di Paolo Campanelli
Negli ultimi anni, complice l’alto tasso di emigrazione di giovani e un po’ meno giovani e la sempre più insicura prospettiva lavoro-abitativa, l’indice di natalità italiano è stato particolarmente basso. Per risolvere questo possibile problema, il Ministero della Salute ha lanciato tramite i social network una campagna di sensibilizzazione il cui concetto di base che se ne ricava è un semplice “dovete fare più figli”, il cui culmine era previsto per il 22 settembre con manifestazioni pubbliche.
Purtroppo, come sempre accade a fare le cose distrattamente, il contenuto di tale campagna è stato tutt’altro che semplice, chiaro ed efficacie. Una serie d’immagini che affermano che “la bellezza non ha età, la fertilità si”, “la fertilità è un bene comune”, ”il rinvio alla maternità porta al figlio unico. Se arriva” non sono infatti propriamente corrette nei riguardi di donne e figli unici, oltre che al concetto di persona in se. E questo senza tenere in conto fattori esterni, come la presenza di posti di lavoro, abitazione, maturità effettiva dei genitori… l’importanza di avere figli viene ridotta ad un rievocativo “mettete al mondo più figli, che la patria ne ha bisogno”.
La rete ha reagito tanto velocemente quanto in maniera brutale: gente arrabbiata con la ministra Lorenzin e i suoi collaboratori, che avrebbero dovuto riconoscere come tali messaggi erano scritti in modo retrogrado persino per gli anni ’50; chi vede questa prima fase della campagna come un tentativo di intromettersi nella vita privata del singolo cittadino, chi come una de-personalizzazione della donna, definendola un bene “di tutti” (frase che da sola sarebbe più che sufficiente ad aprire un vaso di pandora con cui nessuno vuole avere a che fare), chi ha frainteso e lo vede come l’ennesimo tentativo di forzare “il Gender!” nelle nostre menti, e chi ne fa il verso, fra cui alcune pubblicità grazie all’enorme potere satirico che gli è concesso nel presente. In meno di 24 ore, il sito ufficiale è stato abbattuto dalla negatività al punto da farlo chiudere dallo stesso Ministero.
Il piano originale e forse persino nobile, era quello di diffondere informazioni su concetto fisiologico di fertilità, di come esso “funzioni” e su come le nostre vite moderne e ad alto stress ne influiscano, come contrastare il rischio di denatalità (il tasso di nascite annuali inferiore a quello di morti) e di informare il pubblico che le motivazioni per l’infertilità sono molte e varie, organizzando incontri nelle piazze delle grandi città il 22 settembre, e organizzare alcuni corsi nelle scuole, da affiancare a quelli contro le malattie come l’AIDS e HIV.
Ma l’esecuzione, almeno in questa prima fase, potrebbe aver fatto fallire l’intera operazione, come fin troppo spesso succede in Italia, con un generale appello alla popolazione, ma nessuno in direzioni più specifiche, per esempio per quelle coppie che vorrebbero avere dei figli ma non ne sono fisicamente in grado, o non possono permettersene economicamente. Ed è la mancanza di questo, che ha reso innegabilmente e irrimediabilmente offensiva l’intera campagna soprattutto per le giovani coppie.