ROMA – Secondo gli ultimi dati disponibili di Bankitalia risalenti al 2017 la spesa per gestire un conto corrente è salita a 79,4 euro, cioè 2 euro in più rispetto ai costi dell’anno 2016. Anche i costi per la gestione di un conto online è comunque più conveniente in confronto ad un conto “allo sportello” sono saliti, passando da 0,6 a 2,1 euro. Secondo gli analisti di Bankitalia, il motivo di questo rincaro, è da attribuire principalmente ai canoni di base.
Resta da chiedersi come tutto questo sia possibile, quando sono sempre di più le banche che pubblicizzano conti a “zero spese”? Il problema è che non sempre si tratta di offerte illimitate, come spiega in un vademecum l’Unione Nazionale Consumatori , in quanto periodicamente scadono per lasciare il posto ai costi di gestione, che non sempre sono bassi.
Sono proprio i clienti di lunga data quelli che devono stare maggiormente in guardia. il “mercato” dei conti correnti bancari è molto simile a quello delle compagnie telefoniche, infatti, anche le banche propongono spesso offerte molto allettanti per attirare nuovi correntisti, ma non fanno nulla per mantenere quelli già “fidelizzati”, ai quali invece continuano ad applicare delle precedenti condizioni economiche, sicuramente non più competitive.
Un metodo per capire quanto effettivamente ci costa un conto corrente, è quello di controllare l’Isc, cioè l’Indicatore Sintetico di Costo che viene comunicato nell’informativa periodica di fine anno ed “offre una visione complessiva del costo totale di gestione del conto”, comprese le spese e le commissioni annuali per un cliente-tipo, al netto, ovviamente di interessi e commissioni su eventuali scoperti.
Il consiglio più importante è quello di leggere attentamente il contratto con la vostra banca: è lì che sono contenuti fuori i costi reali che la pubblicità ed i vari opuscoli cercano di omettere e spesso nascondere. Chi fa molte operazioni dovrebbe avere sempre l’accortezza di effettuarle online invece che recarsi allo sportello, che ha sempre un costo ben più alto. La maggior parte delle volte gli aumenti riguardano il bancomat, il libretto degli assegni o la carta di credito. Ecco perchè è molto importante controllare periodicamente queste voci di spesa sull’estratto conto.
Una banca può cambiare le condizioni contrattuali e aumentare alcune voci di costo, ma è sempre obbligata ad avvisare i clienti almeno due mesi prima. Se il cliente non è d’accordo con le nuove condizioni può trasferire i propri soldi ad un nuovo istituto di credito e chiudere il precedente conto della banca precedente senza alcun costo. Infatti non tutte le modifiche contrattuali sono legittime, e pertanto devono essere motivate. E negli ultimi anni sono stati diversi gli istituti di credito che hanno applicato addebiti assolutamente ingiustificati ai propri clienti.
Come ricorda l’ associazione di consumatori Altroconsumo è successo con il Banco Popolare e la Deutsche Bank che, nel 2016, hanno usato il fatto di aver partecipato al Fondo nazionale di risoluzione, come giustificazione degli aumenti applicati : il Fondo è una specie di salvadanaio custodito da Banca d’Italia che viene utilizzato per aiutare le banche in difficoltà ed evitare che sia lo Stato a farsene carico.
Nell’agosto del 2017 Intesa Sanpaolo ha applicato un rincaro a circa il 30% dei correntisti (incredibilmente i più “fedeli”) sostenendo che che la misura applicata si era era necessaria per far fronte ai tassi d’interesse di mercato. Tassi negativi, infatti, possono trasformare la liquidità dei clienti in un costo per la banca se questa lascia i depositi nei forzieri della Bce. “Le giacenze sul conto non sono remunerate da Intesa San Paolo e dunque ci sembra difficile poter trovare una qualche correlazione diretta tra costo del conto corrente e riduzione del tasso di riferimento della Banca Centrale Europea” spiegano da Altroconsumo.