ROMA – “Il Movimento 5 stelle ha trovato le coperture per il reddito di cittadinanza. Leggi qui!”. Erano decine i post sul blog di Beppe Grillo – quando ancora era l’organo ufficiale del M5s – che rimandano a un articolo di fine aprile 2015 in cui venivano elencate tutte le risorse che sarebbero state dirottate per finanziare la madre di tutte le proposte stellate. Peccato che ora che sono al Governo queste coperture finanziarie che M5s definiva dall’opposizione “certificate una ad una“, al contrario “dei numeri di aria fritta sulla crescita del Pil o della disoccupazione forniti a giorni alterni dal governo” (all’epoca a Palazzo Chigi sedeva Matteo Renzi) non si trovino più. E che quindi gran parte del reddito di cittadinanza dovrà essere finanziato in deficit.
Parole incredibili da leggere oggi. Sia per le accuse che venivano rivolte al Governo in carica allora, sia per il braccio di ferro in essere all’interno dell’attuale Governo sulla necessità di finanziare le spese in deficit, fino a forzare il 2,4% di rapporto deficit/Pil che oggi è stato sostanzialmente bocciato dall’Europa. Quei 17 miliardi indicati nero su bianco quando il Movimento era all’opposizione, adesso che è al governo si sono dissolti come neve sotto il sole.
Questo era il dettaglio delle spese a questo punto soltanto immaginate dal Movimento 5 stelle quando immaginarsi al governo non era altro che un gioco di ruolo. Secondo loro si trovano 5 miliardi di tagli di spese della Pubblica amministrazione, 2,5 miliardi di spese militari, 2,5 miliardi dall’aumento dei canoni per attività di ricerca sugli idrocarburi, 900 milioni dall’aumento di entrate a carico dei bilanci di banche e assicurazioni, 800 milioni dal taglio di auto blu delle aziende ospedaliere, 700 milioni dalle pensioni d’oro, 600 milioni dalla tassazione del gioco d’azzardo, 600 milioni dall’8 per mille dell’Irpef non assegnato, 400 milioni dalla soppressione di enti inutili, 300 milioni dal taglio delle consulenze della Pa, 299 milioni dall’abolizione dei fondi della social card, 140 milioni dall’aumento del canone per i concessionari autostradali, 100 milioni dal taglio delle auto blu, 100 milioni dalla riduzione degli affitti della Pa, 100 milioni dall’Imu alla Chiesa, 62 milioni dai tagli di dotazione degli organi costituzionali, 60 milioni dalla riduzione delle indennità parlamentari, 51 milioni dal taglio dei fondi per l’editoria, 45 milioni dal taglio del finanziamento ai partiti, 40 milioni dal divieto di cumulo delle pensioni, 5 milioni dall’eliminazione del contributo statale per le intercettazioni, 1 miliardo fra tagli delle spese militari, movimenti politici e Banca d’Italia.
Una lista dei buoni propositi andati in fumo, una volta arrivati nella stanza dei bottoni del Governo. Quei soldi, la gran parte di essi almeno, verranno reperiti in deficit. Con rassegnazione da parte dei “certificatori”….. delle coperture.