di REDAZIONE CRONACHE
I fatti risalgono alla notte tra il 21 e il 22 dicembre 2019: le due 16enni, Gaia Von Freymann e Camilla Romagnoli, avevano trascorso una serata con gli amici, alla pista di pattinaggio del vicino Auditorium della Musica, festeggiando insieme l’inizio delle vacanze natalizie, vennero travolte sulle strisce pedonali di corso Francia da Pietro Genovese, il giovane romano 20nne figlio del regista Paolo Genovese, che in primo grado con il rito abbreviato (che riduce di 1/3 la pena prevista dal Codice)era stato condannato per omicidio stradale plurimo a 8 anni.
Subito dopo l’impatto Genovese provò a soccorrere le giovani, ma per loro non ci fu nulla da fare, mentre il ragazzo, sotto shock, fu portato in ospedale per accertamenti e analisi risultando positivo ai test alcolemico tossicologici con un tasso di alcol dell’1,4, tre volte superiore a quello consentito per guidare. A seguito degli accertamenti, l’investitore, assistito dagli avvocati Franco Coppi e Gianluca Tognozzi, finì ai domiciliari
Secondo il Gup che aveva condannato in primo grado il ragazzo, l’incidente è stato causato anche da “una negligente scelta dell’imputato di mettersi alla guida dopo aver fatto uso di alcol, pur sapendo che era obbligato a non bere qualora avesse voluto condurre un’auto, secondo la sua età e per il tempo in cui aveva preso la patente“. Secondo il giudice, inoltre, Gaia e Camilla “erano sulle strisce pedonali” quando hanno provato ad attraversare Corso Francia e quando sono state prese in pieno dal Suv condotto in stato di ebrezza da Genovese.
Nel procedimento contro Pietro Genovese non comparivano più come parti civili le famiglie delle due ragazze, in quanto hanno ottenuto entrambe un risarcimento dall’imputato attraverso l’assicurazione. “Abbiamo sempre voluto la verità e quella è rimasta. La colpa è solo del ragazzo, l’entità della pena non ci interessa, riguarda la coscienza dei giudici”, ha commentato Cristina la madre di Camilla Romagnoli. “E’ stata confermata la completa innocenza delle nostre due ragazze che hanno attraversato sulle strisce pedonali, con il verde acceso per i pedoni” .
I giudici hanno ratificato ieri in Appello l’accordo concordato tra la difesa di Genovese e la procura generale, una condanna a cinque anni e quattro mesi che chiude così la vicenda giudiziaria, rendendo definitiva la pena inflitta. Pietro Genovese non ha partecipato all’udienza. Le famiglie delle due ragazze non si sono costituite parti civili in appello, in quanto i quattro genitori hanno ricevuto un risarcimento di 180mila euro a testa dalla compagnia assicuratrice, uscendo così di fatto dal processo in appello.
I giudici della corte d’Assise di appello di Roma hanno stabilito l’obbligo di dimora e la permanenza domiciliare dalle 22 alle 7 per Genovese, che si trovava agli arresti domiciliari da 1 anno e 7 mesi. Per i giudici la misura disposta è adeguata “all’esigenza cautelare sociale” alla luce della dell’incensuratezza e del corretto comportamento processuale dell’imputato e del fatto che la patente di guida gli sia stata revocata. Genovese quindi non andrà in carcere: con la sentenza di oggi lascia gli arresti domiciliari, anche se dovrà scontare la pena in affidamento ai servizi sociali. Le motivazioni della sentenza saranno rese note entro 90 giorni.
Genovese è stato infine condannato a pagare le spese legali sostenute dall’associazione ‘Vittime della strada onlus‘ e dall’associazione ‘Basta sangue sulle strade onlus’. I danni e le spese per le famiglie delle due vittime sono state risarcite dall’assicurazione.