche se la pubblicistica ha raccontato storie molto più romanzate. Colafigli, proprio insieme a Mancini, fu anche protagonista dell’agguato di Donna Olimpia, quando i due cercarono di uccidere i fratelli Proietti, considerati gli esecutori dell’omicidio di Giuseppucci.

Quando Franco Giuseppucci viene ucciso il 13 settembre del 1980, fu Marcello Colafigli a guidare i propositi di vendetta e lo scontro con il gruppo dei Proietti, conosciuti anche come i “Pesciaroli” ritenuti i primi responsabili della morte del boss della Magliana. Il 16 marzo del 1981 a Monteverde con Antonio Mancini uccide , ovvero Maurizio Proietti, ma nello scontro a fuoco che ne segue viene arrestato. Lui e Mancini provano a scappare dalle forze dell’ordine, ma alla fine sono costretti ad arrendersi. Colafigli fu uno tra i primi ad appellarsi all’infermità mentale per attutire la portata delle conseguenze giudiziarie. In questi anni, lentamente, la banda inizia a perdere colpi con Renatino De Pedis, conosciuto come Er Dandi in “Romanzo Criminale”, pronto a comandare. Questo non piace a Marcellone e a un altro elemento della Banda, Edoardo Toscano molto legato a Colafigli. In particolare De Pedis viene accusato di non sostenere più i membri del gruppo detenuti ma pensare solo ai suoi interessi.

Marcello Colafigli e la scena dell’omicidio De Pedis, nel 1990 a Roma

Toscano, che è latitante, si prende l’incarico di uccidere De Pedis che però gioca di anticipo facendola a sua volta assassinare. Nonostante tutto Colafigli non desiste dai suoi propositi e, anticipando di un permesso, nell’estate del 1989 evade dal manicomio. Si rende irreperibile, va all’estero. prende nuovi contatti con i membri della Banda che facevano capo al gruppo della Magliana. il 2 febbraio del 1990 Renato De Pedis viene infine assassinato in via del Pellegrino da due killer assoldati per il compito.

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