di REDAZIONE POLITICA
“La Corte di Appello Civile di Bari, chiamata a pronunziarsi dalla Cassazione Penale, a seguito dell’accoglimento di un mio ricorso, ha reso nei miei confronti una sentenza incredibilmente contraddittoria, che mi lascia basito e che mi accingo chiaramente ad impugnare in Cassazione. Contraddittoria perché chiarisce in modo indiscutibile che non esiste alcun danno patrimoniale, e che la Regione Puglia – costituitasi parte civile – aveva quantificato e richiesto in oltre 25 milioni di euro, ma, di contro mi condanna a pagare per un ‘presunto danno d’immagine’, quantificato ‘equitativamente’ in 350mila euro oltre rivalutazione ed interessi” commenta l’eurodeputato Raffaele Fitto.
La sentenza emessa dalla terza sezione civile della Corte d’Appello di Bari, ha origine da una delibera del 2004, anno in cui l’europarlamentare pugliese, attuale co-presidente del Gruppo dei Conservatori e dei Riformisti Europei era ancora presidente della Regione Puglia. A seguito di quella delibera, venne indagato per falso ideologico, in quanto secondo i giudici d’Appello, Fitto voleva consentire “l’apertura generalizzata al privato nelle Residenze sanitarie assistite”. In sede penale il processo si è prescritto nel 2013, e soltanto oggi a distanza di 17 anni dai fatti si è definito il procedimento in sede civile.
La vicenda giudiziaria ha origine da uno stralcio del processo «Fiorita» sulla presunta tangente da 500 mila euro che l’imprenditore romano Giampaolo Angelucci avrebbe versato per aggiudicarsi quella gara. Accuse, queste ultime, dalle quali Fitto è stato assolto in sede penale in via definitiva. Nel procedimento la Regione è stata rappresentata dagli avvocati Giuseppe Spagnolo e Massimo Leccese. Secondo i giudici dell’appello civile di Bari, “Il suo organo di vertice più importante, un presidente scelto dagli elettori, prese una decisione essenziale in materia di sanità, la più importante sul piano socio-economico tra quelle attribuite all’ente, creando sulla base di falsi presupposti il ‘pontè necessario per un successivo processo di privatizzazione delle Rsa sganciato da ogni discussione democratica e collaborazione amministrativa non solo con gli elettori e i loro rappresentanti in Consiglio regionale, ma di volta in volta pressando e pretermettendo uffici amministrativi e qualificati dirigenti di Asl e Ares, fino a prevaricare e travolgere persino gli assessori da lui scelti in virtù di un vincolo di fiducia politica e personale, in primis quello alla sanità“.
Nella sentenza si legge ancora: “Un atteggiamento autocratico proprio di chi evidentemente considerava soltanto il risultato da perseguire, al di là di procedure, rispetto di regole legali e amministrative, e persino il rispetto personale e politico verso i suoi assessori“. I giudici così concludono: “L’essere stata la Regione rappresentata da un presidente così radicalmente avulso dalla democrazia e dalla legalità , nonché dal rispetto per le articolazioni locali titolari di proposta, le Asl, ha prodotto un danno che può essere quantificato, secondo equità, nella misura di 350.000 euro, rivalutati a 434.500 dal fatto al momento attuale“, oltre interessi legali dall’aprile 2004 ad oggi (che ammontano a circa 90 mila euro).
Ma Fitto replica: “Per essere più chiari: secondo la Corte, in qualità di presidente della Regione, avrei commesso un falso affermando che alcune RSA erano incomplete e non funzionanti, quando questa considerazione (valutativa) è contenuta non in una decisione personale ma in una delibera della Giunta regionale, condivisa e votata da tutti gli assessori ed istruita e firmata, prima della sua approvazione, da quattro funzionari dell’Assessorato e dall’assessore al ramo. Apprendo quindi che una sola persona, il Presidente, può costringere quindici persone, per ‘compiacenza’, a firmare e votare una delibera. Ma poi, paradossalmente mi ritiene estraneo al danno patrimoniale (i 25 milioni richiesti), perché chi mi è succeduto avrebbe potuto in autotutela annullare i contratti con il privato e invece non solo non lo ha fatto, ma li ha addirittura prorogati. Del resto, ancora oggi la gestione delle RSA in Puglia non è pubblica“
Ed aggiunge : “Vengo, però, condannato a risarcire la Regione, già costituita parte civile, per danno d’immagine quantificato in via equitativa e con valutazioni sulla mia persona inopportune ed offensive del tutto estranee a logiche giuridiche, che meriterebbero sicuramente altro tipo di valutazioni e che costituiscono un precedente isolato e pericolosissimo, reso al di fuori di ogni canone di ragionevolezza, atteso che la stessa Corte non ha potuto individuare, nella mia condotta (che pure ribadisco essere stata legittima) una idoneità a causare un danno patrimoniale all’Ente“.
Fitto contestando civilmente e legittimamente la sentenza, conclude: “Nonostante tutto sono sereno, ed in questo caso lo sforzo è veramente abnorme. Ribadisco la mia fiducia nella giustizia, come ho sempre fatto in passato atteso che parliamo di un presunto reato di falso per il quale sono stato assolto in primo grado, condannato in appello con dichiarazione di prescrizione, e successivamente rinviato dalla Cassazione in appello (questa volta civile) per una ulteriore valutazione che alla luce di questa sentenza rivivrebbe se pur prescritto. Con i miei avvocati nei prossimi giorni predisporro’ il ricorso in Cassazione per dimostrare innanzitutto, come già avvenuto in passato in tanti altri gradi di giudizio la mia totale correttezza amministrativa, rinviando un mio giudizio politico dettagliato e complessivo su questa storia infinita che mi accompagna oramai da oltre 15 anni quando tutto sarà concluso. Temo, infine, che accadimenti di questo tipo possano spingere molti cittadini a non occuparsi in alcun modo del governo della cosa pubblica, se questi sono i rischi che, per delibere addirittura collegiali, si possono correre.”