di Valentina Taranto
E’ stato girato negli ambulatori dell’INMP Istituto Nazionale Salute Migrazioni e Povertà, l’ ente pubblico del Servizio sanitario nazionale per vocazione istituzionale impegnato nell’accoglienza e assistenza sanitaria alle popolazioni migranti, il cortometraggio sull’immigrazione “Posso entrare?”, ospite della 73a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, tra i vincitori del “progetto MIGRARTI” del Ministero dei Beni e Attività Culturali,
Il film, scritto e diretto dal regista curdo Fariborz Kamkari è stato prodotto dalla Far Out Films, affronta la complessità dei fenomeni migratori aprendo finestre sull’incontro-scontro tra culture di origine e di destinazione.
“Posso entrare?” racconta una giornata in un Centro di Protezione dei diritti delle donne e il dramma che lacera una famiglia immigrata dall’Africa in Italia a causa dell’infibulazione, pratica considerata reato in Italia dal 2006, ma che rappresenta una tradizione ancora profondamente radicata in molte società del continente africano. Il finale aperto sulle sfide poste dalla contemporaneità, pone interrogativi alla coscienza individuale e collettiva su conoscenza dell’Altro, identità, mixitè e integrazione. “E’ il racconto dei malintesi e dei fraintendimenti, delle mezze verità, e dell’impossibilità di un giudizio definitivo – afferma il regista – in cui ho voluto mettere a fuoco la complessità dei fenomeni migratori e le difficoltà sia per chi arriva da un’altra cultura, sia per chi accoglie, o rifiuta, le persone migranti. ‘Noi’ e ‘loro’ sono due categorie astratte e sempre insufficienti a comprendere. Nella realtà siamo tanti individui diversi: aperti, spaventati, generosi, diffidenti. Tra i migranti c’è chi fugge dalla propria cultura d’origine perché gli fa orrore, e chi invece sente il bisogno di ancorarsi alle tradizioni in un mondo dove altrimenti si sente spaesato. Questa relazione di incontro/scontro è difficile, e chi semplifica e generalizza, da tutte e due le parti, è tagliato fuori da ogni possibilità di conoscenza e quindi dalla vera possibilità di relazione e integrazione”.
“Quando la produttrice Fabrizia Falzetti, ci ha parlato dell’argomento trattato nel suo film proponendo di ambientare alcune scene nel nostro Istituto – racconta Concetta Mirisola, Direttore Generale INMP – abbiamo accettato di collaborare perché riteniamo importante che anche il linguaggio cinematografico sia testimone e voce di una piaga sociale tragica quale è quella delle mutilazioni genitali femminili, di cui sono vittime tante donne e bambine, di cui molte sono assistite dai nostri medici e psicologi. Questa pratica rientra nell’ambito delle violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine, ed è un fenomeno che va contrastato attraverso prevenzione, formazione e campagne di informazione agli immigrati provenienti dai Paesi in cui viene eseguita e che arrivano in Italia”
“Come Istituto – continua il Direttore Generale dell’ INMP – siamo sempre concretamente in prima linea su queste problematiche, con una particolare attenzione alle donne che si rivolgono alla nostra struttura sanitaria, spesso immigrate vittime di violenza e della tratta nei Paesi di origine, e all’interno dell’ambulatorio dell’INMP, dal 2011 è nato il Servizio di Salute e Tutela della Donna. In questo cammino verso un futuro nel quale il rispetto e la dignità delle persone possano essere riconosciuti e difesi, l’INMP, sempre accanto a chi soffre, abbraccia come un dovere etico il continuare a sensibilizzare e non abbassare mai il livello di attenzione su questi temi, tra cui la violenza di genere. Non è semplice, ma nel farlo tutti insieme, come impegno di un intero Istituto e di ogni persona che vi lavora, traiamo forza, motivazione e il senso di costruire un lavoro in cui ogni donna acquisti consapevolezza del suo corpo, della sua volontà, delle sue potenzialità, dei suoi diritti, in primis il diritto alla salute. La violenza contro le donne – conclude Concetta Mirisola – quindi anche il dramma delle mutilazioni genitali femminili, rappresentano una grave violazione dei diritti umani e il senso della nostra collaborazione a questo cortometraggio è portare avanti una battaglia di civiltà da cui nessuno può sentirsi escluso”.