di Marco Ginanneschi
Questa mattina Martino Scialpi si è presentato per l’ennesima volta dinnanzi al Tribunale di Roma nella speranza di vedere fatta giustizia fine ad una vicenda vergognosa che vede coinvolto il Coni. Lo Scialpi il 1 novembre del 1981 giocando una schedina al Totocalcio, con due semplici colonne costate 500 lire vinse, circa un miliardo delle nostre amate vecchie lire . In teoria sarebbe diventato ricco, mentre in realtà è da questa vicenda che è iniziata la sua rovina, in quanto dopo ben 34 anni di attesa non ha ancora ricevuto un centesimo. Della vicenda si è occupato anche il programma televisivo “Le Iene“ che chiese chiarimenti inutili allo sfuggente presidente Giovanni Malagò, e anche la stampa nazionale fra cui il Corriere della Sera.
Martino Scialpi si è dovuto persino difendere dall’accusa di frode ricevuta dal Coni, da cui nel 1987è stato assolto. Dopo un vero e proprio calvario legale che è passata dai tribunali di Lecce, Salerno, Bari, Roma e Taranto, e nonostante nel 2012 la sentenza di un giudice abbia stabilito definitivamente, che Scialpi ha diritto di ricevere dal Coni la somma di 2.604.823,59 euro, l’ente sportivo fa orecchie da mercante e continua a rifiutarsi di pagare. La somma che dovrebbe essere riconosciuta e pagata allo Scialpi oltre ad interessi e spese per un totale di 3.907,236,39 di euro è stata pignorata presso una filiale di Roma della Bnl-Paribas (banca-tesoreria del Coni) ed a disposizione del Tribunale competente in attesa che il giudice delegato decida sull’ennesimo ricorso presentato dal Coni. L’ultima udienza che avrebbe dovuto tenersi lo scorso 3 dicembre è stata rinviata al 6 maggio 2015.
Scialpi vorrebbe incassare i suoi soldi e rifarsi una vita : «Il Coni è inadempiente da 33 anni – ha dichiarato al telefono al Corriere della Sera – hanno persino presentato carte false per non pagarmi. È una cosa inaudita». Questa mattina, dinnanzi al tribunale civile di Roma, i legali dell’ente sportivo presieduto da Giovanni Malagò, dovrà provare quello che sostiene da 33 anni e cioè l’incredibile circostanza secondo la quale che la matrice vincente: 625SA77494 della schedina giocata da Scialpi non sarebbe mai arrivata a Bari. «Perché si sono sempre rifiutati di farci vedere mostrare i verbali di controllo dei bollini utilizzati per le matrici del 1 novembre 1981, il verbale dello spoglio del giorno dopo, e l’armadio che conservava le matrici? Siamo dovuti arrivare a chiederne il sequestro. Voglio proprio vedere cosa succederà oggi» il tenace Scialpi aggiunge che, nonostante siano passati 34 anni, non ha assolutamente voglia di subire la perdita della sua vincita. Anche perchè la schedina originale esiste, ed è reale !
Il Fatto
Un martedì mattina del novembre del 1981 Martino Scialpi, consapevole di aver fatto 13 al Totocalcio e diventato miliardario con le vecchie lire, si recò presso la sede regionale del Coni a Bari, con la schedina vincente, ma si sentì rispondere che la ricevuta di quella schedina giocata non era mai arrivata, e quindi secondo loro non vi è stata alcuna vincita. Ben consigliato da un avvocato, l’uomo corse alla ricevitoria dove aveva giocato la schedina, per ricevere spiegazioni dalla signora Annamaria Taiana, che all’epoca dei fatti era la titolare della tabaccheria dove era stata giocata quella schedina vincente. E contestualmente presentò un esposto alla Procura di Taranto.
L’ assurdo fu che invece di ricevere dei chiarimenti, attivare delle indagini venne convocato dai Carabinieri che lo informarono che la titolare della tabaccheria lo aveva denunciato per minacce. Poco tempo dopo Scialpi scoprì anche che avrebbe dovuto rispondere alle accuse di truffa del Coni e della Guardia di Finanza: secondo questi avrebbe falsificato la schedina e non solo ! Lo accusarono di furto, truffa aggravata, falsità materiale e violenza privata. Cioè di aver rubato con la forza il bollino che allora si incollava sulla schedina per dimostrare la giocata alla ricevitoria.
