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23 Novembre 2024 09:01

“Fuga Arcelor Mittal”. Indotto di Taranto in ginocchio: seimila posti di lavoro a rischio occupazione

Sono 150 le imprese fornitrici messe in ginocchio dalla crisi. Avviate le prime procedure per la cassa integrazione a 300 dipendenti delle società dell'indotto-appalto che vantano crediti non pagati per 200 milioni di euro. Le riunioni negli uffici della sede di Confindustria in via Dario Lupo a Taranto, sul problema "crediti da riscuotere",  sono quotidiane e spesso ininterrotte. La protesta di giorno in giorno potrebbe assumere anche risvolti problematici per la sicurezza e l'ordine pubblico

ROMA – Il centinaio di imprenditori dell’indotto-appalto siderurgico ArcelorMittal  partiti con due pullman da Taranto  per incontrare giovedì pomeriggio il ministro Stefano Patuanelli, esponendo i loro cartelli di protesta davanti al Mise, hanno voluto evidenziare con i numeri il dramma che stanno vivendo 6.000 dipendenti, 150 imprese del territorio che tra fornitori e subfornitori,  i quali vantano  crediti per 200 milioni di euro.  Crediti che però vanno differenziati fra l’ ILVA (dalla gestione commissariale all’amministrazione straordinaria ), equivalenti  a 150 milioni di euro ed i 50 milioni di competenza alla gestione ArcelorMittal a cui sono stati fatturate prestazioni, forniture e servizi.

 

Una protesta che ha visto la presenza di numerosi sindaci dei comuni interessati della provincia di Taranto, fra i quali spiccavano le imbarazzanti assenza al tavolo ministeriale del Sindaco di Taranto Rinaldo Melucci e del presidente della Provincia, Giovanni Gugliotti. Cosa avranno avuto di più importante da fare, di non occuparsi della questione ILVA ?

Confindustria Taranto analizzando i crediti vantati per 50 milioni,  dalle imprese associate con i settori edilizia, metalmeccanica e servizi  maggiormente colpiti. rende noto che il credito maggiore è di un’azienda per 6 milioni, seguono due imprese che avanzano, rispettivamente, 4,5 e 4,3 milioni di euro, mentre un terzo delle imprese è nella fascia di crediti vantati tra gli 800mila euro ed i 2 milioni di euro.  Conseguenza di questa situazione le richiesta di avviamento delle procedura della cassa integrazione avanzate già da  5 aziende per un totale di quasi 300 dipendenti, e nella sospensione o ritardo degli stipendi di ottobre !

 

Confindustria Taranto raccogliendo le segnalazioni degli associati, ha scritto ai sindacati informandoli che esiste “il rischio che la crisi di liquidità conseguente ai mancati pagamenti di ArcelorMittal possa determinare l’impossibilità e/o il ritardo nel pagamento delle retribuzioni già a decorrere da novembre“. Al momento tra cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, risultano attuale allo stato le richieste della società Enetec ( Giove) per 50 dipendenti , che è stata la prima società a presentarla, la FC per una trentina di dipendenti, la Iris (Franzoso) di Torricella per 150 dipendenti , la Somin per 25,  Allestimenti elettrici Martucci per 38. Un elenco di società in crisi di liquidità che  potrebbe anche crescere. E pensare che appena due mesi fa ArcelorMittal aveva reso noto di aver rinnovato contratti per 200 milioni verso società fornitrici dell’ indotto-appalto . La assoluta necessità  delle imprese questo momento è però quella di incassare i crediti maturati per non affondare ed essere costretti a portare i libri sociali in Tribunale e chiudere.

Il ministro Patuanelli, l’ AD ArcelorMittal Morselli ed il premier Conte: controparti o alleati ?

Insieme alle aziende che lavorano nell’ex Ilva, vi sono anche i subfornitori primari. Società che forniscono ad Arcelor Mittal tutto quanto serve per l’attività industriale nello stabilimento. Il quadro è desolante se non preoccupante: “L’amministratore delegato di ArcelorMittal, Lucia Morselli, ha detto mercoledì al presidente Emiliano e giovedì ai sindacati che le fatture sarebbero state pagate. A oggi, non abbiamo visto nulla, nemmeno un cenno, una comunicazione, a parte il fatto che Morselli ha dato quest’annuncio alla Regione Puglia e alle sigle metalmeccaniche ma non a noi, direttamente interessati. Abbiamo mandato una seconda richiesta di incontro all’ad Morselli ed aspettiamo che ci risponda“.

 

 

Le riunioni negli uffici della sede di Confindustria in via Dario Lupo a Taranto, sul problema “crediti da riscuotere”,  sono quotidiane e spesso ininterrotte. La protesta di giorno in giorno potrebbe assumere anche risvolti problematici per la sicurezza e l’ordine pubblico. Ieri si svolta una riunione tra le imprese e gli autotrasportatori che oggi si riuniranno. Allo studio  la decisione di rifare un blocco con i Tir ed i mezzi pesanti davanti alle portinerie del siderurgico come avvenne nel 2015.

Vladimiro Pulpo, a capo degli autotrasportatori racconta: “Lo ricordo ancora, durò 42 giorni , e parla uno che di blocchi all’Ilva ne ha fatti sinora 8” . Gli automezzi mezzi nel 2015 bloccarono di fatto  l’accesso alla portineria C dello stabilimento di Taranto. “In  fabbrica  ci sono anche altri due varchi per il transito dei mezzi – continua Pulpoed all’occorrenza altre portinerie possono essere usate smontando i guardrail. Nel 2015 organizzammo i presidi h24 perché non puoi lasciare solo i camion e andartene. Non facemmo entrare ed uscire nulla“. E tutto ciò potrebbe avvenire nuovamente nei prossimi giorni .

Sullo stabilimento siderurgico di Taranto è intervenuto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia che ha rivolto un appello al Governo .”Bisogna rimettere immediatamente lo scudo penale, perché senza quello non c’è commissario né privato che venga a firmare alcunché“.  Secondo Boccia, senza scudo nessuno investirebbe nel Paese con il rischio “di essere arrestato“. “Il governo rimetta lo scudo, convochi l’azienda e apra un confronto serrato a tutto campo nella salvaguardia dell’azienda e dell’occupazione”, dice il presidente della Confederazione generale dell’industria italiana. E mette in guardia: “Sull’Ilva occorre una grande operazione di realismo e di buonsenso. I tempi sono stretti”.

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