Nel corso dell’offensiva concentrata in Dobass è venuta fuori la disparità di forza militare tra i due eserciti. I russi seppur lentamente avanzano sospinti dall’artiglieria pesante. La gran parte dei loro bombardamenti arrivano su un ultimo lembo della provincia di Luhansk controllato dagli ucraini: al centro dei combattimenti, le due città gemelle di Lysychansk e Sievierodonetsk. In molti si aspettavano che gli ucraini si ritirassero almeno da Sievierodonetsk, ma invece si sono arroccati in una parte estrema della città, per impantanare le forze russe in scontri ravvicinati, guadagnando tempo fino all’arrivo di altre armi occidentali. È stata questa la richiesta principale di Kiev all’Occidente: più armi per bloccare gli invasori; armi più pesanti e a lunga gittata, come i lanciarazzi americani M142 Himars, la cui disponibilità dovrebbe essere imminente.
Zelensky nei giorni scorsi ha incontrato i leader di Germania, Italia e Francia, arrivati a Kiev per la prima volta dall’inizio della guerra insieme al premier della Romania . L’Europa finora si è mostrata unita nel sostenere la difesa dell’Ucraina, inviando aiuti militari e applicando delle ritorsioni economiche contro la Russia senza precedenti. Ma è altresì vero che ci sia un “blocco” di paesi composto dal Regno Unito, la Polonia e gli stati baltici che vorrebbero vedere attuata una politica più dura contro Mosca. Una differenza che si riflette anche nella quantità di armi spedite alle milizie ucraine sotto attacco. Il think tank tedesco Kiel Institute for the World Economy, tra i più influenti al mondo in politica internazionale, sta analizzando e calcolando proprio questo, ed i suoi risultati sono abbastanza chiari.
Innanzitutto è emersa una differenza non indifferente tra gli aiuti promessi e quanto effettivamente inviato. Secondo dati aggiornati al 7 giugno, gli Stati Uniti dal 24 gennaio hanno stanziato in assistenza militari all’Ucraina un po’ più di 4 miliardi di dollari (a cui si è aggiunto un ulteriore miliardo annunciato ieri). Ma le armi effettivamente consegnate dagli Usa, comprese quelle pesanti, ammontano in tutto a poco meno di due miliardi di dollari. Gli Stati Uniti sono comunque il paese che sta facendo di più.
Basandosi sui calcoli del Kiel Institute, al secondo posto, compare la Polonia, che finora ha inviato puntualmente quanto promesso: oltre un miliardo e mezzo di dollari in armi. Cioè più di quanto inviato fino al 7 giugno, da Francia, Germania ed Italia messe insieme. Il Regno Unito si piazza al terzo posto: armi consegnate per il valore di un miliardo.
La Germania finora aveva promesso circa mezzo miliardo di dollari in armi. Ma sempre stando al Kiel Institute ne ha consegnate molto di meno di quanto inviato dal lontano Canada e della Norvegia, e addirittura di meno dell’Estonia e della Lettonia. “I dati mostrano che la Germania ha fatto annunci ma poche consegne. Non ha ancora inviato armi pesanti e solo un terzo del sostegno militare promesso è giunto in Ucraina. Questo aiuta a spiegare l’urgenza degli appelli di Kiev”, ha dichiarato Christoph Trebesch, capo della ricerca del Kiel Institute e responsabile della squadra che sta tracciando il sostegno finanziario e militare al paese sotto attacco.
La titubanza del cancelliere tedesco Scholz è stata criticata anche da molti suoi compatrioti. Jurgen Hard, portavoce per gli affari esteri dei cristiano democratici, che oggi sono all’opposizione, ha spronato il cancelliere a inviare più armi, “perché a Putin non devono essere offerte soluzione salva-faccia”. Ma l’approccio tedesco, secondo Hard, è stato troppo morbido. In un’intervista al settimanale progressista britannico New Statesman, ha dichiarato che “la politica della Merkel di non armare l’Ucraina è fallita”.
Quanto all’Italia, secondo i dati del Kiel Institute, ha promesso e inviato meno armi della Francia. E la Francia, a sua volta, ha promesso e inviato meno di Estonia e Lettonia.