Partirono quindi le battaglie legali ed il calvario giudiziario dello Scialpi che è un venditore ambulante, ha pochi soldi, e si vide pignorare persino la casa, e la moglie avendo difficoltà a mandare avanti la famiglia con i suoi tre figli, lo abbandonò. Oltre 400 mila euro, i risparmi di una vita dello Scialpi, se ne andarono per affrontare e pagare una marea di spese legali . Dai tribunali iniziarono ad arrivare le buone notizie. Scialpi venne assolto dall’ accusa inconsistente di minacce presentata dalla tabaccaia ed una sentenza del 1987 lo assolse pienamente e definitivamente dall’accusa del Coni e della Guardia di Finanza di aver falsificato la schedina. Infatti una perizia del Tribunale ha stabilito che la schedina è assolutamente autentica.
Martino Scialpi sbotta di nuovo: «Ho subito una cosa indegna per un cittadino italiano. Se uno ammazza una persona, si fa trent’anni ma poi è finita. Torna libero. Io invece no, sono e sarò ancora alle prese con questa storia che ora si annuncia a lieto fine. Ma quante amarezze».
La sentenza
Una lunghissima battaglia contro il Coni dentro e fuori dalle aule dei tribunali sembrava essersi conclusa lo scorso 2 marzo 2012 , quando dopo ben 30 anni, il giudice Alfredo Matteo Sacco ha stabilito che l’imbroglio non è stato dello Scialpi ma bensì del Coni e disposto una ingiunzione di pagamento di due milioni e 344mila euro nei confronti dell’ente sportivo, che avrebbe dovuto provvedere immediatamente. Risultato ? Per il Coni si tratta di un “provvedimento provvisorio.In attesa che si tenga, tra pochi giorni, l’udienza di trattazione dell’istanza con cui il Coni ne ha chiesto la revoca”. E non paga. Da circa tre anni !
A seguito della sua assoluzione,la matrice della schedina vincente venne restituita allo Scialpi , ed adesso è conservata nella cassaforte del notaio Ennio Cisternino di Martina Franca (Taranto) . La vicenda giustamente non finì li. Un legale del Coni, l’avvocato Luigi Condemi, l’avvocato Enrico De Francesco di Taranto e Mario Bernacca l’ex responsabile Coni per la Puglia che vennero indagati dalla magistratura per aver prodotto e creato documenti falsi “ad hoc” nel vano tentativo di riuscire a dimostrare nelle sedi giudiziarie che quella schedina non andava pagata. Il pm ha chiesto l’archiviazione dell’indagine ed il 4 novembre 2014 a seguito del ricorso al Gip contro l’archiviazione, si è tenuta udienza dinnanzi al Gip del Tribunale Penale contro i tre indagati per aver creato falsi documenti di fondamentale importanza per la vicenda dello Scialpi ed averli utilizzati nei processi civili.
Infatti Martino Scialpi e il suo avvocato hanno depositato e consegnato ai magistrati una doppia perizia grafologica e merceologica disposta nel 2004 dal gip del tribunale di Bari, con la quale gli esperti (il chimico Roberto Ciarrocca e il grafologo Romeo Di Desiderio) hanno sostenuto che le carte presentate dal Coni sul passaggio di proprietà della ricevitoria sono state «manipolate». Sembra addirittura che il documento datato 5 agosto 1981 sia stato in realtà redatto in un’epoca vicino al 1991. Questi sono gli stessi documenti che danno sostanza alla sentenza della dott.ssa Canonaco, in cui si affermava che la vincita non doveva essere pagata perché nell’archivio corazzato di Bari prima e di Roma poi non sono mai arrivati né la matrice e né lo spoglio della schedina giocata dallo Scialpi. A dimostrazione che per ottenere questa sentenza, erano stati utilizzati dei documenti riconosciuti successivamente falsi dai periti del Tribunale di Bari.
La disoccupazione
Martino Scialpi tiene duro. E’ disoccupato «vivo grazie all’aiuto di alcuni amici» racconta al Corriere della Sera ed ha collezionato ed affrontato 31 processi in 33 anni , «molti più di quelli di Berlusconi» ma chiaramente non ha alcuna intenzione di lasciar perdere. «Certo mi piacerebbe molto poter mettere la parola fine a questa vicenda ma non senza aver ottenuto giustizia». E finora in Tribunale ha sempre vinto lui.