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3 Luglio 2024 03:21
3 Luglio 2024 03:21

Giovanni Allevi fa commuovere tutti al Festival di Sanremo 2024: “Non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con la mia anima” 

Un caldo prolungato applauso ha accolto il musicista all’Ariston dopo due anni di assenza e di battaglia contro la malattia, seguito da una lunga commossa standing ovation e dal boato del pubblico in sala.

“All’improvviso mi è crollato tutto”. Con queste stringate parole è iniziato il monologo di Giovanni Allevi, ritornato sul palco dell’Ariston del Festival di Sanremo dopo quasi due anni lontano dalle scene per via della malattia che lo ha colpito, accolto da un applauso scrosciante, da una lunga standing ovation e dal boato del pubblico: “Nell’ultimo concerto a Vienna il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi: pesantissima. Ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo. Ho perso molto, il mio lavoro, i miei capelli, le mie certezze. Ma non la speranza e la voglia di immaginare“, ha raccontato il musicista visibilmente emozionato.

Con un post su Instagram, nell’estate del 2022 Giovanni Allevi 54 anni, aveva annunciato ai fan di avere un mieloma multiplo, un tumore che colpisce un tipo particolare di cellule del midollo osseo. “Una neoplasia dal suono dolce, ma non per questo meno insidiosa”, che lo ha costretto a rinunciare temporaneamente alla musica. Con aggiornamenti continui sui social, il musicista ha raccontato la sua battaglia contro la malattia, affrontata grazie alla meditazione e alla stessa musica. Musica che adesso Allevi tornerà presto a produrre e suonare dopo la partecipazione come ospite al Festival di Sanremo, il musicista sarà infatti di nuovo sul palco a suonare con la sua dolcezza e delicatezza con un nuovo tour in tutta Italia.

“Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni. Quali? Vi faccio un esempio – ha continuato Giovanni Allevi,-. Non molto tempo fa durante un concerto in un teatro pieno ho notato una poltrona vuota. Mi sono sentito mancare. Eppure quando ero agli inizi ho fatto concerti davanti a 20 o 30 persone ed ero felicissimo. Oggi dopo la malattia non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone“, ha sottolinea Allevi, confidando inoltre nel suo lungo intervento sul palco prima di tornare finalmente a suonare questa volta davanti a tutta l’ Italia che “I numeri non contano. Sembra paradossale detto da qui, perché ogni individuo è unico, irripetibile, nel suo modo infinito. Un altro dono: la gratitudine nei confronti della bellezza del creato. Non si contano le albe e i tramonti visti da quelle stanze d’ospedale. Il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto e se ci sono le nuvolette intorno è ancora più bello“. 

Poi ancora una altro dono, la gratitudine e la riconoscenza per il lavoro dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlarne. Per il sostegno che ricevo dalla mia famiglia. L’affetto, la forza e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. Un altro dono : quando tutto crolla il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più: io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo” ha detto il delicato pianista e compositore prima di mettersi al pianoforte e suonare per il pubblico in sala e i telespettatori il brano Tomorrow ha sorriso emozionato, prima di dare inizio al suo monologo, ed il volto a più riprese segnato dalla commozione.

Non potendo contare più sul mio corpo, suonerò con la mia anima”, ha concluso Allevi emozionando tutto il pubblico dell’ Ariston e siamo certi anche quello collegato da casa dinnanzi al televisore.

Il testo del monologo di Giovanni Allevi a Sanremo

All’improvviso mi è crollato tutto. Non suono più il pianoforte davanti a un pubblico da quasi 2 anni. nel mio ultimo concerto, a Vienna, il dolore alla schiena era talmente forte che sull’applauso finale non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello e non sapevo ancora di essere malato. Poi è arrivata la diagnosi, pesantissima, ho guardato il soffitto con la sensazione di avere la febbre a 39 per un anno consecutivo. Ho perso molto, il mio lavoro, ho perso i miei capelli, le mie certezze, ma non la speranza e la voglia di immaginare.

Era come se il dolore mi porgesse anche degli inaspettati doni, quali, vi faccio un esempio: non molto tempo fa, prima che accadesse tutto questo, durante un concerto, in un teatro pieno, ho notato una poltrona vuota. Mi sono sentito mancare. Eppure quando ero agli inizi ho fatto concerti davanti a 15-20 persone ed ero felicissimo. Oggi, dopo la malattia, non so cosa darei per suonare davanti a 15 persone. I numeri non contano. Sembra paradossale detto da qui perché ogni individuo è unico, irripetibile e a suo modo infinito.

Un altro dono: la gratitudine nei confronti della bellezza del creato. Non si contano le albe e i tramonti che ho ammirato da quelle stanza di ospedali, il rosso dell’alba è diverso dal rosso del tramonto e con le nuvolette è ancora più bello.

Un altro dono: la gratitudine e la riconoscenza per il talento dei medici, degli infermieri, di tutto il personale ospedaliero. La riconoscenza per la ricerca scientifica, senza la quale non sarei qui a parlare. La riconoscenza per il sostegno della mia famiglia. La riconoscenza per la forza, l’affetto e l’esempio che ricevo dagli altri pazienti. I guerrieri, così li chiamano, magari cerchiamo un altro termine, ma non mi viene in mente niente. Ma lo sono anche gli ausiliari e lo sono anche i genitori – piange -. I genitori dei piccoli guerrieri. Ora, come promesso, vi ho portato tutti qui con me sul palco, anime splendenti, esempio di vita autentica. Prima di andare all’ultimo dono, facciamo loro un applauso.

Ho ancora un dono. Ma quanti sono? Quando tutto crolla e resta in piedi solo l’essenziale, il giudizio che riceviamo dall’esterno non conta più. Io sono quel che sono, noi siamo quel che siamo. Eppure sento che in me c’è qualcosa che permane ed è ragionevole pensare che permarrà in eterno. Io sono quel che sono, voglio andare fino infondo a questo pensiero. Se le cose stanno così, cosa mai sarà il giudizio dell’esterno.

Voglio accettare il nuovo Giovanni. Vado? (Si toglie il berretto) Com’è liberatorio essere se stessi. Per onorare la vostra attenzione, per dare forza e speranza alle tante persone che come me stanno ancora lottando, suonerò di nuovo il pianoforte davanti al pubblico. Attenzione però, ho due vertebre fratturate. E tremore e formicolio alle dita, nome tecnico: neuropatia. Però, però, non potendo più contare sul mio corpo, suonerò con tutta l’anima».

© CDG1947MEDIAGROUP – RIPRODUZIONE RISERVATA |

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