ROMA – Dopo infinite polemiche e tensioni tuto ritorna al punto di partenza della questione “scudo penale” all’ex-ILVA di Taranto. Il Governo Conte bis (cioè quello rossogiallo) di fatto smentisce l’operato dell’ex-ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio, che dopo aver revocato l’immunità penale sullo stabilimento siderurgico di Taranto, aveva cercato di trovare un compromesso per “stoppare” la minacciata restituzione dello stabilimento da parte di Arcelor Mittal Italia ed una pressochè conseguente causa multimiliardaria in ambito europeo.
Il “compromesso” messo in piedi dall’inaffidabile staff dell’ex ministro del Mise, Luigi Di Maio, inserito successivamente nel “decreto imprese” è venuto meno, pertanto allo stato attuale il management di Arcelor Mittal Italia ed i commissari straordinari (nominati da Di Maio) non potranno avvalersi di alcuna esimente penale, neanche per gli interventi in attuazione del piano di risanamento ambientale.
Incredibilmente ad annullare il provvedimento del Mise, voluto da Di Maio, è stato proprio un gruppo di 17 senatori del M5S che si sono messi di traverso, arrivando a minacciare di far cadere il governo, se non fosse stata cancellata la norma che ripristinava una parziale immunità penale venisse cancellata. E ieri sera in commissione il voto è stato molto chiaro. Nel testo che arriverà in aula a Palazzo Madama al Senato e sul quale è quasi certo che il Governo porrà il voto di fiducia, dati i tempi ormai strettissimi (deve ancora passare al voto della Camera e scade il 3 novembre) per la conversione in legge, la norma sullo scudo penale è stata stralciata.
Mentre i soliti grillini esaltati esultano, il Pd cerca di smorzare gli entusiasmi. “È cambiato il governo, è cambiata la maggioranza che lo appoggia, è cambiato il vertice di ArcelorMittal che gestisce l’ex Ilva. Ci può stare un pit stop” dichiara il pugliese Dario Stefàno, vicecapogruppo dei senatori dem. Nel frattempo il Pd, Italia Viva ed Autonomie hanno comunque ottenuto l’ok ad un ordine del giorno che impegna il governo “a garantire, in tempi rapidi e mediante ogni azione opportuna, la permanenza dell’attività produttiva del complesso siderurgico dell’ex Ilva di Taranto, garantendo altresì la salvaguardia dei livelli occupazionali diretti e di quelli legati all’indotto”. Ma nessuno dice come realizzare tutto ciò.
Dall’ordine del giorno arriva però anche una proposta che strizza l’occhio alle richieste dei comitati cittadini chiedendo “l’adozione di modalità produttive orientate ad una progressiva decarbonizzazione dell’impianto“. Una proposta che potrebbe però essere interpretato dal nuovo vertice di ArcelorMittal Italia come una nuova dichiarazione di guerra. I Cinquestelle tarantini, che nelle ultime elezioni hanno visto diminuire nel giro di un solo anno (dalle Politiche alle Europee) del 20% i propri voti a Taranto, insistono sulla chiusura dell’area a caldo.
Così come non aiutano le parole del ministro grillino dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti (quello delle tasse sulle bibite e sulle merendine, per intenderci….) che ha dichiarato “Resto contrario a qualunque tipo di immunità e mi auguro che venga rimossa il prima possibile. Il percorso parlamentare è già cominciato e quindi c’è da sperare che si possa fare in tempi rapidi” aggiungendo “Non è un mistero che io sia stato sempre contrario all’immunità penale ai gestori del Siderurgico. Io ritengo addirittura il modello siderurgico rappresentato da Ilva insostenibile anche dal punto di vista finanziario” manifestando una palese ignoranza sul tessuto economico e produttivo della provincia jonica che è di fatto “exIlva-dipendente“.
ArcelorMittal Italia continua a tacere mentre proprio oggi a Taranto, davanti alla stampa inaugurerà il centro ricerca e sviluppo, che costituiva uno dei punti contenuti nel contratto stipulato con il Governo. I soliti “spacciatori” di fake news avevano fatto circolare la notizia di un presunto incontro intercorso in mattinata tra il ministro Stefano Patuanelli e Lucia Morselli (nella foto a lato) il nuovo presidente ed amministratore delegato di Arcelor Mittal. Ma il Mise ha smentito la “fake news”. Tutto ciò chiaramente non esclude che ci siano stati contatti e colloqui telefonici. Oggi il ministro Patuanelli riferirà in Aula e probabilmente illustrerà quale potrebbe essere una via d’uscita.
La circostanza paradossale è che i “tecnici” del Mise chiamati a cercare una via d’uscita, sono gli stessi “tecnici” che hanno consentito a Di Maio di revocare in prima battuta lo scudo penale, e di attuare una nuova norma per limitarlo. Ecco cosa succede quando a guidare il Governo sono dei dilettanti allo sbaraglio che giocano a fare i “politici” sulla pelle dei lavoratori ed imprenditori di Taranto che rischiamo di veder andare via Arcelor Mittal da Taranto, con la conseguente chiusura dello stabilimento che mantiene circa ventimila famiglie, come ricordava ieri sera il leader della CGIL Maurizio Landini intervenendo nel programma televisivo “Quarta Repubblica” condotto da Nicola Porro. Ed anche Landini che è stato a capo per molti anni della Fiom il sindacato metalmeccanico della CGIL, ha spiegato le valide logiche ragioni perchè lo scudo penale ha senso di rimanere. Ed incredibilmente il sindacato è sulla stessa posizione dell’ industria contro le follie propagandistiche della compagine M5S al governo.