di Stefano Elli *
Lui, il conte Enrico Maria Pasquini, non figura più tra gli azionisti della Ferrotramviaria Spa. Né tra i suoi amministratori. Ma la società privata di trasporto su rotaia pugliese coinvolta nel disastro ferroviario di Corato è un vecchio business di famiglia. La fondò il nonno di Pasquini, Ugo, conte di Costafiorita, nel 1937. E in famiglia è rimasto. Il 61,36% del capitale sociale è infatti interamente nelle mani della famiglia Pasquini. Salvo un 12,70 intestato alla moglie di Pasquini, Clara Nasi (ramo collaterale della famiglia Agnelli). Il 25,94 è proprietà di Daniele e Giacomo Castelnuovo. A guidare la società, ora è la sorella di Pasquini, Gloria Maria.
Non desta meraviglia il fatto che il nobiluomo romano si sia defilato dalla compagine sociale dell’azienda di trasporto ferroviario pugliese. I suoi interessi, infatti, si sono concentrati su un altro tipo di business: la finanza. Ma non la finanza “ordinata”, quella degli investimenti e delle banche. Pasquini a lungo ha operato sulla piazza di Roma attraverso la sua fiduciaria italiana, la Amphora fiduciaria, sede a Roma, in via Winckelmann, stesso indirizzo della Ferrotramviaria Spa. Sulle attività di Amphora ha indagato a lungo la Procura della repubblica di Roma e la pm Perla Lori, oltre al Nucleo speciale di polizia valutaria della Guardia di Finanza al comando del generale Giuseppe Bottillo.
Gli investigatori nel corso della lunga inchiesta hanno scoperto un “giro” di trasferimenti di capitali in nero tra l’Italia e vari paradisi fiscali e penali. A cominciare dalla Serenissima Repubblica di San Marino, laddove il conte ha sempre mantenuto solide radici ed entrature. La prima fiduciaria aperta sul Titano, la Smi, è una sua creatura. E proprio attraverso la Smi, ha assunto il controllo (per tre euro e per conto terzi) di una dissestata banca sammarinese, la Banca del Titano. Poi trasformatasi in SmiB.
L’attuale presidente della Ferrotramviaria Spa Gloria Maria, ha sposato il nobile napoletano Andrea Pavoncelli. Ed è proprio al cognato del conte che sono state affidate le redini di un’altra creatura del fiduciario romano: la United investment bank. Sede lontana, nel Pacifico meridionale, alle isole Vanuatu, diritto britannico ed estrema libertà di movimento per i capitali.