ROMA – “Abbiamo bisogno che voi raccontiate il nostro lavoro. Ma non fate i piacioni, non “innamoratevi” di questo o quel pubblico ministero, perché vedo che spesso operazioni serie vengono più o meno boicottate e altre meno importanti vengono esaltate. I magistrati devono essere giudicati solo sulla base dei risultati che ottengono“. Da un magistrato del valore di Nicola Gratteri simbolo dell’antimafia non ci si poteva sicuramente aspettare un intervento banale né delle “sviolinate” per il giornalismo italiano . Gratteri ha inoltre detto e messo in evidenza che “oggi è più difficile bloccare le notizie, grazie alle testate online, una volta bastava raggiungere due o tre canali informativi per nascondere fatti scomodi per il potere“.
Doveva essere un primo maggio “storico”, quello voluto dalla Fnsi, che ha scelto di organizzare la sua prima Festa del lavoro a Reggio Calabria, che è stata scombussolata da un intervento di dieci minuti, quelli del Procuratore capo della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri nei quali non ci sono stati “sconti” né riguardi particolari per la categoria dei giornalisti né per gli editori. Un Primo Maggio quello organizzato a Reggio Calabria dalla Federazione nazionale della stampa italiana che è andato sicuramente di traverso ai giornalisti presenti . Che i giornalisti debbano fare da “cane da guardia del potere”, di tutti i poteri, inclusa la magistratura, era una “missione” che in questi anni molti giornalisti avevano abbandonato.
Gratteri ha fatto chiaramente capire che il giornalismo che “copia e incolla le ordinanze dei magistrati e cha passa ore nelle di loro sale d’attesa non va bene“.Sul rapporto tra il precariato e la “disponibilità” alla corruttela, però, il magistrato non ha convenuto con le analisi ascoltate sul palco di Reggio Calabria. “Non ci si fa corrompere per fame – ha detto –. Accade perché negli ultimi decenni abbiamo abbassato i nostri standard di morale e di etica. Siamo più corruttibili e permeabili anche perché, pur essendo meno ricchi, non abbiamo rinunciato al tenore di vita che avevamo 15 anni fa e, per mantenerlo, siamo disponibili a prendere mazzette. Non ci si fa corrompere per bisogno ma per ingordigia”.
Il discorso del procuratore di Catanzaro si è allargato alle famiglie: “Siamo stati pessimi genitori; non sappiamo educare i nostri figli perché non gli insegniamo l’etica ma furbizia e scorciatoie. I nostri ragazzi entrano nel mondo del lavoro con la cultura del consumismo, è questo il problema, perché l’onestà e la disonestà non passano dall’avere o non avere soldi“. Gratteri parlando della lotta al precariato, uno dei temi della giornata, non ha risparmiare una stoccata ad alcuni editori: “Spesso è gente ricca che viene intervistata dai media e parla di morale quando sa che nei propri giornali ci sono persone che vengono pagate 10 euro per un articolo. Ma come fanno a passare per educatori ?“. Un appello quello del procuratore Gratteri esteso, anche al sindacato dei giornalisti : “C’è bisogno di qualcuno che esca pubblicamente e ricordi loro queste cose. Cerchiamo di essere tutti più coraggiosi. Altrimenti tutti i “dobbiamo fare” e “dobbiamo protestare” che sentiamo in giornate come questa diventano litanie“.
Il Presidente del Consiglio nazionale dell’ Ordine dei giornalisti Carlo Verna ha esortato a festeggiare il Primo Maggio come lavoratori, altro che “casta” ricordando “la perdita di oltre 3 mila posti di lavoro giornalistico negli ultimi cinque anni in Italia, a fronte di una polverizzazione del numero di testate. E’ importante che questo discorso lo si faccia al Sud, che ha due esigenze in comune con il giornalismo: lo sviluppo e la legalità. Nel mondo del giornalismo c’è tantissima illegalità, e spesso gli editori sono, essi stessi, vittime di un sistema basato sullo sfruttamento del lavoro“.
Il presidente della Casagit, la cassa di assistenza sanitaria dei giornalisti, Daniele Cerrato nel suo intervento ha evidenziato come “tra le tante professioni, quella dei giornalisti sia molto invecchiata e questo perché non ci sono stati nuovi ingressi. Una situazione che è paradossalmente alimentata dalla grande e diffusa aspirazione di molti giovani verso questa professione. Afflusso che alimenta il mercato, ma ci mette in grandissime difficoltà. E noi siamo costretti ad inseguire quel sistema, ancor più gravato dal web che con la polverizzazione delle testate ha ridotto le garanzie dei giornalisti. Serve un cambio radicale della legge sul sistema dell’editoria. Una legge superata dal tempo, che risale al 1963, e che va superata per risolvere i problemi strutturali. Una necessità che chiama in causa tutti gli Enti di categoria“.
Il consigliere nazionale Fnsi con delega alla legalità, Michele Albanese ha parlato nel suo intervento dei tanti ‘paradossi’ della professione . Da anni sotto scorta, per le minacce ricevute dalle cosche della ‘ndrangheta, Albanese ha definito un “paradosso” lo stesso suo mandato deontologico all’interno della Fnsi in un sistema di sfruttamento e di precarietà nel quale lui stesso è ancora costretto a “subire minacce ed angherie per svolgere una professione che è da uomini liberi. Una condizione in cui onore e passione che ci guidano, rischiano di scomparire. E allora c’è la necessità di fare qualcosa. Anche i ritardi sul rinnovo del contratto collettivo di lavoro sono preoccupanti e c’è la necessità del recupero e del ripristino di logiche di responsabilità collettive“.
“Quello del lavoro si badi bene è un diritto, non un un privilegio o un’opportunità concessi su base geografica o per conoscenza“. ha ricordato Carlo Parisi segretario generale aggiunto della Fnsi, , “Quella odierna è un’iniziativa di grande respiro, aperta ai cittadini, alle istituzioni, a tutte le forze politiche e sociali, senza privilegiare alcuna bandiera” ed aggiunto “Perché, se è vero che i giornalisti soffrono a qualunque latitudine, sotto lo scacco delle minacce e dei soprusi a vario titolo, è altrettanto innegabile che è al Sud che la sofferenza si fa più acre. È al Sud che il lavoro richiede, a tutt’oggi, i sacrifici più grandi. Lo dico soprattutto ai giovani, a quelli che guardano ancora con speranza e ammirazione alla professione giornalistica e non solo: abbiate il coraggio di difendere il vostro diritto al lavoro, la vostra dignità, non chinate la testa davanti al prepotente di turno. E, soprattutto, non lasciate le porte socchiuse, che tanto piacciono alla criminalità“.
Il procuratore Gratteri nel concludere il suo intervento ha criticato anche il sistema dello scioglimento dei comuni. “I Comuni – ha detto – vengono sciolti per mafia nel 99% dei casi quando la procura, a conclusione delle indagini, invia gli atti alla prefettura e quindi, dopo l’istruttoria, si procede e viene nominato un ufficiale prefettizio. Il problema, in alcuni casi, è che il commissario si reca in Comune poche volte a settimana. Quindi sostanzialmente l’amministrazione viene congelata per due anni. La popolazione mediamente pensa che era meglio quando c’era il sindaco, che riuscita almeno a dare risposte”. Ed ha concluso : “Occorre modificare la norma, il Commissario prefettizio deve stare al Comune sciolto per mafia sette giorni su sette“.